Brevissima riflessione sull’essere “fuori strada”, in cui il cinema è un (buon) pretesto
Perché “Tir”, di Alberto Fasulo (il finto documentario su un camionista che guida il suo mezzo per le strade d’Europa) abbia ricevuto il massimo riconoscimento al Festival del cinema di Roma che si è appena concluso ha suscitato, non solo nel sottoscritto, ampie aperture a teorie dietrologie. Ad esempio sul Corriere della Sera, Mereghetti parla complessivamente delle premiazioni così: “follia collettiva (…) che ormai accompagna da troppo tempo una manifestazione che non ha ancora deciso di diventare davvero adulta”.
Delirio deriva dal verbo latino deliràre composto dalla particella “de”, indicante “allontanamento da”, “fuori da” e “lira”, solco: delirio è uscire dal seminato della ragione, essere in qualche modo fuori strada.
Si chiama appunto così (“Fuoristrada”) il documentario in concorso per la sezione Prospettive Doc Italia al Festival del Cinema di Roma, vincitore del premio Menzione Speciale, in cui Elisa Amoruso racconta con delicatezza, discrezione e ironia mai grossolana la storia di un amore inusuale in un paese forse un po’ troppo convenzionale.
Il protagonista è Pino, un meccanico che lavora nell’officina di Via Vetulonia nel quartiere di San Giovanni a Roma e che è anche un campione di rally. Un giorno decide di diventare donna e di chiamarsi Beatrice. Lungo il percorso sterrato (e “fuori strada”) della sua trasformazione incontra Marianna, una donna rumena che accetta la sua natura.
John Forbes Nash ha rivoluzionato l’economia con i suoi studi di matematica applicata alla “Teoria dei giochi”. I suoi deliri più ricorrenti riguardavano le visioni di messaggi criptati (provenienti anche da extraterrestri), il credere di essere l’imperatore dell’Antartide o il piede sinistro di Dio, l’essere a capo di un governo universale. Nonostante la malattia vince il premio Nobel per l’economia nel 1994 e, per così dire, al resto ci ha pensato Ron Howard.
A volte le persone “diverse”, quelle che vanno “fuori strada”, un po’ come controcorrente, attraversando strade nuove e sconnesse. Non senza sofferenze talora enormi capita che ne escano trasformati. Talora invece si perdono purtroppo irrimediabilmente. Ma, come nel documentario della Amoruso, o come nel caso di Nash, potrebbero essere le persone più “vere” che abbiamo la ventura di “conoscere”.
E poi dietro la storia della follia, della (apparente) insensatezza e della relativa incomprensione non si cela in verità la storia della ragione (individuale o collettiva), nella sua irriducibile volontà di misurare, giudicare ed erigersi al di sopra di tutto?
Massimo Lanzaro
tratto da Il Quorum.it
http://www.ilquorum.it/follie-non-convenzionali/
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[…] Ed elli a me “Perché tanto delira”,
disse “lo ‘ngegno tuo da quel che sòle?
o ver la mente dove altrove mira?
Non ti rimembra di quelle parole
con le quai la tua Etica pertratta
le tre disposizion che ‘l ciel non vole,
incontenenza, malizia e la matta
bestialitade? e come incontenenza
men Dio offende e men biasimo accatta? […]
(Virgilio a Dante, Canto XI dell’ Inferno)
A dopo !
Ogniqualvolta sulla mia strada ho incontrato persone “diverse”, fuori dalle righe e dalle convenzioni, ho avuto la sensazione che quelle fossero persone vere: in quel loro “essere” percepivo qualcosa di divino e al contempo fanciullesco. Frequentarle mi ha arricchito emotivamente e umanamente, ma in special modo il loro contatto mi ha “smosso” qualcosa “dentro”. Con loro, col loro esempio, ho imparato a guardarmi dentro, ad accettarmi e a non privarmi di fare tutte quelle “sane” follie, per chi le vede tali chiaramente, che mi vengono spontanee. Queste persone “diverse” mi hanno resa “diversa”, grazie!
Jung parlava del Sè come una sorta di punto di equilibrio tra (a metà)l’identificazione della Persona (o maschera) con la società collettivo e l’identificazione dell’Io con l’immagine primordiale o in generale con l’inconscio collettivo. Solitamente alle persone che succede questo genere di identificazione vengono considerate fuori da una presunta ‘norma’.
Credo che poche persone come Jung abbiano davvero espresso in maniera esemplare la ‘ricchezza’ di chi non rientra nel solco. La vera fortuna secondo me è aver conosciuto persone di tale portata come Jung da non essersi appiattito sull’accademismo di facciata.
Mario M.
Ho visto Beautiful Mind e ho letto le Ombre antropomorfe, che fanno compagnia a Nash, come le interconnessioni dell’ inconscio personale alla trama del cosmo… i suoi gangli vitali.
Wislava Szymborska,
Prospettiva,
da “Due punti”
Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.
Forse smarriti
O distratti
O immemori
Di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.
D’altronde nessuna garanzia
Che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino niente affatto.
Li ho visti dalla finestra
E chi guarda dall’alto
Sbaglia più facilmente.
Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.
E io, solo per un istante
Certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali
quanto triste è stato.
“La vera fortuna secondo me è aver conosciuto persone di tale portata come Jung da non essersi appiattito sull’accademismo di facciata”. Sottoscrivo.
E ringrazio di cuore per tutti i commenti. Stimolanti, davvero.
Massimo Lanzaro
Grazie a lei, dottor Lanzaro.