Strinsi le mani sotto il velo oscuro…

Strinsi le mani sotto il velo oscuro…
“Perché oggi sei pallida?”
Perché d’agra tristezza
l’ho abbeverato fino ad ubriacarlo.

Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smorfia di dolore…
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.

Soffocando, gridai: “E’ stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai”.
Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse: “Non startene al vento.”

Anna Achmatova

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Anche mi fugge la mia compagnia

Anche mi fugge la mia compagnia,
donne di ghetto, giullari di taverna,
fra cui passai gran tempo,
e morta è la ragazza
a cui ardeva il volto perenne
unto d’olio della pasta azzima
e la buia carne d’ebrea.

Forse è mutata pure mia tristezza,
come fossi non mio,
da me stesso scordato.

Salvatore Quasimodo

Strinsi le mani sotto il velo oscuro…

Strinsi le mani sotto il velo oscuro…
“Perché oggi sei pallida?”
Perché d’agra tristezza
l’ho abbeverato fino ad ubriacarlo.

Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smorfia di dolore…
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.

Soffocando, gridai: “E’ stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai”.
Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse: “Non startene al vento.”

Anna Achmatova

Canzone

Ho detto al cuore, al mio debole cuore:
non è abbastanza una donna da amare?
E non ti accorgi che il continuo cambiare
sperpera il tempo felice in desideri?

Lui m’ha risposto: Non è abbastanza,
non è abbastanza una donna da amare;
e non ti accorgi che il continuo cambiare
fa cari e dolci i passati piaceri?

Ho detto al cuore, al mio debole cuore:
non ne hai abbastanza di tanta tristezza?
E non ti accorgi che il continuo cambiare
a ogni passo ti rinnova il dolore?

Lui m’ha risposto: Non ne ho abbastanza,
non ne ho abbastanza  di tanta tristezza:
e non ti accorgi che il continuo cambiare
fa care e dolci le passate amarezze?

Alfred De Musset

Sul lavoro

Il lavoro è il vero antidoto alla tristezza.

Arthur Conan Doyle

L’amore si muove per venirci incontro

Mi sono messa a immaginare come mi sarebbe piaciuto vivere quel momento. Mi sarebbe piaciuto essere piena di gioia, curiosa, felice. Vivere intensamente ogni istante, dissetarmi con l’acqua della vita. Avere di nuovo fiducia nei sogni. Essere capace di lottare per ciò che desideravo. Avere un uomo che mi amava.
Si, era davvero questa la donna che avrei voluto essere e che, all’improvviso, compariva e si trasformava in me.
Ho sentito la mia anima inondata della luce di un Dio, o di una Dea, in cui non credevo più. E ho percepito che, in quel momento, l’Altra abbandonava il mio corpo e si sedeva in un angolo della piccola camera. Io guardavo la donna che ero stata sino ad allora: era debole, ma fingeva di essere forte. Aveva paura di tutto, ma diceva a se stessa che non si trattava di paura, bensì della saggezza di chi conosce la realtà. Costruiva pareti intorno alle finestre da cui penetrava la gioia del sole, affinché i suoi mobili non si sbiadissero.
Ho visto l’Altra seduta nell’angolo della camera, fragile, stanca, delusa. Controllava e schiavizzava quello che avrebbe dovuto essere sempre libero: i sentimenti. Tentava di giudicare l’amore futuro in base alla sofferenza passata.
L’amore è sempre nuovo. Non importa che amiamo una, due, dieci volte nella vita: ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo. L’amore può condurci all’inferno o al paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. È necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza. Se non lo accettiamo, moriremo di fame pur vedendo i rami dell’albero della vita carichi di frutti: non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli. È necessario cercare l’amore là dove si trova, anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e tristezza.
Perché, nel momento in cui partiamo in cerca dell’amore, anche l’amore muove per venirci incontro.
E ci salva.
(Paulo Coelho – Sulla sponda del fiume piedra mi sono seduta e ho pianto)

Da domani sarò triste

Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi sarò contento.
… A che serve essere tristi, a che serve?
Perché soffia un vento cattivo?
Perché dovrei dolermi oggi del domani?
Forse il domani è buono
Forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà ancora il sole
E non vi sarà motivo di tristezza.
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento.
A e ogni amaro giorno dirò:
“Da domani sarò triste. Oggi no”

(muro del ghetto di Varsavia nel 1941)

Le tenebre

 Nelle cave d’insondabile tristezza
dove il Destino già m’ha relegato,
dove mai entra raggio roseo e gaio,
dove solo con quell’ospite rude ch’è la Notte,

sto come un pittore condannato
da un beffardo Dio a dipingere sulle tenebre,
dove, cuoco di funebri appetiti,
faccio bollire e mangio questo cuore,

a tratti brilla, s’allunga e si distende
uno spettro fatto di grazia e di splendore.
Ma quando assume la sua massima estensione,

con quell’orientale sognante andatura,
allora si che riconosco chi mi viene incontro:
è Lei, la mia bella, nera ma sempre luminosa!

