Il mio amore è furtivo
come quello di un povero.
Ognuno può rubarlo.
Ed io dovrò lasciarlo.
Per ciò, fiume silente,
per ciò, mio dolce colle,
io non posso chiamarlo
amor semplicemente.
Ma tu, colle dorato,
e tu, mio fiume molle,
sapete che il mio amore
davvero è un grande amore.
Il pericolo odiato
per adesso non c’è?
Ma voi sapete, amici,
che nel mio cuore è.
Piangere mi vedrete,
o voi sempre felici,
non come piango già,
non di felicità.
Sandro Penna
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Chiamare a testimoni di quell’amore il dolce e dorato colle ed il molle e silente fiume forse è l’unica cosa che si può fare per legittimarlo “furtivo” e circoscrivere, divinare, riconoscere lo spazio psichico nel quale quell’amore potrà sentirsi a casa; l’unico modo per evitare l’odioso pericolo.
Cosa dice, quell’amore, per chiarire il dubbioso disio?
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo
Mi riconosco
immagine
passeggera
Presa in un giro
Immortalearissimo Gabriele, cercavo in rete il testo della poesia “Sereno” di G. Ungaretti ed, con mia grande sotpresa, Cercando ne ho trovate due versioni.
Mi chiedo… qual è l’originale? Possibile che ce ne siano due differenti?
Le riporto: la prima:
Dopo tanta nebbia a una a una si svelano le stelle. Respiro. E nel fresco che mi lascia il colore del cielo, mi riconosco in questo gioco infinito.
La seconda:
Scusate…mi è partito per errore u commmento sbagliato