(Albrecht Dürer, Melancolia I, 1514)
“La psicologia conosce degli stati […] di ‘svuotamento’ dell’Io, quando il senso di realtà si fa così inquieto e confuso da tradursi in un dolore uniforme che inutilmente va in cerca di un ricordo o di un’immagine contenitrice: ciò avviene tipicamente nelle stagnazioni della melanconia. Aristotele pensava che la passività piena di affanno melanconico non possa essere risolta ‘finché l’oggetto ricercato non sia raggiunto’ e tuttavia nel melanconico qualcosa di irremovibile sembra opporsi a questo esito guaritore, come se l’Io non potesse in alcun modo ‘richiamare’ le immagini di cui è in ricerca”.
Luisa Colli (La morte e gli addii, Moretti e Vitali)
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un po’ di ad metalla riempie lo spazio endocranico,recando benefici (terapia eroica)
in russia la cvhiamano chandrà.
https://m.youtube.com/watch?v=HUEB9FFMA_Q
Ma ch’andrà?
Certo che ch’andrà,
ch’à tanto spazio là.
Credo che la “melanconia” sia uno stato perenne di anelo a una vita immaginata ma irraggiungibile e pertanto desiderata a “senso” per proseguire il viaggio. Mirka
L’incapacità di estasi: la melanconia è quel posto vuoto nel ricco pantheon interiore, via di fuga, entrata nel labirinto. Interruzione di “negoziazione” della coscienza, o svuotamento?, ma anche fuga dal senso, dal centro, che deve poter “interrogare” una sedia vuota… sugli eventuali risvolti interiori, implicazione del’esperienza con un sublime che non ha alcuna Immagine nella quale approdare. La sedia in sé… è partecipe del vuoto in sè: l’estetica del sublime in questo caso è sintetizzata da quel cartello sulla sedia con su scritto “torno subito!”. Da un’eternità è il vuoto.
“… nati poveri/ che stelle meno nobili imprigionano nei desideri” – Shakespeare
https://zoticone.files.wordpress.com/2012/09/the_wounded_angel_-_hugo_simberg.jpg?w=1875&h=1509
e com’è che spesso si finisce in melanconia o in depressione,proprio a causa dell’amore ?E si suicidano proprio ?
… ‘che d’amore, si tratta: per una persona o per un oggetto che, idealizzati, in molti casi sembrano avere lo stesso valore. Sopravvive a se stesso e lascia vivere chi riesce a sostituire velocemente “l’oggetto” d’amore, ma vive chi, dopo un lungo percorso interiore non privo di sofferenze, impara a lasciare andare e a reinvestire nel mondo esterno le forze che gli vengono in soccorso dal lavoro di elaborazione… La persona amata non perderà mai il posto che le spetta nel cuore. Il telefonino perduto potrà essere, invece, ricomprato; Mentre la madre di Ulisse commise suicidio per non riuscire a sopportare l’assenza del figlio, ancora non riusciamo a distinguere amore da amore e “rifiutiamo” il concetto di vuoto, che continuiamo a riempire di cose inutili. L’arte nasce da quel vuoto. Gli astri interiori anche. Ma sembra che anche la tecnologia si stia attrezzando per conquistare quel posto… vista la mole di spazzatura nello spazio.
ma se scopro quell’illusione dell’immaginata vita. o esistenza, non sarà cosi facile il viaggio. Ossia meglio non svelare? oppure l’immaginato richiama ad altro, poiché un qualcosa di me dovrebbe immaginare un qualcosa non previsto? da che il mondo ha coscienza quella voce detta immagine, chiama… da quel labirinto….. allora.?
perchè immaginare ciò che non esiste, qual bisogno? se v’è un bisogno, v’è un sogno….! se il cammino dove nasce o muore, perché il profondo non l’accetta… è come un viaggiatore instancabile. Non credo sia l’attaccamento a questa vita, la motivazione del bisogno di altro. almeno che il senso non esiste in niente? sia una costruzione nei secoli dettata dal meno lavoro fisico più sete psichica e sviluppo della stessa?!
Forse perché l’amore è più grande del nostro “giustificato e non egoismo” forse perche non v’ divino amore senza parte umana, ma la parte umana che ha in se la parte divina, non potrà comunque saziarsi, se non forse, nel cammino…. trovare, ricercare le porte nel muro ben celate?
Grazie, Giuseppe!
Penso che l’inconscio sia un mondo reale nascosto dentro di noi, che può essere svelato progressivamente attraverso un lavoro di autosservazione costante. Penso che ciò possa portare alla reale discesa nei propri inferi, come fece Ulisse.
In questo processo le fasi di stagnazione tipiche della melanconia sono causate dal mancato raggiungimento della tappa da raggiungere.
Ciò che può impedire l’abbandono del lavoro é il mantenimento di quel senso nostalgico che spinge Ulisse prima verso Itaca, poi a riprendere il mare in cerca dell’ultimo approdo terreno che lo conduce verso l’oltre.
Non credo che questo processo, qualora diretto verso “l’oltre” possa avvenire con efficacia automaticamente fuori dagli ambiti di una vera azione di coscienza ( …L’esperienza psicanalitica ha dimostrato che questo arrendersi dell’Io è la premessa necessaria della cura ..-la quale-..procede insieme a un movimento di Lethe e di Memoria che .. iniziano a spostarsi, velando ciò che sembrava reale e disvelando ciò che era stato nascosto….
Pag. 110 – La morte e gli addii. / L. Colli).