Genitore

Un genitore che non realizza se stesso è inevitabilmente un colpevolizzatore efficace.

Lucio Della Seta, Le origini del senso di colpa

Genitori

(…) Il compito dei genitori è essenzialmente il privilegio (ed in verità si dovrebbe considerare un privilegio divino) di permettere ad un’ anima di entrare in contatto col mondo al fine di evolversi. (E. Bach)

La famiglia che uccide

Nel 1973 lo psichiatra americano Morton Schatzman, ha scritto un testo intitolato “Soul Murder” (Omicidio di anima), che, nello stesso anno, in Italia è stato pubblicato da Feltrinelli col titolo “La famiglia che uccide”.

In questo libro Schatzman descrive ed interpreta il caso di Daniel Paul Schreber (1842 – 1911), un famoso giudice tedesco, Presidente della Corte di Appello di Dresda, che fu seguito da Sigmund Freud.

Il giudice Schreber, all’età di 42 anni impazzì, fu curato, migliorò la sua salute, ma, otto anni dopo, ebbe una grave crisi, dalla quale, sembra, non si riprese mai del tutto e non fu più possibile definirlo una persona “normale”.

La pazzia di Schreber fu classificata come “un caso di paranoia e schizofrenia”. La malattia presentava, tra l’altro, una forma di delirio molto complesso, che l’autorità giudiziaria, alla quale Schreber si era rivolto, chiedendo di essere dimesso, descrisse come segue: “Egli ritiene di essere chiamato a redimere il mondo e a restituire ad esso la perduta beatitudine …”.
Riteneva di essere un illuminato, di essere ispirato direttamente da Dio, viveva continuamente “miracoli” e, come spesso accade per le psicosi, al di fuori di queste sue idee, conservava ottime capacità intellettuali e non aveva perduto le sue competenze in campo legale e giuridico. Trascorse tredici anni delle sua vita in ospedali psichiatrici e vi morì. Pubblicò un libro “Memorie di un nevropatico”, nel quale descriveva le sue idee; scrisse di se stesso: “Quando la mia malattia di nervi sembrava pressoché incurabile, raggiunsi la convinzione che un assassinio di anima era stato compiuto su di me da parte di qualcuno”.

Allargando un po’ il punto di osservazione, rileviamo che il fratello maggiore di Daniel Paul Schreber, che si chiamava Daniel Gustav, era anche lui malato di mente, e si suicidò sparandosi all’età di trentotto anni. Si disse allora che soffriva di “melanconia”.

Ci domandiamo quindi in quale famiglia sono cresciuti questi due uomini (uno pazzo, l’altro suicida) e che cosa può essere successo durante la loro infanzia.

Cominciamo a dire che in certe famiglie malate, le condizioni di vita dei bambini sono insopportabili. In queste situazioni tutti i giorni viene calpestata la personalità del bambino, viene represso ogni suo istinto, la mancanza di rispetto diventa la regola. In altri casi ci sono anche violenze e abusi sessuali. Allora può capitare che il bambino, che non può sottrarsi o difendersi dalla situazione in cui vive, si inventi un mondo fantastico e delirante nel quale evadere, e poi perda la strada per vivere la realtà.

Tornando alla famiglia Schreber, arriviamo così al padre, Daniel Gottlieb Moritz Schreber (1808 – 1861), un famoso medico tedesco e uno studioso di pedagogia. Le sue teorie ebbero molto successo in Germania; anche dopo la sua morte furono considerate, per parecchie decine di anni, un valido riferimento per i genitori. Le sue idee oggi, esaminate da Alice Miller, psicoanalista svizzera, sono state definite “Pedagogia Nera”.

Il Dottor Schreber padre scrisse diversi libri sull’educazione dei bambini, partendo dall’idea che la società tedesca di allora fosse “fiacca” e “in decadenza”, e che questo fosse in gran parte causato dalla debolezza e mancanza di disciplina, con le quali venivano allevati i bambini. Elaborò “speciali mezzi educativi” che dovevano portare i bambini ad obbedienza acritica e sottomissione totale ai genitori e agli adulti in genere. Trattò i propri figli come sudditi di un dittatore crudele. Pensava che in questo modo, la società e la “razza tedesca” sarebbero migliorate.

Le idee di base del Dottor Schreber riflettevano, amplificandole come in una caricatura, le ideologie condivise dalla società borghese europea dell’Ottocento. In questo quadro di riferimento, gli uomini adulti hanno il diritto (anche Dio è maschio)di comandare sulle mogli e sui figli; i bambini vanno educati alla disciplina già a partire dal quarto mese di vita; qualsiasi manifestazione di volontà autonoma del bambino deve essere annullata; tutti devono aver fede nel Dio dei cattolici.

