Male supremo del nostro tempo

Certamente il fascismo e’ stato già sconfitto una volta, ma siamo ben lungi dall’aver sradicato definitivamente questo male supremo del nostro tempo: le sue radici sono infatti profonde e si chiamano antisemitismo, razzismo, imperialismo.”

Hanna Arendt, “La banalità del male”

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Come funziona il male

Shakespeare o Dostoevskij, pensavo io, illuminano i labirinti morali fino ai loro ultimi meandri, dimostrano che l’amore è in grado di condurre all’assassinio o al suicidio e riescono a farci provare compassione per psicopatici e malvagi; è loro dovere, pensavo io, perché il dovere dell’arte (o del pensiero) consiste nel mostrarci la complessità dell’esistenza al fine di renderci più complessi, nell’analizzare come funziona il male, per poterlo evitare, e perfino il bene, forse per poterlo imparare.”

Javier Cercas

Il male degli uomini

Il male che mi hanno fatto gli uomini non mi tocca in alcun modo: la sola paura di quello che possono ancora farmi riesce a darmi qualche pensiero; ma sicuro che non hanno nessun nuovo pretesto per causarmi un turbamento che non sia passeggero, mi rido di tutte le loro trame, e godo di me stesso, a loro dispetto”.

Jean-Jacques Rousseau, “Le passeggiate solitarie”

Il valore salvifico della cultura

La cultura permette di distinguere tra bene e male, di giudicare chi ci governa. La cultura salva”.

Claudio Abbado

L’esperienza del male

L’esperienza del male porta a una conoscenza più precisa del Bene in quegli individui nei quali la potenza è troppo debole per poter conoscere il male con pura scienza ancor prima di averlo provato”.

Plotino

Ai poeti giovani

Noi dunque conosciamo che la rosa è una rosa,
la parola una cosa, il dolore un discorso,
che la voce più sola accorda molte grida,
che ogni cuore ricorda quante anime ha percorso.

Ma stretti all’ignoranza, al pianto e alla vendetta
impotente crediamo che il male in bene torni…
Il vero è altrove: e aspetta d’essere amato, viene
e va, come il mattino che per noi prega il giorno.

Franco Fortini

Mai!

Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rimangano in silenzio.
(Edmund Burke)

Bellissima

Ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto.
(Voltaire)

Gli uomini e il cielo


“Nessuno è nato sotto una cattiva stella; ci sono semmai uomini che guardano male il cielo!”

Dalai Lama

La mia malinconia

La mia malinconia è tanta e tale,
ch’i’ non discredo che, s’egli ‘l sapesse
un che mi fosse nemico mortale,
che di me di pietade non piangesse.

Quella, per cu’ m’aven, poco ne cale;
che mi potrebbe, sed ella volesse,
guarir ‘n un punto di tutto ‘l mie male,
sed ella pur: -i’ t’odio- mi dicesse.

Ma quest’è la risposta c’ho da lei;
ched ella non mi vol né male né bene,
e ched i’ vad’a far li fatti miei;

ch’ella non cura s’i’ ho gioi’ o pene,
men ch’una paglia che le va tra’ piei:
mal grado n’abbi Amor, ch’a le’ mi diene.

Cecco Angiolieri

Il bene e il male

“Non dobbiamo più soggiacere a nulla, nemmeno al bene. Un cosiddetto bene, al quale si soccombe, perde il carattere etico. Non che diventi cattivo in sé, ma è il fatto di esserne succubi che può avere cattive conseguenze. Ogni forma di intossicazione è un male, non importa se si tratti di alcol o morfina o idealismo.
Dobbiamo guardarci dal considerare il male e il bene come due opposti.”

Carl Gustav Jung

Sogni e visioni

 

“Coloro che sognano di giorno sono consapevoli di molte cose che sfuggono a coloro che sognano solo di notte. Nelle loro visioni grigie captano sprazzi d’eternità e tremano, svegliandosi, nello scoprire di essere giunti al limite del grande segreto. In un attimo, apprendono qualcosa del discernimento del bene e qualcosa più che la pura e semplice conoscenza del male.”

Edgar Allan Poe

Mistero

Dove c’è  il mistero,
si crede
generalmente
che ci debba essere
anche il male.

George Gordon Byron

Bene e male

“Si affretti l’uomo verso il bene, custodisca la mente dal male. Di chi fa il bene fiaccamente, la mente si delizia nel male”.

