Psicologia e alchimia

La storia dell’umanità è profondamente plasmata da archetipi, strutture fondanti alle quali il pensiero deve la propria capacità creativa

Tratto da Il Quorum.it

Nell’introduzione del saggio di Arturo Schwarz, “Cabbalah e alchimia”, l’autore nota come per secoli questi due insegnamenti abbiano goduto di poca stima, soprattutto perché misinterpretati fino all’inizio del secolo appena concluso. Di fatto generalmente si tende a pensare all’alchimia come ad una pratica che tentò di trasformare i metalli meno pregiati in oro, di produrre l’elisir di lunga vita mediante la Pietra Filosofale e che, per lenta evoluzione, da essa è derivata la chimica moderna. I testi degli antichi alchimisti scritti volutamente in uno stile oscuro, ermetico, ricchi di immagini allegoriche incomprensibili possono forse giustificare questa interpretazione quantomeno superficiale (6).

Al termine degli anni venti Jung scopre singolari affinità tra antichi simboli cinesi e i sogni dei suoi pazienti: comincia così a studiare i testi degli alchimisti. “Psicologia e alchimia”, dato alle stampe per la prima volta a Zurigo nel 1944, costituisce un ampio rimaneggiamento di due studi (“Simboli onirici del processo di individuazione” del 1936 e “Le rappresentazioni di liberazione nell’alchimia” del 1937). Essi rispondevano all’intento di verificare il fondamento oggettivo, ovvero l’appartenenza all’esperienza psichica collettiva, di risultanze intrapsichiche personali, che, come tali, non potevano pretendere alla validità scientifica. Grazie alla sua esperienza di psicoanalisi Jung poté riscontrare nei suoi pazienti alcuni elementi che ricorrevano nei loro sogni e, distaccandosi dal parere di Freud per il quale i sogni erano una sorta di criptogrammi standardizzati decifrabili sulla base di alcune ricorrenze, capì che non erano solo di tipo patologico (fobie, traumi…) ma affiorano alla coscienza individuale dai contenuti archetipi dell’inconscio collettivo. Per Jung il lavoro degli alchimisti era sì fatto di reali sperimentazioni chimiche ma il loro fine, la Grande Opera, è da intendersi come ricerca di esperienze psichiche che permettevano all’adepto di operare interiormente il processo di Individuazione (la consapevolezza aurea, aurea apprehnsio). Il termine alchimia deriva dall’aramaico al-kimija, pietra filosofale, derivato dal siriaco kimiiya, dal greco bizantino chimeia: mescolamento (1).

Le nozioni alchemiche esercitarono una certa influenza anche sui movimenti artistici post-romantici e di avanguardia, come il surrealismo. Breton nel “manifesto del Surrealismo” del 1924, dichiarò di voler assumere la sapienza Alchemica a modello di un “occultamento” per evitare assolutamente al pubblico di entrare nell’opera, ovvero tenerlo alla porta della provocazione, confuso e sfidato, così le avanguardie, spesso, cercarono dietro astruse e insensate provocazioni, di nascondere un sapere ermetico. Ne fu un anticipatore Marcel  Duchamp, il quale, nella sua opera “La Sposa messa a nudo dai suoi scapoli”, opera nota più brevemente come “Il Grande Vetro”, cui lavorerà dal ’15 al ’23 senza portarla mai decisamente a termine, (nel ’27 fu danneggiata durante un trasporto – ma Duchamp lasciò intatta la frattura del vetro considerandola un’aggiunta “casuale”) nascose, dietro il precetto alchemico del “silenzio” un significato ben più profondo della stessa provocazione visiva. Nel suo lavoro, oltre a rimandare all’ironia e all’assurdo, che rimangono sempre principi fondanti, rimanda anche all’opus alchemico (7).
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Il Grande Vetro

