E l’amore guardò il tempo e rise

E l’amore guardò il tempo e rise,

perchè sapeva di non averne bisogno.

Finse di morire per un giorno,

e di rifiorire alla sera,

senza leggi da rispettare.

Si addormentò in un angolo di cuore

per un tempo che non esisteva.

Fuggì senza allontanarsi,

ritornò senza essere partito,

il tempo moriva e lui restava.

Luigi Pirandello

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Attraverso quali trasporti di Pazienza

Attraverso quali trasporti di Pazienza
Raggiunsi la stolida Beatitudine
Di respirare il mio Vuoto senza te
Me lo attesti questo e questo –
Da quella sterile esultanza
Ottenni più o meno questo
Il tuo privilegio di morire
Mi abbrevi questo.

Emily Dickinson

La crisalide e la farfalla (inviato da Nicola Gelo)

[…] La natura ci offre quella bellissima [immagine]della crisalide e della farfalla. La brutta crisalide rimane indietro, la farfalla invece, come un essere luminoso, va per il mondo. Rudolf Steiner chiamò questo simbolo “simbolo reale”. Che differenza c’è tra simbolo e simbolo reale? L’ingresso di una casa può apparire come il simbolo del passaggio di una soglia spirituale, altrettanto un ponte può alludere all’esperienza di un passaggio o alla congiunzione di due mondi separati. Ma né la porta né il ponte esistono perché se ne ricavi l’immagine di un passaggio o di una soglia e vengono utilizzati come simboli solo occasionalmente. Il simbolo reale invece deve la propria esistenza alla determinazione di dover essere un simbolo. Noi ci smarriremmo nel mondo materiale se il mondo divino non avesse costellato la nostra vita di simboli reali. La nascita della farfalla ha ricevuto dal mondo divino la sua caratteristica perché  gli uomini, al sopraggiungere di tempi oscuri, potessero avere un’immagine delle vita dell’anima. Nel mondo visibile vi sono cose che esistono affinché ciò che non è visibile non vada perduto.
[Herbert Hahn, Pedagogia e Religione – Le sorgenti delle forze dell’anima; Editrice Antroposofica]

Libri: “DSM-5 e i Film che spiegano la Psiche” di Massimo Lanzaro verrà presentato a Ottaviano il 6 giugno

lanzaro

Carissimi,

il prof. Massimo Lanzaro presenterà il suo libro “DSM-5 e i Film che spiegano la Psiche” lunedì prossimo alle 17,30, presso l’Hotel Augustus a Ottaviano, durante la conferenza “Psicologia e cinema”. Interverranno con lui il prof. Carmine Cimmino e il prof. Angelo Andriuzzi. Modera Ornella Petrucci, giornalista.
Non mancate!

Gabriele

Libri: “Il giudice delle donne” di Maria Rosa Cutrufelli

il giudice delle donne

Fino al 2 giugno 1946, le donne in Italia non potevano votare. Un tentativo per ottenere la possibilità di farlo, però, c’era stato già stato in passato. Lo ricorda Maria Rosa Cutrufelli nel suo ultimo libro “Il giudice delle donne” (Frassinelli), nel quale riprende quel lontano episodio, ormai dimenticato, avvenuto nel 1906 tra Montemarciano, un paesino nei pressi di Ancona, e Senigallia. Dieci maestre avevano un sogno da realizzare, un desiderio riguardante un diritto che allora veniva loro negato: il suffragio universale. Chiesero quindi l’iscrizione alle liste elettorali. L’episodio, che all’epoca fece scalpore, finì sulle prime pagine dei quotidiani e venne preso in seria considerazione. Il compito se dare o meno quella concessione spettò al presidente della Corte d’Appello di Ancona, Lodovico Mortara, il giudice delle donne del romanzo. Un autentico riformatore che divenne in seguito ministro della Giustizia,  epurato poi da Mussolini. Una storia italiana narrata dall’autrice con nitidezza e precisione dei fatti, all’interno di una trama avvincente.”Questo romanzo è opera di finzione, e tuttavia è anche un intreccio, una tessitura di storie o di spunti narrativi pescati durante il lavoro di documentazione”, racconta Maria Rosa Cutrufelli. “Tutto è cominciato da una targa intravista in un giorno di vacanza. Ero a Senigallia e a un tratto ho notato, sul muro del municipio, una targa che commemorava le ‘prime elettrici d’Italia’, dieci donne che nel 1906 avevano chiesto il diritto di voto. E che l’avevano ottenuto, anche se solo per un anno, fino all’intervento della Corte di Cassazione.” Già il lavoro che facevano era considerato pionieristico. Decidere di andare ad insegnare l’alfabeto in paesini sperduti dell’Italia non era un’impresa da poco nella società all’inizio del ‘900, dove pregiudizi e contraddizioni erano predominanti. L’autrice dà voce nel libro a quello che doveva essere il pensiero comune di allora, anche tra le donne stesse:

“… è per quella faccenda, sa’, quella del voto.
Il voto? E che significa mai…
Significa, spiega Albina, che la sora Luiscia, per essere moglie di un sindaco, si crede esperta di ogni diavoleria politica, perciò vorrebbe votare. Proprio come gli uomini. Si è fissata con quest’idea e cerca di mettere su un gruppo di maestre per dare battaglia perfino a suo marito, se necessario.
Ma suo marito, si stupisce quella di prima, non ce l’ha già, il voto? Non è abbastanza bravo da votare anche per lei?
E Albina: vallo a sapere cosa gli gira in testa, a quelle!…”

Clara Martinelli

 

 

Libri: “Problemi in paradiso” di Slavoj Zizek

zizek-problemiUna nuova categoria ontologica accompagna il cittadino occidentale medio in questo primo scorcio di secolo. Se un tempo si parlava di essere-per-la-morte (vedi Heidegger e Sartre), ovvero dell’uomo destinato naturaliter ad andare incontro al proprio trapasso, alla fine, nella contemporaneità 2.0 del neo-liberismo e della reificazione dell’uomo, della natura e di tutto, in cui si vorrebbe portare a rimozione perfino la morte, ecco che “il filosofo più pericoloso d’Occidente” – così è stato definito Slavoj Zizek dal giornale New Republic – torna con un nuovo libro, “Problemi in paradiso” (Ponte alle grazie, 2015) e tira fuori una nuova categoria ontologica, che ben si adatta al nostro tempo di cambiamenti etero-diretti e subiti un po’ masochisticamente dalla massa, e cioè l’essere-per-il-debito.
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> Si tratta di una forma di dipendenza costitutiva e (auto)imposta, una mutazione genetica del vecchio homo hoeconomicus, un individuo che vive, produce e (soprattutto) consuma per ripagare il debito che ha contratto verso il sistema e di cui il sistema si serve per tenere a freno le sue istanze di trasformazione sociale. Vecchia storia quella di cambiare il mondo: quando uno ha da pagare le rate del mutuo, della macchina e della carta di credito, deve mantenere ex moglie e magari due figli, a stento ha la possibilità di cambiare l’arredamento di casa, figurarsi se può pensare a cambiare il mondo o se stesso.
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> Meglio rimanere prudentemente (e comodamente) al proprio posto. Scrive Zizek: “Il soggetto indebitato effettua contemporaneamente il lavoro salariato e il lavoro su di sé necessario affinché egli sia in grado di assumere su di sé la colpa connessa all’indebitamento”. Oggi la vetero dicotomia marxista tra salariato e capitalista è stata superata in quanto il lavoratore non è più separato dal capitale, ma ne è diventato lui stesso portatore con un sostanziale livellamento antropologico per cui ognuno è diventato “imprenditore di se stesso”. Adesso l’uomo medio sfrutta al meglio il proprio patrimonio di conoscenze e abilità – “il capitale umano” – per metterlo sul grande tavolo da gioco della vita, o in altre parole, per ottenere la capacità di consumare e quindi, come insegna Baudrillard, di distinguersi nella simbolizzazione gerarchica per mezzo degli oggetti acquistati ed esibiti come feticcio.
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> Per Zizek quello del debito, o anche simbolo di una dipendenza verso una forma di potere patriarcale, è un concetto che già gli antichi avevano elaborato. Nel mito di Orfeo – il mitico suonatore di lira che discese negli Inferi per salvare Euridice – Zizek vede un impulso assai moderno, la stessa volontà del debitore che vuole dimostrare alle banche o alle agenzie di rating di essere in grado, con il suo comportamento virtuoso che in Orfeo raggiungeva l’ascetismo e l’eccellenza, di poter ripagare il debito. Orfeo dimostra al Plutone-padrone di essere meritevole della sua pietà così come oggi lo è quel professionista che merita una tripla A nella valutazione della propria affidabilità grazie al suo comportamento (capitalisticamente) virtuoso.
