Se un varco senti liberar brezze

Se un varco senti
Di vita nel petto
Liberar brezze,
Vènti, tempeste,
L’anima a stormi
Sappi menarvi,
Di verno in verno,
Com’è dettato,
L’anima a stormi,
All’Infinito,
Come un uccello
A una spola legato,
Che ovunque voglia
Non possa restar.

Luigi Roscigno

22 Risposte

  1. Vi sono uccelli migratori ed uccelli stanziali. Entrambi legati al luogo di origine.
    E’ forse la parabola del destino di ogni uccello, quello di tornare, benchè la sua anima sia parte dello stormo.

  2. Complimenti, Luigi!
    E per accompagnare la tua poesia una canzone di un poeta in volo….

  3. “il varco”: una nuva apertura , scoperta interiore,

    “l’anima a stormi
    sappi menarvi
    di verno in verno”

    è nelle difficolta che occorre rinnovare la vastità raggiunta !?

    “Come un uccello
    a una spola legato” :samsara il circolo delle rencarnazioni, oppure, le parche che decretano il n7s vivere?.

    x luigi 🙂

  4. Grazie, Anna, anche per il gradito pensiero! Ti abbraccio forte… 🙂

  5. (…) brezze/ Vènti, tempeste / (…) stormi / (…) uccello

    perché per me l’Anima è fatta di molteplici parti, ciascuna reclamante “vita propria”…

    ***

    “Di verno in verno / Com’è dettato / L’anima a stormi”

    ce lo insegna Natura: “ogni cosa a suo tempo”, ogni migrazione a suo tempo, piano…

    ***

    “Come un uccello / A una spola legato”

    l’uccello, l’ultima delle parti (d’anima) a lasciarci, la più intima, quella che, come una spola appunto, non può fare a meno di tornare…

    Da dove?

    Dall’Infinito (meta dell’anima), dai suoi “viaggi da guida” all’Infinito…

    ***

    “Che ovunque voglia / Non possa restar”

    nel corpo, legato al corpo (quasi una gabbia) o nel “cielo” Infinito?

    poco importa, in ogni caso “legato”… ad andare, tornare…

  6. :- )

    III

    un dio può. Ma cme, dimmi, comepuò
    un uomo seguirlo con la sua lira inadeguata?
    Il suo senso è la scissione.(::::::)
    Rilke.

  7. Mi permetti, Luigi, di rispondere a Patrizia? Altrimenti zittisci pure la mia “fuga”:

    Non esistono strumenti inadeguati, esistono bravi musicisti e mediocri musicisti. Per quanto riguarda Anima, poi…

    “Giuratemi, figlie di Gerusalemme
    per le gazzelle e per le cerve della steppa
    che non sveglierete e non desterete
    l’amore finché non voglia.”

    Dal Cantico di Salomone (Ct 2,7)

  8. A Luigi e a Giuseppe e Anna Il Canone Inverso, e noi con esso sperando almeno io di non andare mai lontano dalla mia Anima e lei lontano da me inversamente amanti eternamente opposti scie nel cielo siamo inconsapevoli della nostra Bellezza perchè il nostro punto di vista non consente a volte anzi spesso, di considerarci nel nostro insieme e nei nostri insiemi, recar nel volo Anima e i Mutevoli Suoi Aspetti ( una cosa alfin è chiara, la vita conta e non si conta mai). http://www.youtube.com/watch?v=eakKfY5aHmY&sns=em

  9. Un caro saluto a voi, Anna, Valeria e Map! Vi abbraccio forte e ringrazio per i vostri commenti… 🙂

  10. E’ nello spazio di un sapere umano che ci esprimiamo, scissi dall’unità , dal divino, presso cui stiamo , in ascolto talvolta

    ma…

  11. ma…
    dobbiamo imparare a cantare all’unisono! 🙂

  12. ciao 🙂

  13. Ciao, Patrizia cara! Ti stringo forte… 😀

  14. III

    (::::::::)

    il canto che tu insegni non è brama
    o appello x aver potere infine;
    canto è esistenza.Facile x un dio:(:::)

