L’immaginazione ermetica IV

Un nuovo culto della bellezza, della fisicità, della creatività congiunta all’eros, unitamente all’irrazionale passione verso la magia, reputata come summa di tutte le scienze, sono gli elementi che abbiamo trovato per dare una spiegazione più esauriente alla nascita di Umanesimo e di Rinascimento.

Sono principi indispensabili per comprendere le Carte della memoria, ovvero i tarocchi della immaginazione creati da Giordano Bruno.

Ma prima è meglio approfondire il pensiero di Ficino e Pico, considerati “maestri” dallo stesso Bruno.

Marsilio Ficino è persona mite, scrupolosa, sensibile, contemplativa, filologo, studioso di filosofia greca sino a giungere al fanatismo. Pare che abbia una curiosa abitudine: quella di parlare con Platone, Plotino, Porfirio, e anche Aristotele come se fossero viventi e a lui presenti. Così gli capita di andare a tavola con i suoi parenti e di lasciare posti simbolici a questi filosofi del passato. (Particolarità questa che aveva anche Giorgio Colli, che addirittura faceva parlare i figli con Platone, secondo quanto afferma Marco, il terzogenito.)

È insomma un uomo caro a tutti, sempre pronto al dialogo, alla discussione franca, alla ricerca senza prevenzioni. I suoi contemporanei dicono sia un piacere sentirlo parlare; tanto la sua cultura è universale. Si esprime correttamente in latino e in greco antico, citando a memoria centinaia di passi dei suoi autori preferiti. Un filosofo dunque che custodisce nel cuore la leggiadria e la soavità dei poeti, degli spiriti sognanti ed entusiastici.

Eppure quest’uomo poco incline alla diatriba, quando fonda l’Accademia platonica, grazie al patrocinio di Lorenzo il Magnifico, è spinto soprattutto da una forza polemica contro gli aristotelici del suo tempo (bisogna anche tenere presente l’opera della cultura ferrarese di quegli anni. Basti citare, per tutti, l’azione di Gustino Veronese che, traducendo e lavorando alla Vita di Platone, promosse violenti attacchi alla tradizione aristotelica).

Che cosa rimprovera Ficino a costoro? Quali motivi lo spingono al diverbio con i seguaci di Aristotele, che in alcuni momenti assume le caratteristiche di una vera e propria rissa intellettuale? Le origini della questione vanno ricercate oltre un secolo prima, allorché gli insegnanti universitari del XIII secolo studiano Aristotele, lo parafrasano, lo chiosano, lo adattano al pensiero cristiano. Un’opera di assimilazione che riesce tanto bene da rendere cattolicamente accettabile anche la filosofia di Averroè, un pensatore di ispirazione aristotelica, ma pur sempre di religione islamica (tale assimilazione fu resa possibile grazie al principio della diversità tra «verità di ragione e verità di fede». Entrambe vere, quindi eterne, quindi fatalmente presenti in Dio. Avendo coincidenza nell’essere supremo, non possono contrastare tra di loro). L’autorità di Aristotele doveva servire agli accademici come una sorta di scudo, dietro il quale poter esercitare liberamente l’uso della ragione.

“Se il greco, fonte di ispirazione di san Tommaso D’Aquino, adopera la mente razionale, altrettanto possiamo fare noi.» Questo, in parole semplicissime, doveva essere stato l’intento degli universitari (tali universitari saranno poi definiti da Giordano Bruno «pedanti», ovvero noiosi e reverenti verso il potere). Purtroppo, con i decenni, avvenne esattamente l’opposto: invece di trasformarsi sul modello aristotelico, strutturarono Aristotele su quello della scolastica più chiusa e intransigente, diventando non più esponenti di una nuova ricerca bensì sostenitori di quella mentalità contro cui volevano esercitare il diritto di critica. Giungendo addirittura alla condanna di ogni pensiero divergente (basti pensare al Cremonini, che pure era un aristotelico tra i più blandi, che fu uno dei firmatari della denuncia di “eresia perniciosa” contro Bernardino Telesio).

In realtà Marsilio e il suo gruppo di umanisti divengono platonici non contro Aristotele, ma per avversione all’aristotelismo scolastico, alla cultura cattedratica, avvertita come ipocrita e soffocante.