“Se qualcuno commette un male, non lo faccia di nuovo e di nuovo, non consenta ulteriorermente al male. Il Dolore è cumulo di peccato”.

Buddha

Il Male

Molto di quello che chiamiamo Male… può spesso essere convertito in bene modificando semplicemente la nostra intima sofferta attitudine da una di paura a una di lotta.

William James

Bene

Si affretti l’uomo verso il bene, custodisca la mente dal male. Di chi fa il bene fiaccamente, la mente si delizia nel male.

Buddha

Male

Perciò, quando si chiede da dove deriva il male, prima si deve cercare che cosa sia il male. Il male non è altro che corruzione o della misura, o della forma, o dell’ordine naturale. Perciò si dice cattiva natura quella che è corrotta: infatti, una natura incorrotta è buona sotto ogni aspetto. Però anche la stessa natura corrotta, in quanto è corrotta, invece è cattiva.

Agostino

Mentalità inflessibile

Creatrice delle categorie forti e nette, la nostra mentalità contrapporrà in modo sempre più inconciliabile il bene al male, la vita alla morte, la coscienza all’inconscio, la scienza alla superstizione, la verità alla menzogna.

Luigi Zoja

Morale

È noto quel che esigo dai filosofi, porsi cioé, al di là del bene e del male – avere sotto di sè l’illusione del giudizio morale. Questa esigenza consegue a una idea che è stata formulata per la prima volta: che non esistono per nulla fatti morali. Il giudizio morale ha in comune con quello religioso la credenza in realtà che non lo sono. La morale è soltanto una interpretazione di determinati fenomeni, o per parlare con maggior precisione, una falsa interpretazione. Al pari di quello religioso, il giudizio morale appartiene a un grado di ignoranza al quale manca ancora il concetto stesso del reale, la distinzione del reale e dell’immanginario: cosicché, a un tal grado, verità designa semplicemente cose che noi oggi chiamiamo chimere […] In tutti i tempi si è voluto migliorare gli uomini: soprattutto a questo si è dato il nome di morale. Ma sotto la stessa parola sta nascosta la massima diversità di tendenze. Sia l’addomesticamento della bestia uomo, che l’allevamento di un certo genere di umanità, sono stati detti miglioramento: solo questi termini zoologici esprimono realtà – certo, realtà di cui il tipico miglioratore, il prete, non sa nulla – non vuole sapere nulla… Chiamare miglioramento l’addomesticamento di un animale è quasi facezia per le nostre orecchie. Chi sa che cosa avviene nei serragli, dubita che quivi la bestia venga migliorata. Essa viene infiacchita, viene resa meno nociva, diventa, grazie al dolore, alle ferite, alla fame, una bestia malaticcia.

Friedrich Wilhelm Nietzsche

Nessun male può accadere ad un uomo giusto

Nessun male può accadere ad un uomo giusto, sia durante la vita che dopo la morte.

Platone

L’amore è il tutto

L’amore è un concetto estensibile che va dal cielo all’inferno, riunisce in sé il bene e il male, il sublime e l’infinito.

Carl Gustav Jung

Dove la luce

Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.

Ci scorderemo di quaggiù,
E del male e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d’ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.

Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov’è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d’oro.

L’ora costante, liberi d’età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.

Giuseppe Ungaretti

Bene e male

…Male è tutto ciò che divide, che blocca o cerca di bloccare il flusso, mentre Bene è ciò che unifica, che scorre nel grande flusso della vita e della storia, con la coscienza di essere nulla più che una fragile fibra dell’universo

