Ondeggia, oceano…

Ondeggia, oceano nella tua cupa
E azzurra immensità
A migliaia le navi ti percorrono invano;
L’uomo traccia sulla terra i confini,
Apportatori di sventure,
Ma il suo potere ha termine sulle coste,
Sulla distesa marina
I naufragi sono tutti opera tua,
È l’uomo da te vinto,
Simile ad una goccia di pioggia,
S’inabissa con un gorgoglio lamentoso,
Senza tomba, senza bara,
Senza rintocco funebre, ignoto.

Sui tuoi lidi sorsero imperi,
Contesi da tutti a te solo indifferenti
Che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma, Cartagine?
Bagnavi le loro terre quando erano libere e potenti.
Poi vennero parecchi tiranni stranieri,
La loro rovina ridusse i regni in deserti;
Non così avvenne, per te, immortale e
Mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde;
Il tempo non lascia traccia
Sulla tua fronte azzurra.
Come ti ha visto l’alba della Creazione,
Così continui a essere mosso dal vento.

E io ti ho amato, Oceano,
E la gioia dei miei svaghi giovanili,
Era di farmi trasportare dalle onde
Come la tua schiuma;
Fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti,
Una vera delizia per me.
E se il mare freddo faceva paura agli altri,
A me dava gioia,
Perché ero come un figlio suo,
E mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine,
E giuravo sul suo nome, come ora.

Lord Byron

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Antiveleno

Ormai abbiamo maturato la certezza che qui noi siamo un antitodo, piccolo piccolo, alla violenza odiosa che pervade il mondo.

Una fiammella. Un faro sperduto sulle coste di un Oceano tempestoso e permanentemente buio.

Mi piace, mi piace a dismisura sentirvi e percepirvi.

Non credevo in Internet. Ma voi mi donate tantissimo.

E ora, sono entusiasta di aver principiato questa storia da Cappellaio “toccato”.

(Cioè “toccato” da chi?)