Maria “portata nella nuvola” è la Vergine Assunta e, in effetti, come nelle tradizionali iconografie dell’Assunzione, il “Grande Vetro” (notare il gioco di parole fra Grande Vetro e Grande Opera) è diviso in due parti, terrestre e celeste; nella prima vediamo una nuvola con tre quadrati, nella seconda un parallelepipedo in prospettiva, simboleggiante un feretro vuoto; i “trebbiatori celesti”, invece, richiamano la definizione duschampiana dell’opera come “macchina agricola” e come “macchina a vapore” con “base in muratura” (ovvero il fondamento massonico-ermetico-filosofale che la spiega). Nel linguaggio dell’alchimia la trebbiatura (“celeste”), l’assunzione della Vergine incoronata dalla Trinità e il denudamento della sposa sono tutte metafore, codificate nei trattati (come nell’immagine tratta dal Rosarium Philosophorum), che significano la purificazione della materia e la sua trasformazione in “pietra filosofale” (3). I dettagli sono molti: La “macinatrice di cioccolato”, come l’artista chiama il congegno con tre rulli (la macina della Malinconia di Durer) che serve a triturare la materia “al nero” (indicata come cioccolato). I sette “setacci” o “crivelli” che la sovrastano corrispondono alle sette chiavi delle operazioni e sono strumenti di progressiva raffinazione. Il “mulino ad acqua” incorporato nel carro-sarcofago e con sopra le “forbici” a croce (secondo i termini di Duchamp) alludono al progressivo dissolvimento della materia la quale, una volta “dissolta”, sale al cielo come vapore. Nel cielo la nuvola con tre finestre (allusive alla Trinità) ricondenseranno la materia per farla tornare sulla terra in forma di gocce fertilizzanti (rugiada filosofica) e dare nuovo avvio al processo alchemico. L’opera così in sé è una continua polarizzazione di principi positivi e negativi e credo che la sua essenza risieda proprio in questa sua ineffabilità, in questa mancanza; il Vetro, ovvero l’assenza dell’elemento che pone una distanza fra l’opera e l’osservatore, inoltre, contribuisce ad aumentare questa partecipazione passiva al processo, questa sorta di ermeneutica infinita che non finirà mai di colpire. Definire il “Grande Vetro” una macchina agricola apparirà meno paradossale alla luce delle seguenti considerazioni: anzitutto c’è un chiaro riferimento al concetto tradizionale dell’agricoltura sentito quale matrimonio simbolico tra la Terra e il Cielo; quindi l’aratura è associata con la semina e l’atto sessuale. Infine è naturale che Duchamp abbia definito, in un’altra nota “un mondo in giallo” questo suo lavoro. nella tradizione esoterica il giallo è il simbolo dell’oro e del Sole; il Sole a sua volta, ha valore simbolico di rivelazione (4).

“La macchina psicologica che trasforma l’energia è il simbolo” (Jung, 1928). In una piccola opera dal titolo “Energetica Psichica” Carl Gustav Jung ha affrontato il tema spinoso dell’energia vitale. In termini evolutivi rispetto all’opera di Freud, Jung ha sostenuto che la libido subisce in gran parte una trasformazione naturale (metabolica), ma che in piccola parte può essere dirottata per produrre altre forme. Dal corso naturale delle cose, possiamo sottrarre “energia eccedente” con cui fare un lavoro, produrre cioè oggetti e attività di valore individuale e collettivo. L’energia vitale espressa da una cascata ad esempio – dice Jung – acquisisce un valore funzionale e non solo estetico, nel momento in cui viene convogliata in una diga e dunque in una centrale idroelettrica. L’energia naturale acquisisce valore nel mondo degli uomini quando, ricondotta in un sistema dotato di senso, viene spinta a fare un lavoro (anche nella fisica inteso come Forza x Spostamento). Lo strumento che Jung suggerisce per distogliere energia dal corso naturale è il simbolo. Cos’è il simbolo? Il simbolo è un segno ricco di possibilità interpretative in parte individuali, in parte archetipiche. Il simbolo spinge l’uomo a “dare senso” dunque produce energia, deviando il corso naturale dell’accadere psichico (7).

