Pandora

(Jules Joseph Lefebvre, Pandora, 1882)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Epimeteo, angosciato per la sorte di suo fratello (Prometeo) si affrettò a sposare Pandora, che per volontà di Zeus era stupida, malvagia e pigra quanto bella: la prima di una lunga serie di donne come lei. Subito essa aprì il vaso che Prometeo aveva affidato a Epimeteo raccomandandogli di tenerlo chiuso, e nel quale si trovavano tutte le Pene che possono affliggere l’umanità: la Vecchiaia, la Fatica, la Malattia, la Pazzia, il Vizio e la Passione. Subito esse volarono via a stormo e attaccarono i mortali. Ma la fallace Speranza che Prometeo aveva pure chiuso nel vaso, li ingannò con le sue bugie ed evitò così che tutti commettessero suicidio”.

Da “I miti greci” di Robert Graves, edizioni Longanesi.

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Nel tempo del ferro più nero

Cari amici, le riflessioni di Raffaele, meritano la vostra attenzione ed il vostro “approfondimento”

Carissimo Prof.. Gabriele, e’ come dice il suo prezioso illuminato essere.

un mio sommante pensiero che scaturisce dall’aver osservato in una foto una scultura posta all’ingresso della cattedrale di “Notre Dame” a Parigi, dedicata appunto la nostra Divina Madre Interna. Questa scultura è di dimensione ridotte rispetto al tutta l’opera, ma sta alla base di una colonna centrale ai piedi del Cristo, un simbolo ben preciso, posto apposta ai posteri come per indicarci che ella è la base, è il mezzo del nostro lavoro per costruire la chiesa interiore, la sancta sanctorum, che attraverso l’auto osservazione, attraverso l’attenzione introspettiva permette di risvegliare la divina coscienza del vero sé superiore che attraverso il sacro fuoco conduce di riflesso alla morte interiore degli ego, è di conseguenza, dissolta gran parte dell’illusione a quella trasmutazione che conduce ad elevare l’essere al suo Cristo interiore, all’illuminazione….alla gnosi, alla vera conoscenza, alla saggezza antica…

Da quella divina scala siamo ridiscesi e, con quella stessa scala possiamo elevarci all’essere superiore che risiede nei cieli interiori, nei chakra superiori, nella pineale, nell’infraciglio. La magia sessuale, la pietra scartata dai costruttori, il fuoco mercuriale che trasforma il piombo in oro, la divina madre celeste, la divina Kundalini… ma tutto deve passare per le porte del cuore attraverso ogni saggio rituale amorevole matrimonio perfetto, nella sinergica/consapevole alchemica fusione fisica e soprattutto energetica generano i i corpi astrali/lunari e soprattutto i corpi solari che permettono di far rinascere la fenice dalle sue ceneri, far volare il serpente piumato. E’il simbolo del caduceo, degli alchimisti e di tanti maestri di saggezza di ogni tempo, Il doppio serpente attorcigliato 3 volte.

Questa è la via rivelata nei vangeli così come in tanti testi antichi, non hanno niente a che vedere con la dottrina, con il credo, con la morale, con la religione che qualcuno furbescamente ha imposto, adattando quella dottrina secreta, quella non capita dottrina esoterica ad un credo, ad una falsa religione, per generare sudditanza, per alimentare le paure, per addormentare la coscienza dell’essere interiore, per imporre un fantomatico peccato originale, per trasmettere quell’induttanza psicologica che ha fatto nascere un fantomatico inesistente diavolo (in ogni aspetto della natura ci sono quelle necessarie contrapposte forze).

QUEL DIAVOLO IN EFFETTI E’ PROMETEO/LUCIFERO CULUI CHE RUBO’ L’ALBERO DELLA CONOSCENZA,DELLAL VITA E DELLA MORTE, IL FOCO SACRO AGLI DEI, PER FARNE DONO AGLI UOMINI DI SAGGEZZA DI QUEL TEMPO AFFINCHE’ CI FOSSE STATO SEMPRE UN INSEGAMENTO , UN FARO, UNA LUCE PER GLI UOMINI.

Quella superiore nascosta dottrina ci è stata trasmessa nel tempo superando anche tutte le barriere dovute ai tanti errori di trascrizione e adattamenti che volutamente e malevolmente sono stati apportati ai testi originali, sempre per quell’illusorio malevolo potere basato sull’ignoranza indotta. Ma attraverso quella simbologia intuitiva, attraverso quel linguaggio ermetico nascosto, per chi sa leggere con l’intuitivo cuore, anche per cemento poche cose, cose, come quella chiave di lettura, con quella chiave di volta; si riesce a capire le verità o a ricostruire le verità mancanti.