Giuliano Boaretto e Giorgio Galli

Conoscenza del Bene e del Male

Per applicare il Bene ed impedire il Male bisogna saper l’uno e l’altro. Ogni rosa, dice il filosofo, è circondata di spine e ogni Bene di Male, così ti opporrai con la conoscenza di quest’arte sempre al Male per impedire che, il Bene, venga sopraffatto. S’intende, per BENE, tutto ciò che avvia il nostro simile e noi stessi e, noi stessi, secondo la finalità delle cause Prime e della MENTE DIVINA. Bene è l’altruismo. Bene è l’amore del proprio simile e di tutte le creature perfettibili. Bene è Dio, l’universo e l’umanità. Tutto ciò che è separazione è MALE. Male è l’egoismo che separa il Fratello dal Fratello, che impone la volontà del perverso al Buono, che distrugge le buone opere e le buone azioni. L’uomo di BENE deve aver sempre il cuore spoglio dalle basse e vili passioni umane – essere mondo dell’odio – avere l’occhio senza invidia – la bocca senza malvagità – la mente senza menzogna. Se questo pratichi, Dio è con te, l’albero della verità ti porge i suoi rami o tu mangerai i suoi frutti e perfezionerai te stesso – se così non sei preparato, ogni frutto dell’albero della scienza sarà velenoso  e amaro e tu gitterai tante lagrime  per quanto maggiore è il tuo ardimento e se insisti avrai firmata la tua eterna condanna nella eterna dissoluzione di spirito e carne. Bada inoltre a non credere che il Bene sia sempre ciò che piace ai sensi – spesso il Bene è il Dolore e l’azione benefica è un martirio come la redenzione è uno spasimo infinito. Prima di procedere oltre, studia queste parole dei libri sacri occulti e impara a soffrire se vuoi godere e a godere delle sofferenze se vuoi innalzarti a Dio. Questa è la Fonte di Verità.

Giuliano Kremmerz, Istruzioni Magiche ai Praticanti della Fratellanza Tm + di Miriam

“Tra il Cristo e l’Ombra…”

Cari, vi lascio, senza commento, questa riflessione di Valeria D.A. Aspetto i vostri pensieri.

Tra il Cristo e L’Ombra si instaura un legame naturale che non può essere reciso.
Soltanto abbracciando il proprio destino, quell’Ombra “torna sui suoi passi”…, trova il suo scopo: mettere in risalto il “senso” profondo di tutte le cose di questo mondo di sotto.

Quello che sto realizzando, professore, è che più si odia il proprio destino (perchè un martire d’Amore non vuole il Male degli altri e meno che mai il Male delle persone che ama!) e più lui ti insegue; più si rinuncia (a lui) e più (lo) hai.
Meritare il Cristo significa “rinunciare”: la Sapienza è “ricerca della dotta ignoranza” e di “Perdenza” è figlia (rima).

Il Male e la prepotenza

Valeria ci scrive sinceramente una sua significativa riflessione. Eccola. Poi c’è la mia risposta.

“Guai a voi…” pronunciato con tono di compianto…

Immagino che gli orrori perpetrati sugli Esseri più deboli siano da imputare al Karma di questi che subiscono le violenze…
E ciò che non so perdonarmi è quel “punto debole” che offro al mio avversario perchè, accanendosi su di esso, possa conoscersi meglio…
Il perdono è di Dio e, forse erroneamente, penso che un atto di sottomissione aiuti a prendere coscienza dei propri limiti, della propria unicità e delle mille opportunità che questa offre. Ma ho serie difficoltà a dialogare con chi fa del male “gratuitamente”, con chi “sottomette” qualcuno per privarlo della coscienza che il dono della vita è di tutti e non un diritto acquisito. Preferirei non doverlo re-incontrare lungo il mio cammino perchè il tempo delle parole può anche finire…

Cara Valeria, tu hai delle difficoltà che francamente ho anch’io. Per esempio nei confronti dei “bulli”. So, però, che debbo sforzarmi. Ma un pugno sul muso ai prepotenti che dileggiano i deboli lo tirerei volentieri. E volentieri avrei tirato una fucilata ai nazisti, ai soviet e… Vedi, come a 65 anni debbo imparare ancora molto?

Pensieri di luce I

Il pensiero di oggi, ancora di Ostad Elahi, filosofo, teologo e musicista, ci offre un altro spunto per arrivare alla conoscenza di noi stessi:

Che nobiltà d’animo perdonare colui a cui si è
fatto del bene e che ci ha ricambiato col male!

Ostad Elahi, Pensieri di luce, trad. di Mario Luzi, Mondadori, 2000.

Attendo con ansia le vostre riflessioni…

Per Ginevra, per Lancillotto e per Artù, per Mordred e per un altro santo, Galgano – Parte IV

I due amanti sono trovati addormentati di notte da Artù, che mette tra loro la sua spada. Da quel momento l’arma si chiamerà Excalibur, ovvero «mezzo per raggiungere il divino». Lancillotto e Ginevra sono dunque aiutati da Artù per giungere, nella loro fusione di maschile e femminile, alla dimensione eterna. E poiché la spada rappresenta l’anima, ecco che il re dona loro l’anima per arrivare a Dio.