Arturo Schwarz scrive: “Nessuna opera più del ‘Grande Vetro’ può rappresentare l’irraggiungibile trasparenza della pietra filosofale. La storia della ricerca della pietra filosofale è la storia di una serie di fallimenti; ma gli uomini che hanno fallito con audacia ci hanno dato insegnamenti più di coloro che hanno avuto effimeri successi. Negli scacchi si può arrivare a una posizione senza via d’uscita, ove nessuno degli avversari può imporre la vittoria. Uno di essi si trova in uno stato di perpetuo scacco. Per Duchamp questa situazione è divenuta la metafora della sua relazione con la vita. Probabilmente, è il suo più bel finale di partita” (5).

Duchamp scrisse che “in nessun momento nel processo la Sposa entra in relazione con la realtà maschile e il culmine dell’opera è lo svelamento, la rivelazione”. Octavio Paz notò che quella che talora viene interpretata come una allegoria dell’onanismo o come l’espressione di una visione pessimistica dell’amore (la vera unione è impossibile e la non consumazione o il voyeurismo sono una alternativa meno crudele al rimorso che consegue al possesso) punta forse invece altrove.

In “Dati”: 1) La caduta d’acqua 2) Il gas illuminante (1946-66) Duchamp infatti suggerisce che l’unione e’ possibile, tuttavia unicamente se lo sguardo si trasforma in contemplazione ed esplorazione dei contenuti psichici proiettati (animus e anima, rispettivamente).

Si tratta in realtà di una enorme scatola ottica, simile a quelle in uso nel XVII secolo, che permette di osservare attraverso due fori praticati su una delle sue pareti la raffigurazione di una donna distesa nell’erba di un prato, nuda e con il volto completamente nascosto, o meglio, volutamente escluso dal campo visivo. Sullo sfondo si scorge una sorgente d’acqua immersa in un paesaggio naturale.

In ambedue le opere (“l’Assemblaggio/Dati” e “la Sposa” il semplice guardare si trasforma nell’atto di vedere-attraverso; in ambedue i casi ci guardiamo guardare, il che ci pone di fronte a noi stessi). Il desiderio, trasformato dall’immaginazione è divenuto conoscenza, consapevolezza, integrazione. Oltre ad essere conoscenza, la visione erotica è creazione, trasformazione. Il nostro sguardo traforma l’oggetto erotico: ciò che vediamo è il simbolo, l’immagine del nostro desiderio proiettato (Jung direbbe di frammenti del nostro Animus o Anima).

Ed è anche probabilmente chiaro il riferimento alla fisica quantistica: colui che “spia” fa parte dello spettacolo, attraverso il suo sguardo l’Assemblaggio si realizza. La meccanica quantistica infatti introdusse due elementi nuovi ed inaspettati rispetto alla fisica classica: una è appunto l’influenza dell’osservatore. Inoltre gli oggetti “quantistici” (atomi, elettroni, quanti di luce, ecc.) si trovano in certi “stati” indefiniti, descritti da certe entità matematiche (come la “funzione d’onda” di Schrödinger). Soltanto all’atto della misurazione fisica si può ottenere un valore reale; ma finché la misura non viene effettuata, l’oggetto quantistico rimane in uno stato che è “oggettivamente indefinito” (come non ricordare, il “proteomorfismo mercuriale e mutevole” di alcuni fenomeni naturali descritto dagli alchimisti), sebbene sia matematicamente definito: esso descrive solo una “potenzialità” dell’oggetto o del sistema fisico in esame, ovvero contiene l’informazione relativa ad una “rosa” di valori possibili, ciascuno con la sua probabilità di divenire reale ed oggettivo all’atto della misura.