Scriveva Schreber padre: “Il cattivo contegno di un bambino diverrà nell’adulto una grave mancanza di carattere che apre la via al vizio e alla bassezza”.
Attraverso i metodi educativi di Schreber si doveva arrivare ad un adulto che fosse capace di autodeterminazione. Il risultato ottenuto su suo figlio fu descritto dal direttore del manicomio che lo aveva in carico: “Il paziente era completamente sotto il potere di opprimenti influenze patologiche”.

L’educazione di Schreber padre doveva portare alla “obbedienza inconscia e incondizionata”, cioè immediata, automatica, senza critiche né osservazioni.
Shatzman l’ha descritta come “persecuzione infantile”.

Lo scopo dell’educazione di Schreber padre era: “Diventare padrone del bambino per sempre”. Fin dai primi mesi di vita, se il bambino faceva qualcosa di “sbagliato” (ad esempio mangiare un dolce) i genitori dovevano “distrarre e sottrarre”, che significa togliere dalla vista del bambino il dolce e farlo distrarre facendogli fare qualcos’altro.

Ogni disobbedienza del bambino andava annotata in una lavagna posta nella sua stanza, dove veniva anche scritta la punizione che, a fine giornata, sarebbe stata impartita.

Il padre doveva parlare “con disprezzo” al bambino che non obbediva e guardarlo con “minaccia e disapprovazione”.

La filosofia di Schreber padre si può riassumere nel proverbio: “Un punto a tempo ne risolve cento”, e cioè interventi educativi precoci, immediati, repressivi. Come lui stesso scrisse: “Tutte le ignobili o immorali emozioni devono essere stroncate al loro primo apparire”.

Ogni gesto del bambino doveva essere controllato e corretto. Schreber padre aveva inventato una serie di strumenti per controllare la posizione assunta dal corpo del bambino. Così il “Reggitesta” era una fascia che si attaccava, da una parte ai capelli del bambino, dall’altra alla cintura impedendo al bambino di abbassare la testa. Il “Raddrizzatore della schiena” era un supporto metallico e spigoloso da collegare al tavolo, in modo che il bambino fosse costretto a stare dritto, per non urtare il metallo del supporto.
I bambini dovevano dormire sempre a pancia in su, per evitare che la pressione del materasso sui genitali potesse eccitarli; così Schreber padre mise a punto una serie di legacci per tenere i bambini fermi a letto. E se i bambini tenevano le spalle basse, ecco il “Raddrizzaspalle” che consisteva in cinghie di cuoio e molle di metallo, legate attorno alle braccia e poi passate dietro la schiena, in modo da provocare dolore se si abbassavano le spalle.

Per evitare “mollezze e tentazioni alla sensualità”, era meglio che i bambini dormissero in stanze non riscaldate. Le pulizie personali dei bambini andavano sempre fatte con acqua fredda. A partire dal sesto mese di età, “per irrobustire il bambino” anche l’acqua del bagno doveva essere fredda. E siamo in Germania e non ai Caraibi.

Si doveva far attenzione a che i bambini usassero in modo uguale le due parti del corpo; fargli fare “esercizi visivi” per imparare a osservare come volevano i genitori; far usare a lungo un giocattolo prima di sostituirlo con un altro; non far avvicinare i bambini all’arte che ne potrebbe sviluppare troppo la sensibilità e le emozioni, distraendoli quindi dai loro doveri; si doveva controllare anche come i bambini salivano le scale, per vedere se usavano il corpo in modo simmetrico.

Per evitare i “danni delle polluzioni notturne insane e debilitanti” e le tentazioni della masturbazione, oltre ai bagni freddi, se si riscontrava una certa agitazione serale nel bambino, gli si doveva praticare un clistere di acqua gelata, da trattenere a lungo, prima di andare a letto.

Nello stesso tempo si invitava il bambino alla preghiera, affinché fosse “eccitato dalla presenza di Dio” e provasse la “voluttà dell’anima” piuttosto che quella del corpo.

Questi sono soltanto pochi accenni al tipo di educazione e al tipo di famiglia dove Daniel Paul Schreber è cresciuto. Un ambiente sessuofobico, malsano, sadico, morboso, intriso da fanatismo religioso. E, considerando che, le persone tendono a ripetere coattivamente per tutta la vita le forme di relazione umana imparate in famiglia durante l’infanzia, possiamo ben comprendere come questo “omicidio di anima” sia potuto avvenire.

