Buongiorno a tutti… vorrei una vostra opinione sulla riflessione di Valeria
Scusate se banalizzo… Il giorno in cui non proveremo più vergogna del dolore, di soffrire, di condividere il “nostro” dolore, troveremo la risoluzione, la cura adatta ai nostri mali. Sono convinta che la maggior parte di essi dipenda da un rifiuto, superficialmente enunciato, di noi stessi nei confronti di una parte, “quella” parte, di noi. Fin troppe coincidenze nel mio “vissuto” mi inducono, mi portano a pensare che la psiche possa “non volere” rappresentare” quel “concetto” e la sua forma, aggredendo l’organo bersaglio da cui quel “concetto” è somatizzato. Come quando il Buono affiora… in superficie: non può non prendere forma e riflettersi nell’Altro. Ci si Innamora di se stessi…, del buono che riusciamo a trasmettere e ad estrarre dagli altri: quando questo avviene, salvare gli altri Innamora. Ed appassiona. Nell’Unità. Se non è immortalità e libertà e rispetto, cos’è? Il limite, apparentemente infranto nel “trasferirsi” nell’Altro, permane perchè la coscienza non viene meno, è vigile; sta nella scelta fatta. E una scelta non limita, perchè nella scelta è la propria vocazione!
(Mi assumo la responsabilità di tutto quello che ho quì scritto!) Con affettoValeria
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