    Rilke

    ma…

  15. 😀 Dyessì .. cantare all’unisono….. , Valeria.. perchè il canto è l’unica voce che non sia materia, anzi, la cambia, la materia, la voce…… baci.. grazie

  16. ma… 🙂

    (so bene che i versi di Luigi, da questo momento in poi, non sembreranno più i suoi… So bene… Ma Luigi avrà il potere… di astenere la sua ombra dal banchetto al quale non è invitata… Sostengo personalmente il diritto di ogni personalità a farsi ispirare, a manifestarsi e a conservare “salvo”, in un mondo senza regole come quello di Enternet, il “diritto d’autore” del proprio genio.)

    Da “L’ultima estate di Klingsor” , Luigi, di Herman Hesse

    […] Luigi, l’uccello, sulla su bicicletta percorreva quelle colline in tutti i sensi, mentre Klingsor dipingeva. Klingsor sacrificò alcuni giorni, ma poi subito tornò accanitamnete al lavoro. Luigi non voleva lavorare. E improvvisamente era partito, colla sua amica, mandò una cartolina da un paese lontano. Poi di nuovo eccolo di nuovo lì, quando Klingsor già lo aveva dato per perduto; in cappello di paglia e camicia aperta stava sulla soglia come se non se ne fosse mai andato. Ancora una volta dal tempo giovanile Klingsor centellinò dalla più dolce coppa la prediletta bevanda dell’amicizia. Aveva molti amici, molti lo amavano, a molti aveva dato, a molti aperto il suo cuore impetuoso, ma due soli fra gli amici udirono in quell’ultima estate dalle sue labbra il vecchio grido del cuore: Luigi il pittore, il poeta Arminio, soprannominato Thu Fu.
    ;Molte volte Luigi stava in campagna, seduto sul suo seggiolino da pittore, all’ombra di un pero o di un susino, e non dipingeva. Sedeva e pensava, e la carta era fissata sull’assicella, ed egli scriveva, scriveva molto, molte lettere. Può essere felice un uomo che scrive tante lettere? Luigi lo spensierato scriveva a fatica, il suo sguardo per un’aora di seguito restava penosamente fisso sulla carta. Lo turbavano molto certe cose non dette. E per questo Klingsor lo amava.
    Egli era diverso. Egli non sapeva tacere. Egli non sapeva celare il suo cuore. Le segrete pene della sua vita, note a pochi, aveva bisogno di rivelarle ai suoi intimi. Spesso soffriva di ansie, di malinconie, spesso era immerso in un abisso di tenebre, le ombre del passato spesso si proiettavano immani su i suoi giorni e li rendevano neri. Allora vedere il volto di Luigi lo confortava. E allora, talvolta, gli faceva le sue confidenze e su lamentava.
    ma Luigi non vedeva di buon occhio queste debolezze. Lo tormentavano, sollecitavano compassione. Klingsor si abituava intanto a svelare il suo cuore all’amico, e capì solo troppo tardi che, così facendo lo perdeva.
    Luigi ricominciò a parlar di partire. Klingsor si rese subito conto che non lo avrebbe più trattenuto che per pochi giorni, per tre, per cinque; ma poi ecco che gli mostrerebbe la valigia fatta e partirebbe per non tornar più chi sa per quanto tempo! Come breve era la vita, e le cose senza ritorno! L’unico dei suoi amici che capisse sino al fondo la sua arte, la cui arte fosse vicina alla sua e la valesse, quell’amico impareggiabile egli lo aveva spaventato e tediato, lo aveva indisposto e raffreddato, proprio per sciocca debolezza e per comodità, per quel bisogno puerile e maleducato di deporre di fronte a un amico ogni soggezione, di non custodire di fronte a lui i propri segreti, di non serbare un contegno. Qaunto sciocco era stato egli mai, quanto infantile! Così si rimproverava Klingsor, ma troppo tardi.
