Imprevedibili

Amico è una questione fra me e te
Sgranare la luce dal duro giorno
I piedi si sollevano lievi da terra
Significa che sei da qualche parte vicino
Il mio corpo indovina la tua presenza
Nessuno ha accesso al nostro consentire
C’è in noi un silenzio inimmaginabile
Come se tutti intorno camminassero in punta di piedi
Non si tratta di comprendere ma di sentire
Immagina una pietra che parla ascolta sente
Immagina una roccia che ama ed odia
Immagina il nostro incontro
I nostri presentimenti sono identici come se ci toccassimo [coi pensieri

Amico ogni volta ti conquisto
Cerco trovo perdo
Scoprendo che l’amore è altro di più che la vicinanza
Senza badare all’ora ed alle circostanze ti vengo incontro
Nelle mani filtra la sabbia da sotto i tuoi piedi
E’ il tempo che ci persuase
Ora già sappiamo che faremo in tempo
La nostra lotta era potente come l’eco di un cielo furente
Abbiamo conquistato più di quello che può sentire un [corpo
Le ferite sono solo il ricordo di ciò che ci ha resi simili
Proprio come se puntassimo allo stesso obiettivo
Riconoscendo non desideremo il riconoscibile
Sentendo non saremo adempimento del sensibile

Amico chi sono i nostri cuori?
Gli antri ghiacciati dove nascondemmo la brace dei nostri [nomi
Innevati e irraggiungibili come le cime di monti coperte [di nubi
Nel cosmo sono appena il punto più chiaro di tutte le stelle
Impercettibile reciprocità terribile e meravigliosa
L’infanzia attraverso la quale ci accorgemmo di noi
L’infanzia che ci insegnò a riconoscere le proprie tracce
Quando da noi cadrà il velo delicato riveleremo i nostri [volti
Uno di noi avrà le ali
Uno di noi avrà i piedi nudi
Ci doneremo la galassia che protegge
Ci doneremo le stagioni che alleviano il peso del [conosciuto

Amico se sei albero so il profumo delle tue foglie
Se sei pioggia assaporo il gusto di ogni goccia
Se sei uccello apro le ali
Se sei fuoco ti nutro con la fiamma
Se sei vento aspetto che in me sbricioli la pietra
Se sei uomo taccio.

Ewa Sonnenberg

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Vorrei sapessi

Mi piacerebbe esserci mentre ti asciughi le guance,
mentre abbassi la testa
ed io sono lì,
in piedi,
ma non serve più.

Per una volta nella vita assistere
a qualcosa di inutile,
qualcosa che dovrebbe essere crudele
per il piacere di esserlo.

Vorrei costringerti di me
e vorrei sapessi che sono vivo e malgrado tutto,
che sarebbe bastato esserre più umani
oppure nascondersi meglio.

Louis Ferdinand Celine

Pasqua

E Gesù rivedeva, oltre il Giordano,
campagne sotto il mietitor rimorte,
il suo giorno non molto era lontano.

 E stettero le donne in sulle porte
delle case, dicendo: Ave, Profeta!
Egli pensava al giorno di sua morte.

 Egli si assise, all’ombra d’una mèta
di grano, e disse: Se non è chi celi
sotterra il seme, non sarà chi mieta.

Egli parlava di granai ne’ Cieli:
e voi, fanciulli, intorno lui correste
con nelle teste brune aridi steli.

Egli stringeva al seno quelle teste
brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
temo per l’inconsutile tua veste;

 Egli abbracciava i suoi piccoli eredi:
-Il figlio_ Giuda bisbigliò veloce-
d’un ladro, o Rabbi, t’è costì tra ‘piedi:

 Barabba ha nome il padre suo, che in croce
morirà.- Ma il Profeta, alzando gli occhi
-No-, mormorò con l’ombra nella voce,

 e prese il bimbo sopra i suoi ginocchi.

Giovanni Pascoli

La Maddalena

“Ed, ecco, una donna in città, che era una peccatrice, quando lei seppe che Gesù sedeva nella casa dei Farisei, portò una scatola di unguento, e si levò in piedi ai suoi piedi dietro lui piangendo, e iniziò a lavare i suoi piedi, e li pulì con i capelli della sua testa, e baciò i suoi piedi, e li unse con l’unguento. 

Luca

(Francesco Hayez, La Maddalena penitente, 1825)

Orlo

La donna è infine perfetta.

Il suo corpo

Morto porta il sorriso del compimento

L’illusione di una greca necessità

Fluisce, nelle pieghe della sua toga,

I suoi piedi

Nudi sembrano dire:

Abbiamo camminato tanto, è finita.

Ogni bimbo morto, riavvolto, bianco serpente

Uno ad ogni piccola

Brocca di latte, ora vuota

Li ha piegati

Di nuovo nel corpo di lei come petali

Di una rosa si chiudono quando il giardino

S’intorpidisce e odori sanguinano

Dalle dolci, profonde gole del fiore notturno.

La luna non ha nulla di cui essere triste,

fissando dal suo cappuccio di osso

è abituata a questo tipo di cose.

Le sue macchie nere crepitano e tirano.

Silvia Plath