Nei “Tre rammendi” di Duchamp il “metro di lunghezza” che cade da un metro di altezza su un piano orizzontale deformandosi a suo piacimento fornisce una nuova immagine dell’unità di lunghezza, che poi altro non è che una “nuova misura” dell’immagine del mondo. Probabilmente l’inclinazione della modernità ad attribuire potere pressochè illimitato alla scienza positivista è controbilanciata dalle incertezze inerenti alla meccanica quantistica (7). Dai mille sogni che Wolfgang Pauli, uno dei fisici più creativi del Novecento, portò in dote a Carl Gustav Jung, scaturì una straordinaria avventura intellettuale e umana. L’incontro portò alla riscoperta della nozione di sincronicità e alla reinterpretazione di quelle coincidenze, prive di connessioni causali ma dense di significato, che ricorrono di continuo nella nostra esperienza quotidiana. Fece maturare la consapevolezza che la storia dell’umanità è profondamente plasmata da archetipi, strutture fondanti alle quali il pensiero deve la propria capacità creativa, dato che costituiscono una riserva psichica pressoché inesauribile da cui trarre alimento (6). Ma soprattutto fu all’origine di un’ulteriore alleanza tra fisica e psicologia, tra materia e psiche, cui, probabilmente, Duchamp aveva già silenziosamente messo il sigillo dell’arte.

Massimo Lanzaro

Bibliografia

1. CG Jung. Psicologia e alchimia 2006, XIV-552 p., Brossura, Bollati Boringhieri

2. Octavio Paz, “Apparenza nuda – L’opera di Marcel Duchamp”, Abscondita, 2000 “Apparenza nuda” è formato da due saggi che Octavio Paz ha dedicato a Marcel Duchamp. Il primo è un’introduzione generale all’opera dell’artista francese: esso contiene una descrizione completa e un’interpretazione del Grande Vetro. Il secondo saggio è un’analisi dell’Assemblaggio di Filadelfia.

3. M. Calvesi, Arte e alchimia, Collana: Dossier d’art, 1995

4. M. Eliade, Il mito dell’alchimia seguito da: L’alchimia asiatica. Collana «Variantine», Bollati Boringhieri, 2001.

5. Arturo Schwarz, Cabbalà e alchimia – Saggio sugli archetipi comuni, Garzanti, 1999

6. Tagliagambe & Malinconico. Pauli e Jung. Un confronto su materia e psiche. Raffello Cortina, 2011

7. Massimo Lanzaro. Reflections on Duchamp, quantum physics, and mysterium coniunctionis (trattasi di una versione precedente, in inglese, di questo scritto presente su CGJ Online).

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27 Risposte

  1. Per tutti

  2. Io sarò la nube e tu la luna. Ti coprirò con entrambe le mani, e il nostro tetto sarà il cielo.

    Tagore

  3. ultimo video lo chiamerei:
    Dolcezza

  4. Devo essere sincero: mi sfugge un po’ il nesso tra l’articolo e i video…

  5. sono d’accordo – neppure io vedo il nesso tra articolo e video, ma… allo stesso tempo sono sicura che per Anna il nesso esiste… e la incito a… farcene pertecipi in maniera da allargarci gli orizzonti.

    Buona serata a tutti

  6. …Il sogno di Jung e Pauli: saper indirizzare il proprio destino, sapere intuirlo dalle sincronicità che collegano la mente al corpo, divisi da una visione positivista, e questi all’universo, in prospettiva di un’esistenza piena. Perchè “sapere afferrare i segni del destino nelle sincronicità, questi messaggi dal non-manifesto, significa anche trasferire al corpo salute e prontezza.”

  7. Carissimo Prof. Gabriele e Carissimo Michele, al solito mio, per quel comune spirito di ricerca interiore che prima o poi conduce alla conoscenza dell’essere così’ come conduce a conoscere tutto della natura e delle leggi che regolano questo mondo…. (per non parlare degli altri infiniti mondi materiali, superfisici o spirituali) e sempre al vaglio del suo sapiente consenso, vorrei citare qualcosa a proposito della ALCHIMIA…… Magari sarò uno spunto per generare tantissime giuste o ingiuste critiche da parte di tutti i nostri cari amici e care amiche di questa radiosa illuminante casa… ma come vien detto… importante a volte nelle relazioni è parlare, discutere, ragionare, sia del bene cosi’ come anche del male… perché i due aspetti sono necessari a comprendere la vera luce come anche a comprendere il vero buio che ci mostra le numinose/radiose natie infinite stelle …… 😀

    Visto che più volte si è nominato l’elisir di lunga vita, o la pietra filosofale così tanto ricercata in ogni tempo, o la trasmutazione alchemica del vile metallo in oro…… vediamo di gettare le basi sulla conoscenza di quell’antica stranissima come per alcuni anche assai riluttante Scienza Tantrica….