«Chi non intende la carica polemica» sostiene Garin «a volte violenta del ritorno a Platone, che diventò un po’ alla volta ritorno a Epicuro, ritorno alla Stoa, ritorno al naturalismo presocratico… e, finalmente, ritorno ad Aristotele logico e fisico contro l’aristotelismo metafisico, ossia contro una fisica fattasi teologia; chi non intende questo significato del platonismo, rischia di non capire nulla della cultura filosofica, e non solo filosofica, dal Quattrocento al Cinquecento.» (Anche gli Aristotelici erano però feroci contro i platonici. Giorgio da Trebisonda, per fare un esempio, avvertì il pericolo rappresentato dai neoplatonici, nei confronti di una presunta “ortodossia” cristiana, e arrivò a formulare una “preghiera” diretta ai martiri cristiani, affinché “disperdessero” i platonici che “risorgevano” in Italia. La preghiera è riportata per intero da Eugenio Garin, Umanesimo italiano, Laterza, pagg. 88-89). Entriamo allora nella villa di Careggi, dove Ficino traduce gran parte dell’opera non solo di Platone, ma anche e soprattutto di Plotino. Cura personalmente la versione in latino, permettendo poi a vari allievi una nuova formulazione in volgare, affinché le opere dei filosofi greci conoscano la più ampia diffusione possibile.

Nicola Abbagnano ebbe a dirmi un giorno che solo del Simposio, a Firenze, circolavano oltre cinquemila copie. Rapportata all’epoca è una cifra a dir poco sbalorditiva.

 

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L’immaginazione ermetica II

Eugenio Garin, filosofo e umanista a noi contemporaneo, è forse il primo studioso che abbia spiegato il senso dell’Umanesimo, quello profondo, con la divulgazione e la credenza nella magia. La sua opera è utilissima per comprendere il clima letterario e filosofico in cui nasce un netto mutamento di tendenza, così sintetizzabile: Platone subentra ad Aristotele.

In realtà l’autore dei dialoghi è inteso nel quindicesimo secolo come “opposto” ad Aristotele, come se i due pensatori fossero stati “nemici” anche in Grecia. Cosa del tutto falsa. Il contrasto è però necessario ai vari Ficino e Pico della Mirandola, perché l’avversione ad Aristotele nasconde un radicale risentimento intellettuale contro l’accademismo dell’epoca, la rigidità intellettuale, la scolastica nelle sue forme estreme. Erich Auerbach ha giustamente osservato: «Il Simposio di Platone fu una specie di bibbia per i libertini spirituali italiani, francesi e tedeschi». La citazione di tale opera quasi come testo sacro esemplifica perfettamente la vera motivazione del «successo» del dialogo: l’esaltazione dell’amore e del corpo. A noi contemporanei può sembrare una cosa normale, ma in quei secoli fu una vera rivoluzione. La rigidità degli accademici aveva per secoli indicato il corpo umano e la natura come nemici di ogni ascesi spirituale, in quanto strumenti e portatori del “sensus”, ovvero delle passioni.

La carne conduce al peccato, anzi, è essa stessa peccato, perché in essa è prigioniero lo spirito, che deve essere redento tramite mortificazioni, penitenze, purificazioni.

Immaginiamo l’effetto che devono aver prodotto negli studiosi le parole del Simposio. Figuriamoci per esempio Marsilio Ficino nel suo studio di Firenze, direttamente collegato agli appartamenti privati di Lorenzo il Magnifico. Davanti ha il testo greco del Simposio, e lo sta traducendo. Che cosa legge Marsilio? Di una totale accettazione del corpo, dei desideri, delle passioni. Di una comprensione indulgente verso quella parte dell’umano ritenuta sino ad allora spregevole e ripugnante.

Ficino non deve credere ai propri occhi mentre redige la versione in italiano, perché attraverso i secoli Platone gli sta dicendo cose incredibili. L’amore è sempre lecito, anche quello omosessuale, perché attraverso il desiderio dei corpi si può giungere, dopo successive sublimazioni, alla contemplazione del bello in sé, sino al bene assoluto e universale. Amore e brama divengono strumenti di conoscenza. E come se non bastasse, in questo dialogo la figura principale, la personificazione della sapienza stessa, è Diotima, una donna.

Il movimento poetico e filosofico provenzale e del Dolce stilnovo avevano già fatto della donna un oggetto di venerazione, specchio dell’anima maschile, ma giammai fonte di saggezza. Invece ecco Socrate domandare, chiedere lumi, invocare da lei spiegazioni, insegnamenti spirituali. Incredibile: Socrate, il maesrro del maestro Platone, è in atteggiamento di sottomissione intellettuale, pronto a recepire il senno, l’accortezza, il discernimento di Diotima, di una donna! Ad affermare queste cose non è un pagano, ma l’ispiratore di sant’Agostino, uno dei padri della filosofia greca, appunto Platone in persona («padre», come attributo di Platone è qui adoperato anche come ispiratore dei padri della Chiesa durante la fase detta appunto “patristica”).

