A una fanciulla che danza nel vento

Danza laggiù sulla riva;
Perché ti dovresti curare
Del vento o del ruggito delle acque?
Libera i tuoi capelli
Umidi di salsedine;
Sei troppo giovane per aver conosciuto
Il trionfo dello sciocco, o l’amore
Perduto non appena conquistato,
O la morte del miglior lavoratore
Mentre tutti i covoni
Sono rimasti ancora da legare.
Perché dunque dovresti temere
Il mostruoso gridare del vento?

W. B. Yeats

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Il tramonto della luna

 Quale in notte solinga,
Sovra campagne inargentate ed acque,
Là ‘ve zefiro aleggia,
E mille vaghi aspetti
E ingannevoli obbietti
Fingon l’ombre lontane
Infra l’onde tranquille
E rami e siepi e collinette e ville;
Giunta al confin del cielo,
Dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno
Nell’infinito seno
Scende la luna; e si scolora il mondo;
Spariscon l’ombre, ed una
Oscurità la valle e il monte imbruna;
Orba la notte resta,
E cantando, con mesta melodia,
L’estremo albor della fuggente luce,
Che dianzi gli fu duce,
Saluta il carrettier dalla sua via;
Tal si dilegua, e tale
Lascia l’età mortale
La giovinezza. In fuga
Van l’ombre e le sembianze
Dei dilettosi inganni; e vengon meno
Le lontane speranze,
Ove s’appoggia la mortal natura.
Abbandonata, oscura
Resta la vita. In lei porgendo il guardo,
Cerca il confuso viatore invano
Del cammin lungo che avanzar si sente
Meta o ragione; e vede
Che a sé l’umana sede,
Esso a lei veramente è fatto estrano.

Troppo felice e lieta
Nostra misera sorte
Parve lassù, se il giovanile stato,
Dove ogni ben di mille pene è frutto,
Durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
Quel che sentenzia ogni animale a morte,
S’anco mezza la via
Lor non si desse in pria
Della terribil morte assai più dura.
D’intelletti immortali
Degno trovato, estremo
Di tutti i mali, ritrovàr gli eterni
La vecchiezza, ove fosse
Incolume il desio, la speme estinta,
Secche le fonti del piacer, le pene
Maggiori sempre, e non più dato il bene.

Voi, collinette e piagge,
Caduto lo splendor che all’occidente
Inargentava della notte il velo,
Orfane ancor gran tempo
Non resterete; che dall’altra parte
Tosto vedrete il cielo
Imbiancar novamente, e sorger l’alba:
Alla qual poscia seguitando il sole,
E folgorando intorno
Con sue fiamme possenti,
Di lucidi torrenti
Inonderà con voi gli eterei campi.
Ma la vita mortal, poi che la bella
Giovinezza sparì, non si colora
D’altra luce giammai, né d’altra aurora.
Vedova è insino al fine; ed alla notte
Che l’altre etadi oscura,
Segno poser gli Dei la sepoltura.

Giacomo Leopardi

Se quell’alto mondo…

Se quell’alto mondo, oltre il nostro,
Ci è caro perché amore sopravvive,
Se il cuore amato là serba tenerezza
E l’occhio è uguale, ma non ha più lacrime,

Come gradite quelle intatte sfere!
Come dolce morire anche in quest’ora!
Dalla terra innalzarsi e vedere ogni timore
Perso nella tua luce, Eternità!

Così deve essere: non è per noi che tanto
Tremiamo sulla sponda, e nello sforzo
Di varcare l’abisso ci afferriamo
Ancora al debole anello dell’Esistenza.

Oh credere che ogni cuore in quel futuro
Resti col cuore amato, insieme
Bere alle acque immortali, sempre uniti
Oltre la morte, l’anima nell’anima!

Lord Byron

Già la pioggia è con noi

 Già la pioggia è con noi,
scuote l’aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque spente
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti.

Ancora un anno è bruciato,
senza un lamento, senza un grido
levato a vincere d’improvviso un giorno.

Salvatore Quasimodo

canto Navajo (da Matteo)

Sono andato alla fine della terra,

sono andato alla fine delle acque,

sono andato alla fine del cielo,

sono andato alla fine delle montagne,

non ho trovato nessuno che non fosse mio amico.