Non è amore

Non è amore. Ma in che misura è mia
colpa il non fare dei miei affetti
Amore? Molta colpa, sia
pure, se potrei d’una pazza purezza,
d’una cieca pietà vivere giorno
per giorno… Dare scandalo di mitezza.
Ma la violenza in cui mi frastorno,
dei sensi, dell’intelletto, da anni,
era la sola strada. Intorno a me
alle origini c’era, degli inganni
istituiti, delle dovute illusioni,
solo la Lingua: che i primi affanni
di un bambino, le preumane passioni,
già impure, non esprimeva. E poi
quando adolescente nella nazione
conobbi altro che non fosse la gioia
del vivere infantile – in una patria
provinciale, ma per me assoluta, eroica
fu l’anarchia. Nella nuova e già grama
borghesia d’una provincia senza purezza,
il primo apparire dell’Europa
fu per me apprendistato all’uso più
puro dell’espressione, che la scarsezza
della fede d’una classe morente
risarcisse con la follia ed i tòpoi
dell’eleganza: fosse l’indecente
chiarezza d’una lingua che evidenzia
la volontà a non essere, incosciente,
e la cosciente volontà a sussistere
nel privilegio e nella libertà
che per Grazia appartengono allo stile.

Pier Paolo Pasolini

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“Non amo…”

Non amo il nuovo tipo di civiltà borghese, in cui mi tocca vivere, non amo l’applicazione della scienza, questo serrato, inesorabile, ciclo di produzione e consumo, non amo l’uomo trasformato in consumatore”.

Pier Paolo Pasolini

I dieci comandamenti. Primo: non guardare dove mirano i riflettori

“Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. Attraverso due rivoluzioni, interne all’organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d’informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno oramai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d’informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Gli italiani hanno accettato con entusiasmo questo nuovo modello che la televisione impone loro secondo le norme della Produzione creatrice di benessere (o, meglio, di salvezza dalla miseria)”.
(Pierpaolo Pasolini, “Corriere della Sera”, 9 dicembre 1973)
Quando durante la conferenza stampa di presentazione di questo viaggio fuori dal comune nella città di Napoli Domenico Iannacone cita i Comizi d’amore (celebre film-documentario del 1965 diretto da Pier Paolo Pasolini) la staffa, l’incudine e il martello, ma anche i coni e i bastoncelli di una persona sempre suo malgrado selettiva quando si parla di televisione (il sottoscritto) cominciano a risvegliarsi dallo strascico di letargico tepore settembrino.Apprendo dunque che per la serie de “I Dieci Comandamenti”, il 26 settembre su Rai3 in prima serata andrà in onda lo speciale “Spaccanapoli”, presentato in anteprima al Prix Italia in corso a Torino. Ad aiutare Iannacone nei suoi personali comizi troviamo vari “personaggi guida”: Gaetano Di Vaio, ad esempio, una vita da giovane delinquente e tossicodipendente alle spalle ed ora produttore cinematografico (“Sotto la stessa luna”, il suo primo film, racconta dei rom; ha prodotto, tra l’altro, anche “Napoli Napoli Napoli” di Abel Ferrara), attore e scrittore: riuscireste ad immaginare outcomes riabilitativi migliori? Poi c’è Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni dal temperamento vulcanico ed istrionico (non perdetevi le sue geniali operazioni, tra eros e tanatos, di velamento e svelamento: sarebbero di certo piaciute a Marcel Duchamp).Giunto alla terza stagione, “I Dieci Comandamenti” prosegue il 3 ottobre con quattro appuntamenti settimanali in seconda serata. La prima puntata dopo lo speciale sarà un’appendice di “Spaccanapoli”. “Racconto ‘l’altro mare’ – dice Iannacone -, una sorta di microcosmo, ispirato ad un vecchissimo lavoro di Sergio Citti ‘Casotto’. Quel mare di Napoli sembrava scomparso, invece “i tre scalini”, la discesa di Posillipo, attaccato a Mergellina, il lido ‘mappatella’, è lì ed è un pezzo di società intera. Mi sono accorto che conteneva tutti i luoghi e tutte le persone, dal contrabbando di sigarette alla vendita di granita in maniera illegale, il rapinatore… è stata tutta una giornata particolare. Un pezzo di città, un’altra città”.Ma tutto sommato, perchè la curiosità di uno psichiatra?Ecco. Iannacone ama intercettare “personaggi strani, persone che apparentemente non dicono nulla”. E lo fa “alla Rogers”: con empatia, calore non possessivo, ascolto partecipe e riflessivo, garbo ricco anche di silenzi se opportuno.Vicino Roma – dice – ho incontrato un ‘mattarello’, che ha costruito il suo museo di oggetti che trova, ma “non ha la sindrome di Diogene (disposofobia?). Lo fa con cognizione (sic)”. Raccoglie e accumula opere (anche) d’arte. Dice: ‘Io sono come Noè, voglio salvare la distruzione degli oggetti’. Ha materiali del ‘500, opere veneziane del ‘400. E sotto casa sua sta costruendo delle nicchie dove mura gli oggetti. Nella puntata si vedrà mentre con lui muro con la calce alcuni oggetti, li imprigioniamo. Lui ha la speranza che tra circa 50 anni, quando non ci sarà più, qualcuno li scoprirà”.In questo viaggio Iannacone si è imbattuto poi in un pugliese che a quanto pare è convinto (in maniera delirante cronica?) di essere Freddie Mercury. “È il suo sosia – afferma Iannacone -. Ne è il ritratto spiazzante. E riscuote anche un certo successo”.Insomma trovo molto interessante l’idea di “andare sempre dove apparentemente non c’è la notizia a svelare universi insospettati”, anche intrisi di un pizzico di follia (costruttiva o distruttiva). Quella follia che però sfiora il DSM-V, senza quasi mai toccarlo. Tra confini geografici e psicopatologie di confine non è (sempre) vero che bisogna guardare dove mirano i riflettori, perché il centro (o il nord o il sud) che vale di più (talora) è altrove. E chi vede questo riesce a raccontare l’anima dei luoghi.Con Pasolini Iannacone ripete (e a momenti mi convince): in tv tutti raccontano allo stesso modo. In tv è tutto replicato, spalleggiato. Io non voglio rendere seriali le emozioni”…..

Maasimo Lanzaro

Soltanto solo…

Soltanto solo,
sperduto,
muto, a piedi
riesco a riconoscere le cose.

Pier Paolo Pasolini

Ho parlato per anni…

Confesso:
ho parlato per anni
perché qualcuno capisse
quello che sento.
Stasera ti confesso
che sono entrato in un porto
ed ho cercato una nave
che mi portasse lontano.
Non voglio più vedere le cose
che mi hanno fatto sentire questo silenzio.

Pier Paolo Pasolini

Solitudine

Io avevo voglia di stare da solo, perché soltanto solo, sperduto, muto, a piedi, riesco a riconoscere le cose”

Pier Paolo Pasolini

Un “appetito” insaziabile

Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile.
Come finirà tutto ciò? Lo ignoro.

Pier Paolo Pasolini

Cecità

“Il problema è avere gli occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono. Occhi chiusi. Occhi che non vedono più. Che non sono più curiosi. Che non si aspettano che accada più niente. Forse perché non credono che la bellezza esista. Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio.”

Pier Paolo Pasolini

Sul progresso


“Non è affatto vero che io non credo nel progresso, io credo nel progresso. Non credo nello sviluppo. E nella fattispecie in questo sviluppo. Ed è questo sviluppo che da alla mia natura gaia una svolta tremendamente triste, quasi tragica.”

Pier Paolo Pasolini

Le Mura di Sana’a