Anche mi fugge la mia compagnia,
donne di ghetto, giullari di taverna,
fra cui passai gran tempo,
e morta è la ragazza
a cui ardeva il volto perenne
unto d’olio della pasta azzima
e la buia carne d’ebrea.
Forse è mutata pure mia tristezza,
come fossi non mio,
da me stesso scordato.
Salvatore Quasimodo
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