    Dunque……. vediamo cosa suggerisce la moderna psicologia alla vera alchimia……. che, SCUSANDOMI CON TUTTI, io ancora reputo allo stato infantile….fintanto…. che cerca di analizzare/catalogare (con tante belle archetipali e non capite parole) l’essere umano solo dai gusci che si mostrano in superficiale…. disconoscendo che sono solo un mezzo dello spirito immortale affinché l’esplorativa conoscenza pratica possa passare per tantissime parti esistenziali (a volte anche assai scomode) ….. che nulla hanno a che vedere con l’attore/spettatore/osservatore , che per molti aspetti sono la stessa cosa, così come SI DISCONOSCE lL VERO REGISTA che proietta l’ombra delle sue solcanti/cristallizzanti idee

    copiandolo …….. da una ricerca su internet….

    L’INDAGINE SCIENTIFICA SCOPRE LA DOTTRINA DELLA MANIPOLAZIONE DEI FLUIDI SESSUALI

    (…e mette in imbarazzo i detrattori de “Lo Sputo della Luna”)

    Nel 1996 uscì negli Stati Uniti, a cura di un Professore dell’Università di Chicago, un corposo libro dal titolo professionale e accademico: THE ALCHEMICAL BODY – Sddha Traditions in Medieval India, di David Gordon White (ora tradotto in italiano dalle Edizioni Mediterranee). Il titolo così com’è lascia intuire poco su alcune importanti conoscenze che vi sono contenute, ed in particolare quelle che hanno relazione con la dottrina kremmerziana della manipolazione alchemica dei fluidi corporei (sperma, sangue mestruale, orina e feci).

    Il testo invece costituisce una vera sorpresa per tutti coloro che erano inorriditi alla lettura de Lo Sputo della Luna esclamando: “non è possibile che un maestro così sublime come Giuliano Kremmerz possa essere immischiato in queste schifosissime pratiche di magia nera”. Adesso, invece, si scopre che nell’India medievale e grazie forse ad influenze islamiche, gli alchimisti indù trafficavano allegramente con i suddetti elementi e con le stesse modalità, grosso modo, descritte ne Lo Sputo della Luna.

    E’ vero, è difficile ammettere che Kremmerz sia lo stesso ripropositore di queste dottrine, dopo che di lui si sono lette le opere ufficiali, ma solo perché queste cosiddette opere ufficiali sono state imposte al pubblico da quei suoi seguaci che, animati da spirito settario e di parte, vollero tenere per se stessi, con spirito massonico e sindacalisticheggiante, come già scriveva nel 1909 Vincenzo Cavalli – quella parte di dottrine che costituivano un mezzo pratico, concreto di realizzazione magica. E’ chiaro che non tutto si poteva dire, specie nei decenni passati, ma quante cose nella società umana si sono potute realizzare nel bene e nel male perché qualcuno ha violato la consegna di fare ciò che non si doveva fare?

    Vediamo dunque di trovare, nel libro dell’esimio professore statunitense, le conferme al contenuto de Lo Sputo della Luna…

    p.4 Il nostro autore comincia col precisare che nel subcontinente indiano gruppi diversi per ispirazione e finalità dottrinali erano accumunati da un motivo comune: “la considerazione dei fluidi sessuali – maschili e femminili (…) tutti i fluidi, inclusi quelli umani, resine vegetali, pioggia, acque, oblazioni sacrificali, sono tutte manifestazioni di rasa [Mercurio in senso lato]”. “La via per divenire un secondo Shiva fu, nel primitivo tantrismo, realizzata attraverso la guida di un’orda di selvagge divinità (che i tantrici identificavano con le loro compagne), generalmente note come yognis. Queste divinità “affamate di beatitudine”, attratte dalle offerte di misture di fluidi sessuali, pentrano la coscienza del praticante, per trasformarlo, attraverso la loro sfrenata libidine, in un dio incarnato.