Questo è il vero significato dell’episodio, il mistero celato dietro un’apparente storia di tradimento.

Lasciati i due amanti, il re torna a Camelot, ma poiché non può vivere senza l’amico e senza Ginevra, cade gravemente ammalato. Solo il Santo Graal, la coppa da cui sgorga una bevanda magica che dona «ogni sapienza», potrà salvarlo. I Cavalieri della Tavola Rotonda partono quindi alla ricerca.

Approfittando dello stato di confusione di Artù, la sua sorellastra Morgana, la strega, assume le sembianze di Ginevra e riesce a fare l’amore con il re, il quale nel delirio è convinto di abbracciare la moglie perduta.

Morgana concepisce da lui un figlio, Mordred, erede del regno. Ormai Artù sembra avere i giorni contati. Infatti i cavalieri non riescono a trovare il Graal e, nella ricerca, cadono tutti vittime di orchi, streghe, negromanti.

Solo un cavaliere puro e padrone di sé, capace di guidare i suoi istinti, può reperire il sacro vaso contenente la bevanda miracolosa. Perfino Parsifal, «è colui che ha mondato il cuore», è caduto vittima degli intrighi di Morgana e Mordred, il figlio dell’incesto. I due l’hanno catturato e appeso a un albero, con la testa in giù.

Ma in questa posizione Parsifal comprende il segreto per raggiungere il Graal.

Qui è nascosto un altro insegnamento velato: il guerriero giunge all’intuizione dal momento in cui «è appeso», quando ha assunto la posizione dell’omonima carta dei Tarocchi. La saggezza arriva capovolgendo i termini del ragionare ordinario, modificando completamente la cultura, la mo­rale, i luoghi comuni.

Parsifal riesce a slegarsi dall’albero, si getta in un torrente, raggiunge un castello sotto le acque, apre le porte con la chiave nascosta «nel suo cuore» e prende il Graal. Immediatamente corre a Camelot e arriva giusto in tempo: Artù sta per morire. Ma appena beve un solo goccio della preziosa bevanda, il re «conosce il bene, il male e tutto come è sempre stato» e guarisce.

Finalmente il signore della Britannia può marciare contro i Sassoni, guidati da Morgana e Mordred. In una battaglia epica Artù li sconfigge. Mordred è il ricettacolo di ogni male: lussuria, invidia, odio, arroganza, ira bestiale si annidano dentro di lui.

Il re sguaina Excalibur e si avventa contro Mordred, che a sua volta ha sfoderato Rubilacxe, la sua lama.

I due si colpiscono contemporaneamente e si uccidono in un abbraccio selvaggio, affondando fino all’elsa le rispettive armi l’uno nel corpo dell’altro. A terra, le loro teste si appoggiano l’una accanto all’altra.

In realtà, osservando i significati della storia al di sopra del senso letterale, Artù e Mordred sono complementari: tutta bontà l’uno e tutta malvagità l’altro, tant’è vero che persino la spada Rubilacxe è il nome di Excalibur rovesciato. Insomma, Mordred è Artù allo specchio. Per questo «devono» fondersi: non esiste vera saggezza se la parte spirituale dell’uomo non si armonizza con quella brutale e selvaggia.

Questa simbologia è davvero rivoluzionaria: anche il peccato, vedi Lancillotto e Ginevra, anche Mordred con le sue mostruosità, sono utili al mantenimento dell’armonia primitiva, quella racchiusa nei disegni arcani.

Nella filosofia ermetica non è possibile perciò dare un significato univoco a un personaggio, a un simbolo o a un avvenimento. Tutto rientra in un disegno complessivo. Occorre rifarsi a sensi più alti, a conoscenze più vaste, circolari, complete. Uomini, leggende, gesta, spade, santi, simboli rientrano tutti in questo immane mosaico della Conoscenza Femminile nascosta.

Appunto un’altra storia, parallela a quella ufficiale dei libri di testo. Occhi nuovi per vedere le cose vecchie e anche queste diventano improvvisamente nuove.

Ricordate? È stata questa una delle esortazioni con cui è iniziato il viaggio. Ora però occorre fare un altro sforzo sulla rotta del «disvelamento» e capire uno del momenti fondamentali della scienza di cui abbiamo parlato sovente, di quella magia di cui in fondo nessuno parla volentieri, a meno che non si tratti di un iniziato. Una scienza spesso travisata nelle sue valenze originarie.

