Distrazione

Quando uno è distratto, bambino a adulto che sia, sta prestando attenzione a qualcos’altro. Può essere il sapone che scivola nella vasca da bagno, una mela che cade dall’albero o il modo particolare in cui un insetto si muove sul pavimento: una piccola cosa può condurre a grandi idee. Essere distratti significa, in altre parole, essere altrimenti attratti.”

Ellen J. Langer

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3 Risposte

  1. …E sono contenta di commentare con lui… Fisica applicata all’invisibile rapporto tra il qui dentro e “l’appena fuori” di un ricordo: e luce fu!

    […] Centro del tempo era la gabbia degli scimpanzè. Avevano una stanza alta e larga con attrezzi di palestra selvatica, tronchi, corde. Con gli anni sarei diventato scalatore, avrei salito rocce. Ho conosciuto la differenza tra quello e l’arrampicarmi sugli alberi. Forse una scimmia non riuscirebbe a passare sui minimi appigli, sugli strapiombi che ho scavalcato, né io mai riuscirei ad eseguire un percorso aereo tra i rami. Però nei gesti che mi issano sulle asperità, cerco un po’ di quella grazia, di pura forza trattenuta, di morso sull’esplosione di energia. Quando nel buio dei muscoli risento il calco di un gesto di scimpanzè, depurato di sforzo e di spreco, allora sento un serpente di felicità che si snoda nelle viscere. Quel gesto ha lavorato in me senza che io l’abbia studiato, per viaggio naturale da una memoria di ragazzo a una catena di muscoli adulti. Scimmia è questa membrana di cervello che dà ordini di gomma e fa oscillare il corpo sopra il vuoto con indifferenza e precisione. Gli scimpanzè presiedevano al mio corpo, maestri di eleganza che io provavo ad applicare riducendola a tecnica. Davanti al loro camerone un ragazzo scappato di scuola lasciava gli occhi aperti a guardare, come si lascia aperta una finestra per far entrare l’aria di una giornata di sole invernale. Lasciavo gli occhi aperti e dentro entravano le scimmie a sbattere l’aria della mia stanza, portando movenze da agitare in sogno, quando il corpo pesa molto meno. Non era solo vita quella dei loro voli, non solo applicazione di energia ai sostegni e, tra sostegni, l’aria: stavano descrivendo una geometria infallibile per gli occhi vuoti di un ragazzo in fuga.
    L’odore della gabbia era di frutta decomposta, di noccioline abbrustolite, pulci masticate, niente che assomigliasse al nostro di ascelle dopo una gara o un gioco. Si toccavano tra loro per un’intesa che di rado ho visto tra le persone: con proprietà di sensi e di distanze, come noi proviamo a fare con le parole. […]

  2. Santo cielo, avevo dimenticato di dire che nel mio commento precedente ero intimamente connessa con la trama di “In alto a sinistra”, di Erri De Luca.

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