    p.5 “Per la setta dei Nath Siddhas, i poteri e la liberazione in vita erano i diretti risultati di interne combinazioni e trasformazioni dei fluidi sessuali nell’amrita, il divino nettare di immortalità”. “Nel caso della Dea, la sua secrezione sessuale, il suo seme, assunse il simbolo della mica, mentre il suo sangue mestruale o uterino venne identificato con lo zolfo. C’erano svariate motivazioni a giustificazione di ciò, non ultima quella chimica: la mica e lo zolfo sono degli importanti reagenti nella purificazione e attivazione dell’omologo minerale [mercurio] del seme divino”.

    p.6 “Parallelamente al suo lavoro di laboratorio, l’alchimista indù si impegna nella pratica dell’hathayoga, così come in un certo numero di operazioni tantriche erotico-mistiche che coinvolgono i fluidi sessuali che lui e la sua donna assistente di laboratorio emettono allo scopo di catalizzare le reazioni tra i divini fluidi sessuali sotto forma minerale”.

    p.9 “Che questi Yoghi fossero alchimisti ci è noto non da una testimonianza qualsiasi ma da quella di Marco Polo che, descrivendo un gruppo di ciugi (yogi) da lui incontrati sulla costa malabarese dell’India alla fine del tredicesimo secolo, attribuiva la loro sovrumana longevità di 150-200 anni, al fatto che ingerivano un elisir composto di mercurio e zolfo”.

    p.25 “uno dei primi riferimenti di medicina ayurvedica che possediamo circa l’utilizzo interno del mercurio – chiamato anche rasa, fluido vitale del dio Shiva – lo prescrive come trattamento per incrementare la produzione di seme maschile. La durata del trattamento è alquanto significativa: come la luna, i dhatus corporei si riempiono in quindici giorni”.

    p.72 “In parole povere, scopo dell’alchimia tantrico-buddhista è la produzione del nettare d’immortalità e saggezza grazie alla combinazione di sperma e sangue uterino ed è ad un tempo yogica e sessuale. L’alchimia indù impiega gli stessi mezzi ma li integra con elisir a base minerale ottenuti con alchimia di laboratorio”

    p.136 “…il culto delle yoginis (che venivano invocate con l’offerta e la consumazione collettiva di sangue, carne, vino, e fluidi sessuali)”.

    p.137 “I Kaulas sono quelle persone che fanno parte di un kula, cioè, una discendenza settaria, una particolare line tantrica di trasmissione che si perpetua di maestro in discepolo e che fa uso del potere dell’essenza della secrezione sessuale della Dea, anch’essa detta kula. La reinterpretazione fatta da Abhinavagupta delle pratiche del kula verte specificamente sulla questione dell’orgasmo sessuale e dell’impiego dei suoi derivati: mentre nel Vidyapitha lo scopo principale era quello di produrre le sostanze di potere necessarie per soddisfare le divinità, qui il rito dell’accoppiamento è esteticizzato…l’enfasi si porta direttamente sull’orgasmo. Esso non è più principalmente un mezzo di produzione. E’ un mezzo privilegiato per accedere all’espansione estatica della coscienza in cui le divinità del Kula permeano e convalidano l’ego del fedele. (…) In certi casi [Abhinavagupta] prescrive, per il conseguimento dei poteri, la consumazione dei fluidi sessuali dopo il coito. In questo caso, i celebranti devono passarsi i fluidi da bocca a bocca prima di versarli in un vassoio come offerta agli dei del sacrificio tantrico. Nell’opera dei Siddha Cakra dell’yuganathas, l’officiante fa offerta a Bhairava (con il quale si è identificato) e alla catena energetica che lo circonda, bevendo una mistura di fluido sessuale maschile e femminile (…) Nello stesso commentario, Jayaratha fa riferimento ai fluidi prodotti sessualmente come ai migliori elisir”.

