Una nuova categoria ontologica accompagna il cittadino occidentale medio in questo primo scorcio di secolo. Se un tempo si parlava di essere-per-la-morte (vedi Heidegger e Sartre), ovvero dell’uomo destinato naturaliter ad andare incontro al proprio trapasso, alla fine, nella contemporaneità 2.0 del neo-liberismo e della reificazione dell’uomo, della natura e di tutto, in cui si vorrebbe portare a rimozione perfino la morte, ecco che “il filosofo più pericoloso d’Occidente” – così è stato definito Slavoj Zizek dal giornale New Republic – torna con un nuovo libro, “Problemi in paradiso” (Ponte alle grazie, 2015) e tira fuori una nuova categoria ontologica, che ben si adatta al nostro tempo di cambiamenti etero-diretti e subiti un po’ masochisticamente dalla massa, e cioè l’essere-per-il-debito.
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> Si tratta di una forma di dipendenza costitutiva e (auto)imposta, una mutazione genetica del vecchio homo hoeconomicus, un individuo che vive, produce e (soprattutto) consuma per ripagare il debito che ha contratto verso il sistema e di cui il sistema si serve per tenere a freno le sue istanze di trasformazione sociale. Vecchia storia quella di cambiare il mondo: quando uno ha da pagare le rate del mutuo, della macchina e della carta di credito, deve mantenere ex moglie e magari due figli, a stento ha la possibilità di cambiare l’arredamento di casa, figurarsi se può pensare a cambiare il mondo o se stesso.
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> Meglio rimanere prudentemente (e comodamente) al proprio posto. Scrive Zizek: “Il soggetto indebitato effettua contemporaneamente il lavoro salariato e il lavoro su di sé necessario affinché egli sia in grado di assumere su di sé la colpa connessa all’indebitamento”. Oggi la vetero dicotomia marxista tra salariato e capitalista è stata superata in quanto il lavoratore non è più separato dal capitale, ma ne è diventato lui stesso portatore con un sostanziale livellamento antropologico per cui ognuno è diventato “imprenditore di se stesso”. Adesso l’uomo medio sfrutta al meglio il proprio patrimonio di conoscenze e abilità – “il capitale umano” – per metterlo sul grande tavolo da gioco della vita, o in altre parole, per ottenere la capacità di consumare e quindi, come insegna Baudrillard, di distinguersi nella simbolizzazione gerarchica per mezzo degli oggetti acquistati ed esibiti come feticcio.
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> Per Zizek quello del debito, o anche simbolo di una dipendenza verso una forma di potere patriarcale, è un concetto che già gli antichi avevano elaborato. Nel mito di Orfeo – il mitico suonatore di lira che discese negli Inferi per salvare Euridice – Zizek vede un impulso assai moderno, la stessa volontà del debitore che vuole dimostrare alle banche o alle agenzie di rating di essere in grado, con il suo comportamento virtuoso che in Orfeo raggiungeva l’ascetismo e l’eccellenza, di poter ripagare il debito. Orfeo dimostra al Plutone-padrone di essere meritevole della sua pietà così come oggi lo è quel professionista che merita una tripla A nella valutazione della propria affidabilità grazie al suo comportamento (capitalisticamente) virtuoso.
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> E nemmeno gli stati fanno eccezione a questa regola, basti osservare quanto è accaduto in Grecia la scorsa estate, con la crisi del debito ellenico che ha messo a dura prova il processo di integrazione europeo e mostrato i limiti delle politiche di austerity. Ma come osserva Zizek “in Europa oggi i ciechi guidano i ciechi”, perché molto spesso sono quegli attori – leggi alta finanza – che hanno portato alla crisi del 2008, attraverso una mal calcolata gestione dei derivati bancari, a pretendere poi di impartire le strategie di risanamento, generando un circolo vizioso dalle profondità insondabili.
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> Ma se all’”inferno” – così chiama Zizek i paesi della stagnazione economica – le cose non vanno troppo bene nemmeno in “paradiso”, e cioè in quei paesi dove l’economia cresce a ritmi poderosi e in cui il sistema sembra mosso verso una rapida modernizzazione e occidentalizzazione. Quanto accaduto in Brasile, ad esempio, dove la presidente Dilma Roussef è stata incriminata e la classe politica messa sotto accusa, potrebbe essere il sintomo che qualcosa si è inceppato in questo meccanismo di rapido sviluppo che non tiene conto della variabile umana e della legittima aspirazione di ogni uomo e donna ad andare incontro alla propria realizzazione. Perché ogni rivoluzione, ogni potenziale cambiamento – osserva Zizek – porta con sé i germi di una nuova divisione e della creazione di un nuovo potere che favorisce pochi a discapito di molti (basti ricordare cosa accadeva dalle parti della fattoria degli animali di George Orwell, per intendersi).
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> Attraverso il suo libro, il filosofo sloveno affronta molti problemi del nostro tempo e arriva ad analizzare quello del fondamentalismo islamico. Per Zizek il problema del fondamentalismo islamico si inquadra in una logica di lotta di classe e a suo modo “il fondamentalismo è il marxismo del XXI secolo”. Molti credono che quella del fanatismo sia soltanto un problema religioso connaturato a un’aspirazione retrograda di alcuni che vogliono uscire dalla modernità per ritrovare nei valori della religione tradizionale la panacea di tutti i mali. Questo ragionamento racchiude un fatale errore, avverte Zizek, secondo cui il problema del fondamentalismo è la continuazione con altri mezzi della vecchia lotta di classe marxista, perché dimenticare di far fronte alla barbarie, ignorare le istanze di giustizia sociale e di prosperità dei popoli, vuol dire consegnare milioni di uomini e donne alla propaganda retrograda.
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> Del resto la violenza religiosa (e non) fa breccia nei cuori di chi sente di non avere vie d’uscita dall’ingiustizia e dalla miseria e ha dimenticato cosa rende una vita degna di essere vissuta. Il fondamentalismo è chiusura ai valori occidentali di libertà e favorevole all’instaurazione di un regime teocratico, ma parte della sua forza, specialmente a livello di propaganda, si insinua quando il potere dimentica le masse più deboli che poi prestano ascolto alle sirene jihadiste, in quanto “l’ascesa dell’islamismo radicale è in perfetta correlazione con la scomparsa della sinistra laica nei paesi musulmani”. Si pensi a quanto accaduto in Afghanistan, del resto, dove i talebani strumentalizzarono le divisioni e le tensioni di classe, sfruttando la sventura dei poveri contadini, non per raggiungere l’armonia o la pace sociale, ma mirando a tutt’altro, e cioè l’obiettivo dello stato teocratico.
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> Secondo Zizek, un sistema capitalista e liberale è tanto più forte quando le forze liberali riescono ad andare a braccetto con quelle della sinistra riformista, perché non tenere conto delle istanze di cambiamento e di armonizzazione sociale espone la società all’azione di forze violente e rivoluzionarie, siano esse di sinistra o di destra – è interessante l’accostamento del fondamentalismo al fascismo, e non a caso Zizek parla di “islamo-fascismo”. Ciò che ha insegnato la storia d’Europa è che occorre sempre tenere alta la guardia ed esercitare l’esercizio della libertà insieme alla ricerca della giustizia e dell’armonia sociale, a livello collettivo e individuale. È questa la sfida in cui l’Europa e tutto l’Occidente si trova impegnato.
Mario Sammarone
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