Se riusciamo a decifrare le emozioni di una simile riscoperta, il sussulto psichico che avvenne in Marsilio, in Lorenzo, in Pico, negli artisti loro vicini, forse capiremo l’essenza dell’Umanesimo. Certamente l’autorità del filosofo greco serve alle menti più aperte come mezzo di riscatto da una oppressione moralistica, tendente a sminuire ogni creatività non direttamente rapportabile al solco aristotelico. Il Simposio diventa la fonte d’ispirazione non solo di filosofi, ma soprattutto di letterati e artisti. Lo scritto parla a quelle orecchie bisognose di nuovo e di creativo, in termini di eros e di bellezza.

Dell’opera è recepita l’equazione eros-creatività e a tale sorgente bevono Botticelli, Raffaello, Tiziano e scultori come Luca della Robbia (Edgard Wind, Misteri pagani nel Rinascimento, Adelphi, 1971, pagg. 101-119). Chiunque abbia visto anche una sola volta le celebri Cantorie del museo del duomo di Firenze ha avuto modo di constatare come un vitalismo erotico, permeato di classicismo, sia subentrato in quelle menti di artisti, divenendo ispirazione costante di ogni loro opera.

L’entusiasmo per i contenuti del Simposio si estende a tutti gli altri dialoghi e, in quel fervore, l’attenzione si accentra sul Timeo e sulla figura centrale del testo, il demiurgo. Inquietante semidio, capace di solcare lo spazio delle idee purissime e quindi di tornare alla materia per vivificarla con l’anima. A molti sembra una sembianza filosofica, precorritrice di quattro secoli del Cristo. Ricerche, confronti, paragoni conducono ad altre fonti, ai cosiddetti neoplatonici, a Plotino, a Porfirio, ai filosofi del periodo alessandrino. In questo modo si realizza una scoperta fondamentale, come quella dell’eros creativo del Simposio. I neoplatonici praticavano una disciplina definita scientia scientiarum, la somma supposta di tutte le saggezze, la magia.

Di nuovo stupore, incertezze, e anche paura. Perché la magia è da sempre condannata dal cristianesimo. Come è allora possibile, si chiedono gli umanisti, che i seguaci di Platone, dallo spirito puro, dedito soltanto alla conoscenza, esaltassero una disciplina esecrata in seguito per secoli?

Marsilio Ficino chiede, e ottiene, da Lorenzo il Magnifico di fondare l’Accademia platonica a Firenze. Qui convoglia tutti i testi, finora reperiti, dell’antichità. Si compiono traduzioni parallele, si confrontano capillarmente le fonti, si approfondisce ogni frase, ogni rigo dei filosofi “antiqui”, finché i dubbi vengono fugati. Platone, e successivamente i neoplatonici, studiavano davvero la magia, concepita come sapienza totale ed esclusiva, da tramandare per via orale. Infatti, secondo Ficino, l’allievo di Socrate aveva chiaramente scritto nelle sue lettere, soprattutto nella settima, come il suo autentico insegnamento non fosse quello racchiuso negli scritti, ma quello tramandato per via orale. Nel profondo della sua coscienza, Marsilio Ficino giunge alla conclusione finale: la magia non è scienza da esecrare, ma semmai da studiare e da tentare di rapportare al cristianesimo (F.A. Yates ha dedicato un intero capitolo a quei cristiani che consideravano la magia naturalis non pericolosa e non avversa alla propria religione: “L’ermetismo religioso nel sec. XVI”, pagg. 191-227 del volume Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, 1981).

Stralci di traduzioni dal greco circolano nelle mani anche di chi non è né letterato, né filosofo, creando quello che oggi può essere definito un movimento di opinione. In questa situazione di rinnovamento, di scoperta, di stupore, si affermano gli studi sulla magia naturalis, intesa anche nei sui aspetti pratici, rituali.

Questa atmosfera è fedelmente resa da Garin: «L’unità di una vita universale, che fluisce dovunque e anima tutto, giustifica speculativamente la simpatia universale e le molteplici operazioni che l’uomo, immagine abbreviata del cosmo, viene a compiere. Che poi il nesso fra la totalità, oggetto dell’intuizione metafisica, e la molteplicità delle cose e degli eventi, in cui opera la magia, si presenti come qualcosa di arbitrario e fantastico, è logica conseguenza di quella visione metafisica e teologica. Il rapporto tra metafisica neoplatonica e pratica magica indica una precisa simmetria: la magia degli incantamenti è il momento scientifico adeguato alla teologia platonica. Come questa è in realtà una visione “poetica” del cosmo, sono spiriti quelli che muovono i pianeti… In un universo animato e consenziente, connesso e cospirante, in una simpatia onnicomprensiva, si parla con gli astri, con le pietre: si pregano, si comandano, si costringono, facendo intervenire, mediante preghiere e discorsi adatti, spiriti più potenti» (Eugenio Garin, Lo zodiaco della vita, Laterza, 1982, pag. 60).

