di Massimo Lanzaro
Psichiatra, Psicoterapeuta
La capacità negativa è: ‘Quando l’uomo è capace di stare nelle incertezze, nei Misteri, nei dubbi senza essere impaziente di pervenire a fatti e a ragioni’ (John Keats 1917). Keats credeva che i grandi uomini (specialmente i poeti, che egli considerava quasi su un altro livello rispetto al resto dell’umanità) avessero l’abilità di accettare il fatto che non ogni cosa potesse essere risolta – essendo in grado di mantenere un atteggiamento negativo su qualcosa. La teoria della Capacità Negativa fu espressa nella sua lettera a George e Thomas Keats datata appunto 21 dicembre 1817.
Questa è una brevissima riflessione sulle competenze cognitive che ciascuno mette in campo nelle situazioni di elevata incertezza e di crisi, nelle quali le ‘solite’ modalità di pensiero e di azione mostrano nella pratica la loro palese inadeguatezza. Mi è venuta in mente leggendo l’articolo “Delusion formation and reasoning biases in those at clinical high risk for psychosis” M. R. Broome e i suoi collaboratori del progetto OASIS (Londra) praticamente sostengono che uno stile di risposta del tipo “saltare alle conclusioni” (antitetico all’abilità descritta da Keats) è un fattore predisponente (o di rischio) per lo sviluppo di disagi o addirittura veri e propri stati pre-psicotici (http://bjp.rcpsych.org/content/191/51/s38.full). Orbene, di solito, la “teoria” di Keats viene liquidata con un’alzata di spalle, o poco più: il poeta, e il poeta romantico soprattutto, non ha un’epistemologia.
La capacità negativa è apparentata con il concetto heideggeriano di Gelassenheit. Nella sua conferenza sull’Abbandono, Heidegger adopera il termine Gelassenheit, che, come spesso accade nell’ultima fase del suo pensiero, pone significativi problemi di traduzione. Il richiamo è a un atteggiamento speculativo di fronte alla realtà, che consiste in un raccoglimento (cui allude il prefisso tedesco ge-), che lascia-essere (lassen, come verbo, indica appunto l’atteggiamento del lasciare, come l’inglese to let) le cose così come sono, senza intervenire.
Se qualcuno ha voglia di leggerlo troverà che uno dei possibili cambiamenti che uno stile (mal)adattativo tipo quello descritto da Broome dovrebbe adottare va proprio nella direzione diello sforzo descritto da Keats (“avere capacità negativa invece di saltare alle conclusioni”, per così dire). Ma è forse chiedere troppo ad un poeta che non cerca la verità scientifica o filosofica, che non affronta i problemi per risolverli, ma per esplorarli, di offrire dopo quasi cento anni una risorsa alla scienza ed in particolare all’approccio cognitivo-comportamentale che pure è ad uno stato pionieristico nell’approccio alla dimensione psicotica. Permettetemi però di ripromettermi, forse anche in altra sede, di ritornare sull’argomento.
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