Carissimo Prof. Gabriele siamo nel tempo del ferro più nero, ma anche di quel richiesto risveglio di maggiore coscienza collettiva, è il tempo della raccolta o della mietitura di quello che fu seminato in un lontanissimo tempo assai passato, 700.000 anni fa. E’ il tempo delle grandi riscoperte verità… Così come fu detto dal grande INIZIATO Gabir Gesù (L’ESSENO Yeshua ben Panthera)
SOLO LE VERITA’ VI RENDERANNO VERAMENTE LIBERI……

Porto XVII

Esistono tre stanze «segrete» nel cinquecentesco palazzo dei Corgna a Castiglione del Lago, sul Trasimeno. Sembra che a ispirarne gli affreschi sia stata la bizzarra personalità di Cesare Caporali, membro dell’Accademia degli Insensati di Perugia con il nome di Stemperato.

Caporali, ricordato da Miguel de Cervantes nel poema Viaje del Parnaso pubblicato nel 1614, aveva servito il cardinale Giulio Acquaviva a Roma. Nello stesso periodo e nelle medesime stanze lavorava il genio del Don Quijote che, a sua volta, aveva combattuto al fianco di Ascanio Corgna nella battaglia di Lepanto, nel 1571.

Questo collegamento fra spiriti eccentrici spiegherebbe le singolari stanze «segrete» di Castiglione, abitate da uno straordinario susseguirsi di rebus iconografici.

Vi è rappresentato un Mundus inversus che accosta mito, fiaba, storia e metafore nella raffigurazione di tre temi principali: gli «incauti trasgressori», i «grandi puniti» e il «mondo alla rovescia» nella prima sala nella quale si fronteggiano Tizio, Prometeo, Ganimede, Narciso e Callisto; le Muse nella seconda stanza e le Metamorfosi nella terza.

Adibite probabilmente a salotto letterario tra i più esclusivi, le sale costituivano forse una sorta di rifugio dell’anima, quello che oggi diremmo un luogo di decompressione dalle nevrosi.

E all’anima esse restituivano giustizia e serenità rappresentando un mondo nel quale i topi seviziano i gatti e altre vittime del mondo animate trionfano contro i loro abituali carnefici.

Gli elementi di questo universo irriverente concorrono a testimoniare l’intima intesa tra pittore, poeta e committente e a esaltare il mito di Apollo nei suoi molti travestimenti: Apollo Targello, o il calore che matura i frutti, Apollo Sminteo, o il distruttore dei topi, Apollo Parnopio, o il mangiatore di cavallette, Apollo-tartaruga, o serpente che seduce la ninfa Driope.

Ma altre chiavi soccorrono il visitatore della prima stanza, la più inquietante: la parete della fatica in cui Tizio si contrappone a Prometeo (al centro della parete dirimpettaia), e la vanità di Narciso che controbilancia l’affanno di Ganimede, secondo le leggi intime di un seducente quadrilatero. Sulla volta splende la celeste violazione di Callisto, immortalato nella Costellazione dell’Orsa, detta dai romani septem triones, cioè «sette buoi».

Nell’Interiorità di Anima — “Conoscenza dell’amore”

Conoscenza dell’amore

Esistono studi ponderosi che assorbon del tutto la mente

dei loro cultori – che sono infecondi sgobboni:

ma chi li ha visti, i frutti di tante pesanti fatiche?

L’amore invece, che occhi di donna han dapprima ispirato,

non vive di se stesso, murato nel nostro cervello,

ma nobile e fluido, al pari di ogni altro elemento vitale,

invade, rapido come il pensiero, le facoltà umane,

e di ciascuna raddoppia la forza e il vigore,

mentre trascende ed esalta la loro funzione.

L’amore fa dono a chi ama di un occhio sì acuto

che un occhio d’aquila n’è abbacinato, se prova a fissarlo.

[…] E quando è l’Amore a parlare, gli Dei gli rispondono in coro,

e tutto il cielo s’inebria a cotanta armonia.

Nessun poeta osa mai metter mano alla penna,

senza aver prima stemperato l’inchiostro in lacrime d’amore.

Solo così conquista il poeta le orecchie dei barbari,

solo così riesce a ammansire un crudele tiranno.

Questa teoria io l’attingo dagli occhi delle donne:

son essi a custodire, da sempre, il fuoco di Prometeo.

Son essi i libri, le arti, le scienze di un’accademia

che spiega, comprende e alimenta ogni umana realtà.

Senza di essi, nessuno avrà mai creato qualcosa di eterno.

William Shakespeare, Pene d’amor perdute, IV, 1 (IV, 3) vv. 323-333, 343-353, Mondadori, 1993, pagg. 133-135