La pazienza è la più eroica delle virtù, perché non ha alcuna apparenza d’eroico.
Giacomo Leopardi
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La pazienza è la più eroica delle virtù, perché non ha alcuna apparenza d’eroico.
Giacomo Leopardi
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Nel 1975 (addirittura sull’autoritario Lancet) e poi in consistenti pubblicazioni successive, ad alcuni psicologi e psichiatri venne in mente di coniare la diagnosi “Sindrome di Diogene”, un disordine comportamentale che sarebbe:
“caratterizzato da un’estrema disattenzione alle necessità basilari, come l’igiene personale e le cure mediche. La sindrome è conosciuta anche con altri nomi, ad esempio come sindrome dello squallore senile. Colpisce per lo più anziani che vivono soli. I sintomi includono principalmente l’abbandono delle norme igieniche personali. La sindrome è accompagnata spesso da malattie fisiche. Si manifesta in associazione a syllogomania, l’accumulo patologico di oggetti, anche immondizia, che il malato considera che possano essere ancora utili. Lesioni al lobo frontale possono giocare un ruolo nel sorgere della sindrome”.
Orbene, personalmente ho incontrato una paziente che aveva la singolare abitudine di accumulare multe che sottraeva dalle automobili, nella bizzarra e purtoppo infondata convinzione che in questo modo avrebbe evitato alle persone di doverle pagare. In effetti il suo stato in termini di igiene personale era deteriorato col passar del tempo, e non accettava di buon grado di incontrare alcun medico. A parte il caso specifico, so bene quanto alcune forme di demenza o psicosi senili (o altre sindromi organiche) interferiscano con l’autonomia e la dignità della persona e possano essere motivo di sofferenza non soltanto ai pazienti ma anche ai famigliari.
Tuttavia Diogene di Sinope, a mio modesto avviso, non ha nulla a che vedere con tutto ciò. Non solo non è mai stato considerato nella tradizione un accumulatore compulsivo, ma solamente come una persona che aveva vissuto con il minimo indispensabile.
Visse a Corinto dopo essere stato esiliato perché accusato di forgeria e per il resto della sua vita si dedicò interamente a predicare le virtù dell’autocontrollo. La virtù, per lui, consisteva nell’evitare qualsiasi piacere fisico superfluo, rifiutare drasticamente, non senza esibizionismo, le convenzioni e i tabù sessuali, oltre che i valori tradizionali come la ricchezza, il potere, la gloria; tutte le crescite artificiali della società gli sembravano incompatibili con la verità e la bontà; la moralità porta con sé un ritorno alla natura e alla semplicità.
Secondo quanto ci tramanda il sesto libro della “Vita dei filosofi” di Diogene Laerzio, Diogene è stata la prima persona conosciuta ad aver utilizzato il termine “cosmopolita”. Difatti, interrogato sulla sua provenienza, Diogene rispose: “Sono cittadino del mondo intero”. Si trattava di una dichiarazione sorprendente in un’epoca dove l’identità di un uomo era intimamente legata alla sua appartenenza ad una polis particolare. Citando le sue parole, “l’Uomo ha complicato ogni singolo semplice dono degli Dei”. Ai Giochi Istmici tenne discorsi a pubblici consistenti che lo seguivano dal periodo di Antistene. Fu probabilmente ad uno di quegli eventi che incontrò Alessandro il Grande. La storia narra che Alessandro, affascinato dalla possibilità di incontrare faccia a faccia il famoso filosofo (nella sua botte), chiese se non ci fosse qualche desiderio che avrebbe potuto esaudirgli. Diogene gli rispose di non frapporsi tra lui e il sole, al che Alessandro replicò: “Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene”.
Mi chiedo dunque: cosa accadrebbe oggi se il vero Diogene finisse nelle mani di uno psichiatra “troppo ortodosso”? Finirebbe sotto psicofarmaci?
E mi chiedo infine: ma non sarà che l’uomo ancora oggi continua a complicare un po’ i “semplici doni degli Dei”?
Dr Massimo Lanzaro
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C’è una virtù che molto amo, l’unica. Essa ha nome tenacia. Delle molte virtù di cui leggiamo nei libri e di cui sentiamo parlare i maestri non so che farmene. E, d’altro canto, tutte le molte virtù che l’uomo si è inventato potrebbero essere raccolte sotto un’unica denominazione. Virtù significa obbedienza. Solo che c’è da chiedersi a chi si obbedisce. Anche la tenacia, infatti, è obbedienza. Ma tutte le altre virtù, tanto amate e lodate, sono obbedienza a leggi che sono state imposte da uomini; soltanto la tenacia non si inchina a queste leggi. Chi è tenace obbedisce infatti a un’altra legge, una legge particolare, assoluta, ente sacra, la legge che ha in se stesso, il “tenere a se stesso”.
Hermann Hesse Il coraggio di ogni giorno
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Sole senz’ombra su virili corpi
abbandonati. Tace ogni virtù.
Lenta l’anima affonda – con il mare –
entro un lucente sonno. D’improvviso
balzano – giovani isolotti – i sensi.
Ma il peccato non esiste più.
Sandro Penna
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Sole senz’ombra su virili corpi
abbandonati. Tace ogni virtù.
Lenta l’anima affonda – con il mare –
entro un lucente sonno. D’improvviso
balzano – giovani isolotti – i sensi.
Ma il peccato non esiste più.
Sandro Penna
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Amatissimi,
vi propongo oggi questo particolare dipinto del grande pittore Giovanni di Niccolò Luteri, detto comunemente Dosso Dossi (1486? – 1542 ca.), uno dei principali artisti attivi alla corte ferrarese degli Este all’epoca dell’Ariosto.
Caliamoci ora in quell’epoca e nella Ferrara nel primo Cinquecento, e comprendiamo i complessi intrecci allegorici ed esoterici che animano l’opera. Che vi sia un messaggio nascosto, “secreto”? Aspetto le vostre riflessioni.
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La virtù è simile a una città collocata sopra una montagna: non può restar nascosta. Noi possiamo celare – se vogliamo – per un po’ di tempo i nostri vizi, ma la virtù si manifesta sempre.
Oscar Wilde
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Ritorna in te stesso e guarda: se non ti vedi ancora interiormente bello, fa come lo scultore di una statua che deve diventar bella. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, leva tu il superfluo, raddrizza ciò che è obbliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non cessare di scolpire la tua propria statua, finché non ti si manifesti lo splendore divino della virtù e non veda la temperanza sedere su un trono sacro.
Plotino
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La virtù non ha padroni: quanto più ciascuno la onora, tanto più ne avrà.
Platone
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Un giorno scoprii un piacere nuovo e proprio mentre lo sperimentavo, un angelo e un diavolo si incontrarono alla mia porta e subito si diedero battaglia; l’uno asserendo che il mio piacere di nuovo conio era un vizio e l’altro una virtù… e ancora combattono.
Seneca
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…la principale virtù della donna è la compassione: l’assenza di ogni
isolamento egoistico, l’apertura e la partecipazione. Anche nel sesso, l’uomo è
aggressivo, mentre la donna si apre. L’apertura a quell’energia onnipresente
che è il fondamento di tutti noi è la compassione. Riconoscere questo
sentimento spontaneo, abbracciarlo e manifestarlo nell’azione costituisce il
potere della donna.
Joseph Campbell
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