Nell’Interiorità di Anima – “Daimon”

Il daimon è quell’entità intermedia tra il piano divino e umano, quel compagno “unico e tipico nostro” affidatoci, secondo il mito platonico di Er, prima della nascita. È ciò che chiamiamo “vocazione”, “chiamata”, “carattere”. È il portatore del nostro destino. Nel venire al mondo dimentichiamo tutto questo: è così che il daimon interviene per ricordarci il contenuto della nostra “immagine” e ricondurci ad essa.

Daimon (1)

In ultima analisi, ogni vita è la realizzazione di un tutto, cioè di un Sé, ragion per cui tale realizzazione può essere chiamata “individuazione”. Tutta la vita è legata a portatori individuali che la realizzano ed è semplicemente inconcepibile senza di loro. Ma il portatore è anche soggetto ad un destino ed una destinazione individuali ed è soltanto la realizzazione di questo che dà un senso alla vita.

Carl Gustav Jung, citato in Joseph Campbell, Riflessioni sull’arte di vivere, Guanda, 1998, pag. 60

Daimon (2)

Jalal ‘uddin Rumi, il più grande poeta del suo secolo, e forse di tutti i tempi, fu altrettanto chiaro riguardo alla necessità cogente del daimon: “C’è una sola cosa al mondo che non dovete mai dimenticarvi di fare. Se dimenticate tutto il resto, ma non questo, non c’è da preoccuparsi; se invece ricordate tutto ma dimenticate questo, allora non avete fatto niente nella vostra vita. “È come se un re vi avesse mandato in qualche paese a eseguire un compito, e voi faceste mille altri servizi, ma non quello che vi ha mandato a compiere. Dunque gli esseri umani vengono al mondo per realizzare una particolare opera. Quell’opera è lo scopo, ciascuno specifico per ogni persona. Se non la compi è come se una spada indiana di valore incalcolabile venisse usata per affettare carne putrefatta”.

Noel Cobb, Maestri per l’anima, Moretti e Vitali, 1999, pagg. 20-21

Daimones

Jung fu sommerso da “un flusso incessante di fantasie”, una “molteplicità di contenuti psichici e di immagini”. Per far fronte a questa tempesta di emozioni annotò queste fantasie e lasciò che le tempeste si trasponessero in immagini […] Le figure che Jung incontrò per prime e che lo convinsero della realtà della loro essenza psichica […] derivano dal mondo ellenistico e dalla sua fede nei demoni. (Daimon è l’espressione greca originaria per queste figure, che in seguito divennero demoni, a causa della visione cristiana, e demoni in contraddizione positiva con tale visione) […] Conosci te stesso alla maniera di Jung significa divenire familiari con i demoni, dischiudersi ad essi e ascoltarli, cioè conoscerli e distinguerli.

James Hillman, Le storie che curano. Freud, Jung, Adler, Raffaello Cortina Editore, 1984, pagg. 67-69

 

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“La nostra vita perdura oltre la vita”

(Pablo Picasso, Arlecchino)“Mi fa pensare a un’immagine che ho visto, un’immagine dell’ultimissimo Picasso, di cui ho parlato nel “Codice dell’anima”. E’ un’immagine che Picasso ha dipinto molto, molto tardi nella sua vita. Forse a novant’anni. Una testa di ragazzo, grigio-bianca, che è anche una specie di testa di clown, grigio-bianca. Spettrale. Un’apparizione. Come se avesse dipinto l’autoritratto del suo Daimon. La persona composita che un artista è: un clown e un eterno ragazzo. C’è qualcosa in questo dipinto che concerne la rivelazione della propria vita come immagine. Ed è in forma d’immagine che la nostra vita perdura oltre la vita. Restiamo un’immagine nella vita dei nostri discendenti, dei nostri amici. Restiamo un’immagine nella storia del nostro mondo, una specie d’influsso, un fenomeno, forse un atto del cosmo!”

James Hillman

Amore e daimon

Se mai volessimo la prova lampante dell’esistenza del daimon che chiama, basta che ci innamoriamo una volta […]. Là ci sei tutto intero, in nessun’altra occasione ti senti altrettanto sopraffatto dall’importanza del tuo essere e del tuo destino; in nessun’altra occasione ogni tuo gesto si rivela più chiaramente ispirato da un demonio.

James Hillman

Il daimon

Il carattere dell’uomo è il suo demone.