Per entrare nel suo cuore, è necessario comprendere la ritualità dei gesti, dei movimenti, dei canti, delle formule. Bisogna insomma procedere sulla rotta che conduce al rito.

In effetti, tutta la magia comporta una ritualità. Ecco allora delle storie che servono come mezzo esplicativo. Sono esempi, racconti emblematici necessari per quella via di scioglimento delle tenebre che ha ricoperto l’altra storia della civiltà, quella segreta, quella dell’antica sapienza del Femminile.

Per Ginevra, per Lancillotto e per Artù, per Mordred e per un altro santo, Galgano – Parte I

Cari amici,

sto per proporvi, suddiviso in quattro parti, un altro dei miei racconti: un altro viaggio intriso di magia, amore, mistero, scoperta o ri-scoperta. Dedicato a quanti sanno guardare al di là del proprio naso e continuare a stupirsi grazie alla fantasia e alla qualità di osservare senza pregiudizi.

Buona (ri-)lettura a tutti voi!

 

Quando i monaci vollero evangelizzare le popolazioni celtiche, vennero in contatto con i loro usi militari e quindi con il mondo cavalleresco. Fu facile per gli uomini di Chiesa adattare i miti dei Celti alla religione cristiana e così nacquero i «cicli cantati», il più importante dei quali fu quello di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.

Proprio in queste saghe è possibile trovare sotto la vernice cattolica, grandi significati iniziatici e magici.

Re Artù ha un illustre predecessore, addirittura un santo realmente esistito, san Galgano, alla cui storia si ispirarono le ballate di molti trovatori.

Galgano nasce a Monte Siepi nel 1150 e già in età precocissima mostra una grande attitudine all’uso delle armi. A sette anni, infatti, ruba la spada a un uomo d’arme assopito in un campo e con un solo colpo taglia in due un faggio.

Stupito dalla forza e dall’ardire del fanciullo, l’uomo lo prende con sé e l’addestra a diventare un perfetto cavaliere.

Gli anni passano. Galgano ne ha ormai sedici e ha imparato a difendere gli inermi, le donne, i vecchi, i bambini; considerare il proprio cavallo come un compagno, attaccare e sconfiggere le forze del male ovunque si annidino, combattere le prepotenze, avversare le ingiustizie, venerare la spada come la propria anima. In definitiva, tendere sempre e comunque al bene.

Il giovane è da sette giorni a digiuno. Assorto in preghiera, nel buio della sua cella sta aspettando l’alba. Allo spuntar del sole, infatti, sarà nominato cavaliere.

Nel silenzio assoluto, sente schiudersi la porta della piccola stanza. Aguzza gli occhi, ma non vede nessuno. Ode solo una voce, quella del cavaliere che l’ha raccolto ed educato: «Ricordati di compiere solo il bene, di non fare mai abuso della tua forza, di scacciare i demoni del male. Lo rammenterai sempre?».

«Sì mio signore,» promette solennemente l’adolescente. Poi cerca di vedere nell’oscurità l’uomo, ma non vede nulla. Avverte però un fremito d’ali, come se un’aquila gigantesca fosse entrata nella stanza.

«Adesso che hai promesso,» continua la voce, «sei degno di possedere la spada accecante di luce, la purissima. Eccola, è tua!»

Galgano sente una lama sguainarsi e subito rimane accecato. Una luce potentissima emana dall’arma che il suo benefattore gli porge. Emozionato, il giovane tende le mani e vede qualcosa d’incredibile, di così sublime da non poter credere ai propri occhi.

Cade in ginocchio con la spada nelle mani e prega sommessamente, mentre calde lacrime gli solcano il viso.

Ha visto due ali splendide, immacolate, dietro la schiena dell’uomo che l’ha adottato. Adesso Galgano sa chi è davvero.

«Adesso hai capito,» gli dice la creatura alata. «Io sono Michele, il nemico del male, il persecutore dei demoni, il portatore della luce nelle tenebre. lo sciolgo la notte oscura in aurora lucente, io abbatto le bestie immonde del male e tu farai lo stesso in mio nome.»

Una luce vivissima acceca ancora Galgano, poi torna il silenzio assoluto, finché il ragazzo cade addormentato in un sonno profondo. E sogna.