 

La natura del mondo

Colui che si rammarica della natura del mondo non sa dunque che cosa fa, e fino a dove giunga la sua audacia. È che ignora il seguito regolare delle cose dalle prime alle seconde, poi alle terze, e così di seguito fino alle ultime: non bisogna perciò insultare degli esseri poiché sono inferiori ai primi; bisogna accettare con serenità la natura di tutti gli esseri.

Plotino

L’esperienza del male

L’esperienza del male porta a una conoscenza più precisa del Bene in quegli individui nei quali la potenza è troppo debole per poter conoscere il male con pura scienza ancor prima di averlo provato”.

Plotino

Segni

“Tutte le cose sono piene di segni, ed è un  uomo saggio chi riesce ad  imparare una cosa da un’altra.”

Plotino

Autentica bellezza

In verità non c’è bellezza più autentica della saggezza che troviamo ed amiamo in qualche individuo, prescindendo dal suo volto che può essere brutto e, non guardando affatto alla sua apparenza, ricerchiamo la sua bellezza interiore.

Plotino

Ancora sull’Anima

Un’Anima non illuminata è priva di Dio; ma se è illuminata, possiede ciò che cercava”. Plotino

Perfezione

La pienezza è in tutte le anime, ma la perfezione non è identica in tutte”.

Plotino

Il “dove”

Il “dove” significa “altro in altro”.

Plotino

Il fuoco

Se il fuoco che è in te si spegne, non si spegne tuttavia il fuoco dell’universo”.

Plotino

Anima

Nell’Anima c’è armonia se ciascuna sua parte compie la sua funzione”.

Plotino

L’essere e il vivere

Chi disprezza l’essere e il vivere testimonia contro se stesso e contro tutti i suoi sentimenti”.

Plotino

Una parola

Anche una parola pronunciata sommessamente agisce da lontano e si fa udire a molta distanza in maniera inconcepibile”.

Plotino

Voti impossibili

(John illiam Godward, Il mondo non è grande abbastanza, 1911)

“Coloro che sono diventati cattivi e domandano che altri dimenticando se stessi li salvino, fanno voti impossibili; nemmeno gli dèi possono trascurare la loro vita per regolare le nostre cose”.

Plotino

Corpo e anima

“Non separare violentemente l’anima dal corpo, affinché non se ne vada così; essa se ne libererà quando avrà ciò che è necessario per andarsene: e andarsene vuol dire passare ad altro luogo. Piuttosto attenderà che il corpo si stacchi tutto da lei, finché essa non abbisogni più di cambiar luogo, essendo ormai tutta fuori di esso”.

Plotino

Ma che resta di noi?

 “Ma che resta di noi? Rimane ciò che noi siamo veramente: il nostro io”.

Plotino

Il Bene

“Il pensiero è questo: muoversi verso il Bene e desiderarlo”.

Plotino

Amore e magia

“L’Amore è il primo mago e stregone, che gli uomini conoscono bene e ricorrono, nei loro rapporti, ai suoi filtri e ai suoi incantesimi. E poiché amano per natura e i materiali che suscitano l’amore sono efficaci nelle loro relazioni, così è sorta l’arte di provocare l’amore con la magia, applicando, per contatto, a diverse persone materiali diversi che hanno il potere di attrarre una persona verso l’altra, in quanto contengono in sé una sostanza erotica. E così uniscono un’anima con un’altra come chi legasse insieme delle piante separate”.

Plotino

Il linguaggio

“Il linguaggio parlato è un’immagine, frantumata in parole, del linguaggio interiore dell’anima”.

Plotino

L’amore è congenito all’anima

“L’amore è congenito all’anima: perciò Eros è nuzialmente unito alle anime persino nelle pitture e nei miti. Poiché essendo l’anima qualcosa di diverso dal dio e tuttavia derivante da lui, essa è necessariamente innamorata di lui e, finché è lassù, è colma di amore celeste, mentre, quaggiù, è piena d’amore volgare; lassù è infatti Afrodite celeste, ma quaggiù essa diventa, simile a una cortigiana, Afrodite volgare”.