Eraclito

Sull’anima

Plotino dice che l’anima, in associazione al Daimon, sceglie i genitori, il luogo, le circostanze e il corpo. Perciò, non sono i nostri genitori a farci nascere, ma l’anima a scegliere quei genitori – quei genitori che potranno sconvolgere la nostra vita proprio nel modo in cui era necessario per noi che fosse sconvolta! Questo fornisce alla nostra psicopatologia e alla nostra infanzia una prospettiva totalmente diversa.

James Hillman

la vocazione

Nasciamo con un carattere; ci viene dato, è un dono dei guardiani della nostra nascita, come dicono le vecchie storie… ognuno entra nel mondo con una vocazione.

James Hillman

ANÁBASIS

Ecco di nuovo un messaggio di Marina. È troppo significativo. Poi c’è la mia risposta.

Come sai, io questa poesia l’ho vissuta oniricamente circa due anni fa, senza conoscerla. “Vedo una ciocca dei miei capelli a terra ed una voce in sottofondo dice: IL NODO STA PER ESSERE SCIOLTO”. E mi viene in mente un brano del Codice dell’Anima di Hillman che io, peraltro, ho trascritto come frase all’inizio del mio libro: “Ecco che cosa dice il daimon quando parla: Le favole che racconto raccontano in modo autentico chi sono. Sto raccontando la storia che avalla ciò che è avvenuto. Sto leggendo la vita a ritroso. Racconto la storia del genio, non della piccola “Aurora”. …Costoro sono figure che sono state spinte avanti dalla propria immagine del cuore e hanno dovuto forzare la propria infanzia in forme insolite. Perciò per raccontare la verità io devo deformare la storia.” Quando la vita viene letta a ritroso, lealmente, ecco che i nodi si sciolgono e i segreti sono “svelati” alla luce della Ragione della Luce…quindi, quest’ultimi, credo che non siano interpretabili da tutti ma solo da coloro che hanno portato il più possibile in superficie la propria zona d’ombra e la propria innocenza. LAuroraLuce Come sai, io questa poesia l’ho vissuta oniricamente circa due anni fa, senza conoscerla. “Vedo una ciocca dei miei capelli a terra ed una voce in sottofondo dice: IL NODO STA PER ESSERE SCIOLTO”. E mi viene in mente un brano del Codice dell’Anima di Hillman che io, peraltro, ho trascritto come frase all’inizio del mio libro: “Ecco che cosa dice il daimon quando parla: Le favole che racconto raccontano in modo autentico chi sono. Sto raccontando la storia che avalla ciò che è avvenuto. Sto leggendo la vita a ritroso. Racconto la storia del genio, non della piccola “Aurora”. …Costoro sono figure che sono state spinte avanti dalla propria immagine del cuore e hanno dovuto forzare la propria infanzia in forme insolite. Perciò per raccontare la verità io devo deformare la storia.” Quando la vita viene letta a ritroso, lealmente, ecco che i nodi si sciolgono e i segreti sono “svelati” alla luce della Ragione della Luce…quindi, quest’ultimi, credo che non siano interpretabili da tutti ma solo da coloro che hanno portato il più possibile in superficie la propria zona d’ombra e la propria innocenza.

LAuroraLuce

Troppo giusto. Bisogna lavorare sull’OMBRA e sulle personalità, dentro la personalità. Si perde spesso, troppo spesso. Complessi e lacerazioni che generano egoismi, a volte ci tiranneggiano. Lentamente, però, riusciamo a scalfire quei Golem. Questo è il nostro compito. Questo.

Nell’Interiorità di Anima — “Demoniaco”…

Ognuno di noi è portatore di una naturale polarità e ambivalenza – luce e oscurità – che è tensione all’interezza. Il demoniaco è un impulso naturale, presente in ogni essere, un bisogno di affermazione dell’individuo che, tuttavia, non deve prevaricare su ogni altro aspetto del Sé esprimendosi in un’eccessiva ostilità, aggressività o ferocia, ossia gli aspetti di noi stessi che maggiormente suscitano il nostro orrore e che noi rimuoviamo e proiettiamo sugli altri. La nostra vita è un flusso che oscilla tra questi due aspetti del demoniaco. Rimuovere il demoniaco, che è fonte di creatività, comporta l’insorgenza di un’apatia e di una conseguente dis-integrazione personale e interpersonale.

