Massimo Lanzaro, medico, psichiatra, scrittore e psicoterapeuta che attualmente svolge l’attività professionale a Napoli e a Roma, ha sviluppato un particolare tropismo per l’approccio junghiano alle immagini e, se il mezzo fotografico gli consente di approfondirne gli aspetti terapeutici, a volte semplicemente gli serve per cogliere la bellezza delle piccole cose che ci circondano. Quest’estate espone un suo progetto fotografico in Calabria. Come nasce la sua passione per la fotografia? “Semplicemente quando in adolescenza mi accorsi di aver bisogno di un mezzo per confrontarmi con le mie immagini interiori (per poi cercare una espressione e rappresentazione nel mondo esterno) – spiega al VELINO Lanzaro -. Tutti sappiamo quanto fossero cruciali le immagini ad esempio nel processo di crescita personale e maturazione di Carl Gustav Jung. Leonardo suggeriva agli artisti del suo tempo di guardare le macchie sui muri, le venature dei marmi, le nuvole, la cenere, per scorgervi paesaggi ed animali, cose inusitate e mostruose, com’era solito fare lui stesso, abbandonandosi alla potenza evocatrice delle ‘cose confuse’, perché ‘nelle cose confuse l’ingegno si desta a nuove invenzioni’. Da note biografiche apprendiamo che Jung maturò personalmente tale concetto in seguito ad un momento che molti conoscono: l’assenza di riferimenti”.

“Al termine di un periodo di enorme sofferenza (1912-1919) – continua Lanzaro -, Jung ci rende partecipi della sua estenuante esperienza personale: ‘Mi sentivo letteralmente sospeso. Temevo di perdere il controllo di me stesso e di divenire preda dell’inconscio, e quale psichiatra sapevo fin troppo bene che cosa ciò volesse dire. Le tempeste si susseguivano, e, che potessi sopportarle, era solo questione di forza bruta’. Invece di riagganciarsi a idee o ad una situazione sociale, Jung decise di mettersi a disposizione delle immagini interiori che l’inconscio gli forniva. ‘Perché altrimenti – scrive Jung – correvo il rischio che fossero esse ad impadronirsi di me. Vivevo in uno stato di continua tensione, e spesso mi sentivo come se mi cadessero addosso enormi macigni. Dopo sei anni al limite della dissociazione, cominciarono a presentarsi forme nuove’. Jung le dipinse senza sapere che cosa fossero. Notò che l’oscurità interiore si dissipava e che si stabiliva da sé una solidità: ‘Quando cominciai a disegnare i mandala vidi che tutto, tutte le strade che avevo seguito, tutti i passi intrapresi, riportavano ad un solo punto, cioè nel mezzo. Mi fu sempre più chiaro che il mandala è il centro (…). Cominciai a capire che lo scopo dello sviluppo psichico è il Sé’. E nel passaggio dalla pittura all’idea si creò lo spazio che gli consentì l’elaborazione. Jung considerò il simbolismo del mandala come una fenomenologia del Sè e definirà l’archetipo del Sè come la totalità della psiche, l’integrazione compiuta tra conscio e inconscio, quello stato psichico che scaturisce dal superamento della dissociazione, dei poli conflittuali, il centro”.

In una foto Lanzaro cerca “l’unicità dei dettagli che – sottolinea -, estrapolati dal loro contesto, incontrano simbolicamente una dicotomia o una sintesi simbolica che avevo in mente”. Un medico, psichiatra, che ama la fotografia: come vive Lanzaro queste due sue anime? “‘Chi sa solo di medicina, non sa niente di medicina. Bravo, dottor Bronzetti, non perda mai quel senso di missione che traspare in ogni riga della sua lettera’. Con queste parole sul domenicale rosa del Sole 24 Ore Roberto Napoletano esprime il suo apprezzamento per quei medici, che trasmettono ai malati l’amore per il loro lavoro ma anche per gli aspetti della creatività umana – risponde Lanzaro -. Per il dottor Bronzetti ‘la medicina e l’umanità dovrebbero essere l’ossessione di tutti i medici’. E ancora: ‘Non c’è un test per misurare l’umanità dei dottori ma ci sono epifenomeni (la dedizione all’arte tra essi) che possono indicarla”.

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DOVE:

Al Jazz Club le Mele a San Nicola Arcella (Cosenza) dal 27 luglio al 10 agosto il dottor Lanzaro espone il progetto fotografico “L’Anima dei Luoghi” che racconta la Riviera dei Cedri. Cosa la lega a questo spicchio della Calabria? “Una pluridecennale frequentazione chi mi ha permesso di esplorare questi luoghi fantastici nel tempo, anche nelle parti meno note e non facilmente raggiungibili, ma ugualmente stupende e talora ricchissime di interesse culturale e spunti fotografici sorprendenti. Col tempo ho tentato di far intravedere il connubio tra il potere dei nostri occhi e la magnificenza di questi luoghi, scotomizzando la potenzialità tecnica di una apparecchiatura fotografica”. Quante fotografie sono in mostra? “Dieci scatti più… qualche sorpresa!”. Sono tutte state scattate quest’anno? “Per lo più sì. Ci sono un paio di scatti di anni trascorsi…”. Questa è la sua quarta mostra personale, la seconda in Italia (ha esposto a Londra e Lincoln, UK).Quando la prossima? “È molto probabile che partecipi ad una manifestazione collettiva al Mitreo di Iside in Roma, denominata ‘Arte a KM 0 – II edizione”, che si prefigge di far conoscere e dialogare gli artisti con la comunità in cui vivono e/o operano, al fine di promuovere e sostenere il valore del ruolo pubblico e sociale degli artisti e dell’Arte e cre- Attività Contemporanea, nella crescita culturale di un territorio”.