Sogna di camminare per un sentiero ripido, in alta montagna, tra picchi scoscesi e innevati. L’arcangelo Michele lo guida sino a un ponte sospeso tra due rive altissime, sopra a un fiume maestoso e terribile. Le sue acque sono tumultuose, potenti, incalzanti e muovono le pale di un immenso mulino, ciascuna di esse porta impressa una scritta rossa: lussuria, ingordigia, desiderio di potenza, voluttà, narcisismo. Insomma, le pale simboleggiano le vanità.

L’arcangelo con un solo balzo passa al di là del ponte e Galgano rimane solo ad affrontare la traversata, mentre nell’abisso ruggiscono acque furiose. Il loro rimbombo sembra quasi un richiamo: «Vieni, cadi giù, lasciati andare. Ti porteremo al mulino, lì avrai tutto ciò che vorrai!».

Galgano chiude le orecchie a quelle parole adescatrici e si incammina sugli incerti legni del ponte. Ha fatto pochi passi, quando un enorme rapace si getta in picchiata su di lui, tentando di ferirlo e di gettarlo nell’abisso. Per un istante il cuore del cavaliere sembra smarrirsi, ma, osservando la figura sicura dell’arcangelo Michele, subito si riprende, sguaina la spada e con un solo colpo recide la testa dell’uccello.

Eliminato il primo ostacolo, il giovane procede spedito fino a metà della passerella. Improvvisamente due orride mani spuntano dal vuoto, di sotto, si afferrano alle corde ed emerge una creatura d’incubo, un mostro sibilante che vomita fuoco nero. Il cuore batte in petto al guerriero, ma non ha timore. Brandendo la spada, si avventa contro l’essere, lo colpisce ripetutamente e a ogni fendente l’arma diviene sempre più lucente, sino a diventare fiammeggiante.

La creatura degli inferi si abbatte colpita a morte, ma con un ultimo guizzo afferra i piedi del ragazzo e lo trascina con sé, nel vuoto. Mostro e giovane cadono, eppure Galgano è sempre sul ponte.

Cosa è accaduto? Ciò che è precipitato è il corpo del ragazzo, mentre la sua anima, il suo vero io, è rimasta sul ponte.

Così Galgano procede e si ricongiunge a Michele. Insieme riprendono il cammino e raggiungono la cima di un monte, dove sorge una splendida cappella con dodici guglie, dodici rosoni, dodici campane, dodici porte.

L’arcangelo e il guerriero vi entrano in silenzio. Una luce intensa e vibrante li illumina, mentre dodici voci si rivolgono al cavaliere: «Entra, Galgano. Sei degno di difendere la nostra cattedra».

Il giovane guarda davanti a sé e vede i dodici apostoli: calde lacrime gli solcano il viso, mentre una musica celestiale gli invade la mente e l’anima.

A questo punto Galgano si sveglia e si accorge che ha sognato tutto e che il suo protettore non è san Michele, ma solo l’onesta persona che l’ha allevato: eppure non dimenticherà mai quella notte e tutta la sua vita sarà dedicata agli insegnamenti ricevuti durante quelle ore di sonno.

In effetti i motivi iniziatici del «viaggio» effettuato nel sogno sono tanti e tutti hanno riferimenti magici.

L’uccello rapace rappresenta il sottile inganno della mente, e Galgano ha compreso la necessità di non affidarsi ciecamente solo alla ragione. Il secondo mostro sta a significare la forza delle passioni, che possono trascinare in basso il corpo, ma solo quello: la parte spirituale procede sino all’incontro con gli apostoli.

Dopo, Galgano passerà quasi dieci anni della sua vita a combattere gli infedeli e i prepotenti, sottoponendosi a centinaia d’imprese sempre per il trionfo del bene.

Un giorno si trova a inseguire un musulmano per i monti della Toscana. Il guerriero cristiano ha già ucciso tutti i suoi compagni, una banda di predoni sbarcati nei pressi di Punta Ala per razziare. Galgano insegue il fuggitivo per kilometri e kilometri, finché il musulmano, allo stremo delle forze, si abbatte esausto in cima a un colle. Subito Galgano gli è sopra, alza la spada per finirlo, ma un istante prima di calare il fendente i suoi occhi incrociano quelli del nemico. Vi scorge tristezza, dolore, abbandono, stanchezza. Un sentimento nuovo lo prende. Con mestizia abbassa la spada, compie pochi passi, si avvicina a una grande roccia, di nuovo alza il braccio e tira un terribile colpo alla pietra, affondando la lama per metà nella viva roccia.