Charles Baudelaire

Si estendon muti

Si stendon muti nella notte oscura
di Grusia i colli, rumoreggia l’Aragva,
dinanzi a me. Triste son io, ma lieve
dolce, raggiante è la tristezza,
piena di te sola, di te. Nulla amareggia …
nulla quell’alta solitudin turba,
e di nuovo il mio cuor s’accende ed ama
il cuor che a non amar si sforza invano.

Aleksandr Sergeevič Puškin

Ricordo il meraviglioso istante

Ricordo il meraviglioso istante: davanti a me apparisti tu,
come una visione fugace, come il genio della pura bellezza.

Nei tormenti di una tristezza disperata, nelle agitazioni di una rumorosa vanità,
suonò per me a lungo la tenera voce, e mi apparvero in sogno i cari tratti.

Passarono gli anni. Il ribelle impeto delle tempeste disperse i sogni di una volta,
e io dimenticai la tua tenera voce, i tuoi tratti celestiali.

Nella mia remota e oscura reclusione trascorrevano quietamente i miei giorni
senza divinità, senza ispirazione, senza lacrime, senza vita, senza amore.

Ma venne dell’anima il risveglio: ed ecco di nuovo sei apparsa tu,
come una visione fugace, come il genio della tua pura bellezza.

E il cuore batte nell’inebriamento, e sono per esso risuscitati di nuovo
e la divinità e l’ispirazione, e la vita, e le lacrime e l’amore.

Aleksàndr Puškin

Vieni sempre, vieni!

Non avvicinarti.
La tua fronte, la tua infuocata fronte, la tua accesa fronte,
le impronte di certi baci,
questo bagliore che anche di giorno si vede se t’avvicini,
questo bagliore contagioso che mi rimane in mano,
questo fiume luminoso dove immergo le braccia,
dove non oso quasi bere,
per timore poi d’una vita d’ura ornai d’astro brillante.
Non voglio che tu viva in me come vive la luce,
con questo isolamento di stella che si unisce alla sua luce,
cui l’amore è negato attraverso lo spazio
duro e azzurro che separa e non unisce,
dove ogni astro inaccessibile
è una solitudine che, gemebonda, trasmette la sua tristezza.
La solitudine scintilla nel mondo senza amore.
La vita è una vivida corteccia,
una rugosa pelle immobile
dove l’uomo non può trovare il suo riposo,
per quanto scagli i suoi sogni contro un astro spento.
Ma tu non avvicinarti.
La tua fronte sfavillante,
carbone acceso che mi strappa alla stessa coscienza,
duello sfolgorante in cui di colpo provo la tentazione di morire,
di bruciarmi le labbra con il tuo contatto indelebile,
di sentirmi la carne disfarsi contro il tuo diamante rovente.
Non avvicinarti,
perché il tuo bacio si prolunga come l’urto impossibile delle stelle,
come lo spazio che all’improvviso s’incendia,
etere propagante dove la distruzione dei mondi
è un unico cuore che totalmente s’infiamma.
Vieni, vieni, vieni
come il carbone consunto e oscuro che racchiude una morte;
vieni come la notte cieca che mi avvicina il suo volto;
vieni come le due labbra segnate dal rosso,
per quella lunga linea che fonde i metalli.
vieni, vieni, amore mio; vieni, ermetica fronte, rotondità quasi movente
che brilli come un’orbita che nelle mie braccia si estingue;
vieni come due occhi o due profonde solitudini,
come due imperiosi richiami da una profondità che non conosco.
Vieni, vieni, morte, amore: vieni subito, ti distruggerò;
vieni, che voglio ammazzare, o amare, o morire, o darti tutto;
vieni, che tu rotoli come pietra lieve,
confusa come una luna che chiede i miei raggi!

Vicente Aleixandre

Voci

Voci aritmiche lontane
rinascono

Radici
firmamenti
come scrosciare di cascata
confuso
con itineri già tracciati
trapunti
dal suono del silenzio
in un presente
che ci possiede in catene
nei lazzaretti del Sud

Antiche tristezze
trafiggono
le parole di sempre
tremanti al vento
chissà perchè velato d’argento
il mare confonde
i linguaggi dell’uomo
intessuto
di primavere fallaci
e gli anni dispersi
in frammenti d’utopie

Memorie
di voci scordate

M.Allo