4 Risposte

  1. magico 🙂

  2. Credo che la volpe abbia trasmesso, attraverso una semplice lezione di economia e di sociologia, la sapienza che usa simboli e aneddoti per parlare al bambino che è in ognuno di noi, il solo in grado di recepirli, perchè impari a riconoscere, discernere, il particolare, che distingue una “cosa” da un’altra uguale, e riconoscerlo in se stesso. Prendere coscienza della propria identità, infondo, è anche un rituale di graduale maturazione. Perché, infondo, ognuno di noi è quello che non si vede…
    Soltanto un occhio esperto di “addomesticamenti”, saprà dire chi siamo e contraddire quell’ideologia della crescita che muove l’età della tecnica e che “ci vede” come “anelli insignificanti e intercambiabili” della sua catena di produzione di massa fine a se stessa… La catena produttiva non è dissimile dalla catena alimentare: entrambe non portano la conoscenza, la responsabilità, la cura del tempo che l’addomesticamento garantisce.
    Per spezzare queste catene bisogna imparare la tecnica dell’addomesticamento, dunque, dice la volpe, che consiste in riti che fanno un giorno diverso dagli altri e una rosa diversa dalle altre perchè ha prodotto amore in chi l’ha curata. E reciprocità di affetti è conoscenza di sé e del mondo intorno. Ah, sì, certo: il guadagno! Il guadagno è il colore del grano. Scusate se è poco.

  3. Sento di dover dire che personalmente non ho guadagnato il colore del grano dagli amici calvi che con affetto mi hanno addomesticata e che ho con affetto addomesticato, ma abbiamo diviso equamente la memoria del colore delle castagne dei miei capelli. Un caro saluto.

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