Demoni e angeli

Nell’epoca ellenistica e, successivamente, in quella cristiana, il dualismo fra i il bene e l’aspetto negativo del demoniaco divenne più pronunciato. Si cominciò così ad avere una popolazione celeste separata in due campi: i demoni e gli angeli, i primi schierati con Satana, i secondi alleati di Dio… Ha inizio così il problema avvertito da Rilke: se i demoni vengono scacciati anche gli angeli spiccano il volo.

Rollo May, L’amore e la volontà, Astrolabio, 1971, pag. 137

Demoniaco (1)

Il demoniaco è connesso all’eros piuttosto che alla libido o al sesso in quanto tali… Il demoniaco lotta contro la morte affermando incessantemente la propria vitalità e non accetta alcuna gara né alcun’altra regolamentazione temporale della vita… non si arrende di fronte a nessun “rifiuto” razionalmente motivato e sotto questo aspetto esso è nemico della tecnologia: non accetta né gli orari, né le tabelle cronometriche, né le linee di montaggio che noi invece accettiamo come robot.

Rollo May, L’amore e la volontà, Astrolabio, 1971, pagg. 126-127

Demoniaco (2)

Quanto più riusciamo a venire a patti con le nostre tendenze demoniache tanto più ci riscopriremo come esseri che concepiscono una struttura universale della realtà e vivono entro di essa. Questo movimento verso il logos è transpersonale. Vediamo allora che noi muoviamo da una dimensione personale ad una transpersonale della coscienza.

Rollo May, L’amore e la volontà, Astrolabio, 1971, pag. 176

Nell’Interiorità di Anima — “Daimon”

Il daimon è quell’entità intermedia tra il piano divino e umano, quel compagno “unico e tipico nostro” affidatoci, secondo il mito platonico di Er, prima della nascita. È ciò che chiamiamo “vocazione”, “chiamata”, “carattere”. È il portatore del nostro destino. Nel venire al mondo dimentichiamo tutto questo: è così che il daimon interviene per ricordarci il contenuto della nostra “immagine” e ricondurci ad essa.

Daimon (1)

In ultima analisi, ogni vita è la realizzazione di un tutto, cioè di un Sé, ragion per cui tale realizzazione può essere chiamata “individuazione”. Tutta la vita è legata a portatori individuali che la realizzano ed è semplicemente inconcepibile senza di loro. Ma il portatore è anche soggetto ad un destino ed una destinazione individuali ed è soltanto la realizzazione di questo che dà un senso alla vita.

Carl Gustav Jung, citato in Joseph Campbell, Riflessioni sull’arte di vivere, Guanda, 1998, pag. 60

Daimon (2)

Jalal ‘uddin Rumi, il più grande poeta del suo secolo, e forse di tutti i tempi, fu altrettanto chiaro riguardo alla necessità cogente del daimon: “C’è una sola cosa al mondo che non dovete mai dimenticarvi di fare. Se dimenticate tutto il resto, ma non questo, non c’è da preoccuparsi; se invece ricordate tutto ma dimenticate questo, allora non avete fatto niente nella vostra vita. “È come se un re vi avesse mandato in qualche paese a eseguire un compito, e voi faceste mille altri servizi, ma non quello che vi ha mandato a compiere. Dunque gli esseri umani vengono al mondo per realizzare una particolare opera. Quell’opera è lo scopo, ciascuno specifico per ogni persona. Se non la compi è come se una spada indiana di valore incalcolabile venisse usata per affettare carne putrefatta”.

Noel Cobb, Maestri per l’anima, Moretti e Vitali, 1999, pagg. 20-21

Daimones

Jung fu sommerso da “un flusso incessante di fantasie”, una “molteplicità di contenuti psichici e di immagini”. Per far fronte a questa tempesta di emozioni annotò queste fantasie e lasciò che le tempeste si trasponessero in immagini […] Le figure che Jung incontrò per prime e che lo convinsero della realtà della loro essenza psichica […] derivano dal mondo ellenistico e dalla sua fede nei demoni. (Daimon è l’espressione greca originaria per queste figure, che in seguito divennero demoni, a causa della visione cristiana, e demoni in contraddizione positiva con tale visione) […] Conosci te stesso alla maniera di Jung significa divenire familiari con i demoni, dischiudersi ad essi e ascoltarli, cioè conoscerli e distinguerli.

James Hillman, Le storie che curano. Freud, Jung, Adler, Raffaello Cortina Editore, 1984, pagg. 67-69