La spada è ancora lì, e chiunque può vedere la spada nel­la roccia recandosi a San Galgano, all’interno della strada statale che da Montalcino conduce al mare.

Da quel momento il cavaliere depone le armi e diventa eremita, capace di dialogare con gli uccelli.

Porto XII

Il mito di Dioniso e il suo culto è uno dei più profondi e in assoluto insondabili che l’uomo abbia mai creato. Il dio, originario della Tracia e poi portato in Grecia, è contemporaneamente un giovane bellissimo, un fanciullo radioso e il Minotauro che tutti sbrana.

Un misto, dunque, di assoluto bene e assoluto male. Il «più» e il «meno» coesistono. Quando Jung parla di «ombra» che ogni uomo deve riconoscere in sé, non fa altro che riproporre a livello umano quanto era stato affermato a livello divino nel culto di Dioniso.

II significato è comunque lo stesso: il dio è Luce e Tenebra e cosi anche, su scala minore, l’uomo che è il suo derivato. Noi siamo, insomma, anche la nostra ombra. Non riconoscerlo, significa castrare una parte di noi stessi ed essere per sempre uomini a metà. Ne consegue che bisogna diffidare di tutti coloro i quali pretendono di portare esclusivamente alla luce assoluta o alle tenebre totali. Vogliono condurre al dimezzato, alla disarmonia, all”incompiutezza, cioè alla metà della forza, perché è molto più facile dominare persone realizzate a metà.

Porto V

Nell’immediato dopoguerra, Einstein manda un famoso telegramma ai potenti. È inutile rileggerne le prime righe: «Il nostro mondo è di fronte ad una crisi di cui non si sono ancora accorti coloro che hanno il potere di prendere importanti decisioni o nel bene o nel male. La forza dell’atomo, scatenata, ha mutato tutto, tranne i nostri modi consueti di pensare e noi andia­mo alla deriva verso un’ecatombe senza precedenti…».

Povero Einstein e poveri ricercatori di Los Alamos, che poi diedero la bomba da lanciare sul Giappone. Non avevano sicuramente mai letto il primo imperativo di tutte le operazioni di Grande Arte Magica: tacere e ancora tacere, soprattutto verso i politici.

 

Nell’Interiorità di Anima — “Bene”

Interroghiamoci ora sul concetto di “Bene” e sulle sue estensioni…

Bene (1)

Il bene non è un oggetto di conoscenza, ma una parte della nostra soggettività che chiede di essere vissuta: scoperto dal cuore, che lo desidera, incontra la nostra volontà e la fortifica.

Ann e Barry Ulanov, Cenerentola e le sorellastre. Sull’invidiare e l’essere invidiati, Moretti e Vitali, 2004, pag. 136

Bene (2)

… Tutte le cose quanto più sono dotate di misura, di forma e di ordine, tanto più sono buone sotto ogni riguardo; invece, quanto meno sono dotate di misura, di forma e di ordine, tanto meno sono buone.

Sant’Agostino, La natura del bene, a cura di Giovanni Reale, 3, Rusconi, 1995, pag.119

Bene e bello

Soltanto chi ha visto il Bene comprende in quale senso io dica che esso è bello.

Plotino, Enneadi, I 6, 7, in Breviario di Plotino, Rusconi, 1997, pag. 61

Bene e libertà

Ciò che opera conforme al Bene a maggior ragione è libero.

Plotino, Enneadi, VI 8, 4, in Breviario di Plotino, Rusconi, 1997, pag. 168

Bene e male (1)

Se qualcuno dirà che il Bene non esiste, non esisterà nemmeno il male, e perciò qualsiasi cosa sarebbe indifferente per la nostra scelta; ma questo è impossibile! Le cose che chiamiamo beni risalgono a Lui, ma il Bene non risale a nulla.

Plotino, Enneadi, VI 7, 23, in Breviario di Plotino, Rusconi, 1997, pag. 166

Bene e male (2)

… Male è tutto ciò che divide, che blocca o cerca di bloccare il flusso, mentre Bene è solo ciò che unifica, che scorre nel grande flusso della vita e della storia, con la coscienza di essere nulla più che una fragile fibra dell’universo.

Giuliano Boaretto e Giorgio Galli, Alba magica, Edizioni della Lisca, 1996, pag. 34