    L’ultimo giorno vagabondarono assieme lungo le valli dorate; luigi era di ottimo umore; al suo cuore di uccello migrante ogni partenza era gioia. Klingsor lo assecondava; avevano trovato il vecchio tono leggero, scherzoso e burlevole, e non lo lasciarono più. La sera sedettero nel giardino dell’osteria. Si fecero preparare dei pesci fritti, del risotto coi funghi, e condirono le pesche con il maraschino.
    – Dove andrai domani? – domandò klingsor.
    – Non so. –
    – Vai a raggiungere quella bella signora? –
    – Sì. Forse. Chi può saperlo? Non far tante domande. Per chiusa del pranzo adesso berremo vino bianco ma eccellente. Io sto per il Neuenburger. –
    Bevettero; a un tratto Luigi esclamò:
    – E’ bene ch’io parta, vecchio squalo! Talvolta quando siam lì seduti vicino, adesso per esempio, mi viene in testa una cosa idiota. Penso: ecco qua i due pittori della Germania odierna, e allora mi sento nelle ginocchia una strana sensazione come senoi due si fosse di bronzo e stessimo in piedi su un monumento tenendoci per mano, sai, come quei due là a Weimar. Anche Goethe e Schiller non ne possojno mica niente se li hanno obbligati a star lì per l’eternità, stringendosi le bronzee mani, e di colpo ci son diventati odiosi e insopportabili. Forse erano due simpaticoni, di Schiller ho letto una volta un dramma che era bello, ma bello, ti dico! E adesso ecco cos’è diventato: una bestia rara, una celebrità, e gli e gli tocca passare ai posteri col suo fratello siamese, testa di gesso contro testa di gesso, e in giro dai librai ci sono le loro “opera omnia”, e nelle scuole le spiegano. Atroce! Figurati un professore che fra cent’anni spieghi agli allievi di liceo: Klingsor, nato nel 1877, e il suo contemporaneo Luigi, detto il ghiottone, rinnovamento della pittura, liberazione dal naturalismo dei colori; a un attento esame l’opera loro si scompone in tre periodi, facilmente identificabili. Che schifo! Piuttosto mi getto oggi stesso sotto una locomotiva. –
    – Sarebbe meglio gettarvi i professori. –
    – Non ci sono locomotive abbastanza grosse per questo. La meccanica moderna è così meschina! –
    Già sorgevano le stelle. D’un tratto Luigi urtò il suo calice contro quello dell’amico.
    – Tocchiamo e vuotiamo il bicchiere. Poi io salgo sulla mia bicicletta e via. Niente lunghi addii! Il conto è pagato. Salute, Klingsor! –
    Toccarono, vuotarono il bicchiere. Nel giardino Luigi montò in bicicletta, sventolò il cappello, sparì. Notte, stelle. Luigi era in Cina. Luigi era una leggenda. Klingsor sorrise mestamente. Come amava quell’uccello migratore! A lungo riamse lì, ritto sulla ghiia del giardino dell’osteria, guardando la strada vuota. […]

  17. Grazie di tutto, carissima Vale. Grazie anche per il bellissimo “stralcio” che hai riportato…

    Un grande abbraccio! 🙂

  18. Ti abbraccio forte anche io, Luigi! Mi sentirò a due metri da terra; riportami giù pian pianino, poichè soffro di vertigini! 😀

  19. Grazie Carissimo Luigi 😀
    Grazie per questa lirica, grazie di esserci con il tuo radioso poetico cuore.

    Quando le corde del Sitar del proprio cuore sono accordate ed in armonia con l’unisono, subito si mostra la magica poesia dell’anima.

  20. Grazie, Raffaele, grazie di cuore. Ti stringo forte… 🙂

  21. canto non come voce del verbo cantare ma “una qualità personale”.che ci può avvicinare alla n/s radice dell’esistenza.
    🙂

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