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> E nemmeno gli stati fanno eccezione a questa regola, basti osservare quanto è accaduto in Grecia la scorsa estate, con la crisi del debito ellenico che ha messo a dura prova il processo di integrazione europeo e mostrato i limiti delle politiche di austerity. Ma come osserva Zizek “in Europa oggi i ciechi guidano i ciechi”, perché molto spesso sono quegli attori – leggi alta finanza – che hanno portato alla crisi del 2008, attraverso una mal calcolata gestione dei derivati bancari, a pretendere poi di impartire le strategie di risanamento, generando un circolo vizioso dalle profondità insondabili.
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> Ma se all’”inferno” – così chiama Zizek i paesi della stagnazione economica – le cose non vanno troppo bene nemmeno in “paradiso”, e cioè in quei paesi dove l’economia cresce a ritmi poderosi e in cui il sistema sembra mosso verso una rapida modernizzazione e occidentalizzazione. Quanto accaduto in Brasile, ad esempio, dove la presidente Dilma Roussef è stata incriminata e la classe politica messa sotto accusa, potrebbe essere il sintomo che qualcosa si è inceppato in questo meccanismo di rapido sviluppo che non tiene conto della variabile umana e della legittima aspirazione di ogni uomo e donna ad andare incontro alla propria realizzazione. Perché ogni rivoluzione, ogni potenziale cambiamento – osserva Zizek – porta con sé i germi di una nuova divisione e della creazione di un nuovo potere che favorisce pochi a discapito di molti (basti ricordare cosa accadeva dalle parti della fattoria degli animali di George Orwell, per intendersi).
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> Attraverso il suo libro, il filosofo sloveno affronta molti problemi del nostro tempo e arriva ad analizzare quello del fondamentalismo islamico. Per Zizek il problema del fondamentalismo islamico si inquadra in una logica di lotta di classe e a suo modo “il fondamentalismo è il marxismo del XXI secolo”. Molti credono che quella del fanatismo sia soltanto un problema religioso connaturato a un’aspirazione retrograda di alcuni che vogliono uscire dalla modernità per ritrovare nei valori della religione tradizionale la panacea di tutti i mali. Questo ragionamento racchiude un fatale errore, avverte Zizek, secondo cui il problema del fondamentalismo è la continuazione con altri mezzi della vecchia lotta di classe marxista, perché dimenticare di far fronte alla barbarie, ignorare le istanze di giustizia sociale e di prosperità dei popoli, vuol dire consegnare milioni di uomini e donne alla propaganda retrograda.
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> Del resto la violenza religiosa (e non) fa breccia nei cuori di chi sente di non avere vie d’uscita dall’ingiustizia e dalla miseria e ha dimenticato cosa rende una vita degna di essere vissuta. Il fondamentalismo è chiusura ai valori occidentali di libertà e favorevole all’instaurazione di un regime teocratico, ma parte della sua forza, specialmente a livello di propaganda, si insinua quando il potere dimentica le masse più deboli che poi prestano ascolto alle sirene jihadiste, in quanto “l’ascesa dell’islamismo radicale è in perfetta correlazione con la scomparsa della sinistra laica nei paesi musulmani”. Si pensi a quanto accaduto in Afghanistan, del resto, dove i talebani strumentalizzarono le divisioni e le tensioni di classe, sfruttando la sventura dei poveri contadini, non per raggiungere l’armonia o la pace sociale, ma mirando a tutt’altro, e cioè l’obiettivo dello stato teocratico.
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> Secondo Zizek, un sistema capitalista e liberale è tanto più forte quando le forze liberali riescono ad andare a braccetto con quelle della sinistra riformista, perché non tenere conto delle istanze di cambiamento e di armonizzazione sociale espone la società all’azione di forze violente e rivoluzionarie, siano esse di sinistra o di destra – è interessante l’accostamento del fondamentalismo al fascismo, e non a caso Zizek parla di “islamo-fascismo”. Ciò che ha insegnato la storia d’Europa è che occorre sempre tenere alta la guardia ed esercitare l’esercizio della libertà insieme alla ricerca della giustizia e dell’armonia sociale, a livello collettivo e individuale. È questa la sfida in cui l’Europa e tutto l’Occidente si trova impegnato.

Mario Sammarone