Dr. Roberto Vincenzi
Morton Schatzman
“La famiglia che uccide”
Feltrinelli, Milano 1973

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Invito a riflettere (3)

Secondo voi:

1)L’Ombra: è possibile integrarla totalmente?

2)Cosa si può fare davvero per quei bambini che avrebbero la possibilità di essere adottati e invece non vengono dati alle famiglie che ne fanno richiesta, adducendo ai motivi più assurdi? Uno di questi, ad esempio, è relativo al limite di età dei genitori adottivi, la cui soglia è ferma ai parametri decisi negli anni ’50, quando la vita era oggettivamente più breve.

3) Pregherei tutti voi di attenervi ad una certa concisione nell’esporre le vostre idee, per rendere più agevole il lavoro redazionale.

Vi abbraccio.

Gabriele

Invito a riflettere (2)

“Carissimi,
il cavaliere che vuole conoscere Anima deve mutare la propria aggressività in comprensione. Difficilissimo. Qualcuno di voi, ci è riuscito anche in piccola parte?
(Nota a margine: Come mai ci sono più genitori disposti ad adottare, di quanti siano i bambini soli? E come mai la stragrande maggioranza di bimbi continua a rimanere in orfanotrofio? C’è qualcosa che non mi torna.)

Gabriele

Non amati

C’è un sentimento che i genitori non dovrebbero trascurare se si manifesta nei loro figli: la vergogna. La vergogna scaturisce laddove vi sono punti di conflitto tra individuo e società. Non amiamo ciò che ci fa vergognare: lo nascondiamo. Temiamo di essere disonorati, disprezzati e respinti. Ciò che è socialmente proibito suscita vergogna nell’individuo. Questa vergogna socialmente determinata  nonva confusa con il naturale pudore, la riservatezza  di cui talvolta abbiamo bisogno, la ricerca dell’intimità. Le persone che si vergognano spesso quando sono in presenza degli altri non sono libere, non si amano, tendono a identificarsi con figure di riferimento idealizzate, sono inclini alla depressione. La loro ferita è quella dei non amati.

Peter Schellenbaum

I miti e la funzione psichica

I miti suggeriscono un modo di considerare i problemi legati alla costruzione della funzione psichica. Ma bisogna tener conto del fatto che il discorso mitico non è lineare. Esso non è solamente una tragedia dell’inevitabile senza speranza e senza cambiamento. Comprendere ciò che è all’origine del destino degli eroi mitici vuol dire rintracciare le cause dei problemi legati alle relazioni fra i bambini e i genitori, fra i genitori e i nonni. La lettura dei miti ci sprona a liberarci dalla sottomissione all’autorità persecutrice e delirante dell’altro, che è responsabile della creazione di un’immagine inconscia patologica del nostro corpo. Questa emerge grazie all’ascolto, il quale rinforza altresì il nostro modo di pensare, di associare idee ed emozioni. Ma la fragilità che accompagna questi cambiamenti necessita, da parte del terapeuta, un’attenzione vigile. La persona che soffre può scoprire l’aspetto emotivo dei propri amori primordiali e ciò talvolta può portare a una certa indulgenza per gli errori imposti dalla persecuzione subita nell’infanzia, nonché a maggiore tolleranza nei confronti degli sbagli dei propri genitori.

Henry Thomas

Sull’anima

Plotino dice che l’anima, in associazione al Daimon, sceglie i genitori, il luogo, le circostanze e il corpo. Perciò, non sono i nostri genitori a farci nascere, ma l’anima a scegliere quei genitori – quei genitori che potranno sconvolgere la nostra vita proprio nel modo in cui era necessario per noi che fosse sconvolta! Questo fornisce alla nostra psicopatologia e alla nostra infanzia una prospettiva totalmente diversa.

James Hillman

Dei figli

E una donna che reggeva un bambino al seno disse:
Parlaci dei Figli:
Ed egli disse:
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie dell’ardore che la Vita ha per se
stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.

Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Poiché essi hanno i loro propri pensieri.
Potete dar ricetto ai loro corpi ma non alle loro anime,
Poiché le loro anime dimorano nella casa del domani,
che neppure in sogno vi è concesso di visitare.
Potete sforzarvi di essere simili a loro, ma non cercate di
rendere essi simili a voi.
Poiché la vita non va mai indietro né indugia con l’ieri.
Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive
sono scoccate.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi
piega e vi flette con la sua forza perché le sue frecce
vadano veloci e lontane.
Fate che sia gioioso e lieto questo vostro esser piegati
dalla mano dell’Arciere:
Poiché come ama la freccia che scaglia, così Egli ama
anche l’arco che è saldo.

Gibran Kahlil Gibran