Plotino

Il fioco raggio di un’immensa luce

“Finché l’amante si attiene a ciò che appare nel sensibile, egli non ama ancora; ma quando, da quella figura egli genera in se stesso, nella sua anima indivisibile, un’immagine invisibile allora nasce l’amore; e se egli desidera vedere la persona amata, è per ravvivare l’amore che sta per venir meno. Ma se comprende che bisogna risalire, allora potrà tendere a Lui, poiché l’amore che egli sentì da principio non era che il fioco raggio di una immensa luce”.

Plotino

Il Bene

“Alle persone basta apparire belle, anche se non lo siano; il Bene, però, esse vogliono possederlo non solo nell’apparenza”.

Plotino

Buona domenica a tutti!

L’artigiano

“L’artigiano quando fabbrica oggetti identici fra loro, deve tuttavia cogliere questa identità con una certa differenza di pensiero e può perciò produrre qualcosa di nuovo in quanto trasporta nell’identico qualcosa di diverso”.

Plotino

L’Uno e il Bene

« L’Uno non può essere una di quelle cose alle quali è anteriore: perciò non potrai chiamarlo Intelligenza. E nemmeno lo chiamerai Bene, se Bene voglia significare una tra le cose. Ma se Bene indica Colui che è prima di tutte le cose, lo si chiami pure così. »

Plotino

Eternità

“Non si deve aggiungere l’essere al non essere, il tempo all’eternità, ciò che è temporaneo a ciò che è eterno, né si deve estendere l’inesteso, ma si deve prenderlo nel suo insieme, e, se lo si prenderà così, si prenderà non un istante indivisibile nel tempo, ma la vita eterna; non la vita composta di parecchi periodi di tempo, ma quella che tutti insieme li contiene”.

Plotino

Intelligenza

(Plotino)

“L’atto d’intelligenza è nostro, poiché l’anima è intelligente e l’atto d’intelligenza è la sua vita migliore; esso ha luogo quando l’anima pensa e quando l’intelligenza suprema agisce su di noi: essa infatti è una parte di noi stessi e un essere superiore al quale tendiamo”.

Plotino

Contemplazione

“Tutto deriva dalla contemplazione ed è contemplazione”.

Plotino

(Hieronymus Bosch, San Giovanni Battista in meditazione, 1489 – 1499)

Il bello

Il bello è relativo a noi uomini che lo contempliamo: allora la passione che esso suscita è attività e questo atto è movimento.

Plotino

Separazione tra anima e corpo

Non separare violentemente l’anima dal corpo, affinché non se ne vada così; essa se ne libererà quando avrà ciò che è necessario per andarsene: e andarsene  vuol dire passare ad altro luogo. Piuttosto attenderà che il corpo si stacchi tutto da lei, finché essa non abbisogni più di cambiar luogo, essendo ormai tutta fuori di esso.

Plotino

Disposizione dell’anima

Non l’accadimento produce il piacere proprio dell’uomo felice, ma la disposizione dell’anima crea la felicità e il piacere conseguente.

Plotino

Il male e il bene

Il male appare solo nell’assenza del bene.

Sono la stessa cosa il buono e il bello, oppure il bene e la bellezza. Bisogna dunque ricercare, con lo stesso metodo, il bello e il bene, il brutto e il male.

Plotino

Essere se stessi

Bisogna che ciascuno sia lui stesso, che le nostre azioni e i nostri pensieri siano nostri, che le nostre azioni, buone o cattive, vengano da noi, né bisogna attribuire all’universo la produzione del male.

Plotino

Il saggio

Il saggio sarà felice anche quando arrivano le sventure. Egli pensa: è necessario sopportarle e adattarvisi, perché questa è la vita.

Plotino

Luce e tenebre

Soltanto chi ha bisogno degli occhi cerca la luce, poiché in sé porta le tenebre.

Plotino

L’interesse

Quanto più forte è l’interesse tanto più duraturo è il ricordo.

Plotino

Anima

Ciò che crea è Anima.

Plotino

Eros

Ogni anima ottiene per sé quanto corrisponde alla sua natura, e genera un Eros secondo i suoi meriti e la sua essenza.

Plotino

Anima

I ricordi non sono nell’anima a causa di impressioni depositate in lei, ma perché l’anima risveglia in sé il suo potere, sicché essa possiede anche ciò che non possiede.

Plotino

Segni

Tutto è pieno di segni, ed è sapiente chi da una cosa ne conosce un’altra.

Plotino

Comprensione

È meglio non interrogare, ma comprendere e tacere.

Plotino