    p.138 “La forza cosmica che attiva e attualizza ogni aspetto della pratica tantrica è, in fondo, nient’altro che una corrente o un flusso di fluido sessuale. La vita e la struttura di una famiglia o di un clan tantrico (Kula), è costituita dal flusso datore di vita – e immortalità – dell’essenza del clan che è trasmessa, concretamente e in forma di fluidi sessuali, con l’iniziazione tantrica e i rituali di adorazione. Ciò è attestato da un ampio ambito di riferimenti. (…) Anche al giorno d’oggi i tantristi dell’Assam identificano il loro nettare di trasmissione con il fluido mestruale della Dea o con la mistura dei fluidi sessuali di Shiva e della Dea”.

    p.163 “Al vertice di questa devozione c’è l’adorazione di Shiva sotto forma di un fallo di mercurio, il cui mercurio è stato stabilizzato e calcinato con sangue mestruale. Nessun testo alchemico tantrico è così attento ai poteri miracolosi del sangue uterino o mestruale come il Matrikabheda Tanta. Tale sangue è classificato in sei tipi diversi, in base all’età, allo stato maritale, e all’esperienza sessuale della donna in questione ed il suo impiego è prescritto in numerose pratiche, sia rituali che alchemiche”.

    p.172 “Come segnalato in un precedente capitolo, l’autore del Rasarnava Tanra considera la scuola alchemica come una trasmissione, una catena con una sua propria insegnante del Kula. Siccome il nettare di trasmissione della discendenza alchemica è, come quella di altre sette tantriche, trasmesso attraverso le secrezioni sessuali femminili, questo testo prescrive rapporti sessuali e devozioni erotico-mistiche quali vie di trasformazioni alchemiche (con l’eccezione degli yogi, che sono invitati a serbarsi casti nel periodo della preparazione del loro mercurio). Tuttavia, una donna assistente di laboratorio (e, in specie, il suo fluido sessuale e mestruale) è importantissima per la pratica dell’alchimista. Tuttavia, il fluido deve essere trattenuto da un’altra donna”.

    p.173 “L’alchimista tantrico tempera il suo tantrismo e sublima certe pratiche erotico-mistiche kaula con tecniche di hatha-yoga e di laboratorio [cioè le pratiche più efficaci sono proprio quelle erotico-mistiche…]

    p.175 “Adorando Shiva sotto specie di mercurio calcinato, con sandalo, canfora e croco, si consegue il cielo di Shiva, Shivaloka. Ingerendo mercurio si distrugge la triade dei peccati (in pensieri, parole e opere), delle afflizioni e degli stati di debolezza”.

    p.188 “Il più concreto punto di intersezione tra le tradizioni yogiche ed alchemiche dell’India sta nell’identificazione del mercurio con lo sperma di Shiva, e dello zolfo, arsenico rosso o mica col sangue mestruale o secrezione sessuale della Dea”.

    p.197 “Nel laboratorio alchemico, tali omologie vengono messe in pratica tramite tecniche che coinvolgono la mistura di sperma e sangue umano, divino e minerale. Qui, il punto di convergenza tra questi sistemi interpenetrativi è la figura dell’assistente di laboratorio-donna dell’alchimista, di cui si parla nel Rasarnava Tantra e in numerose altre fonti. Questa assistente può essere di quattro tipi: kakini (una donna che mestrua nella fase oscura del mese lunare), kikani (una donna che mestrua nel pieno del mese lunare), kancikacini (che mestrua nella fase crescente), o padmini (che mestrua sia in luna piena che in luna nera). I nomi di questa assistente sembra che facciano riferimento diretto al suo organo sessuale, che è anche descritto in questi testi, in termini ideali, assomigliante ad una foglia di ashvatta (ficus religiosa). In effetti, ogni cosa a riguardo della donna dell’alchimista è ideale: essa è giovane, bella, capelli nero corvini, occhi di cerbiatto, perfettamente proporzionata, di buon parlare, sorriso lunimoso, gentile quando bacia e abbraccia, ghiotta di prodotti caseari, e devota di Shiva. Tuttavia ciò che la rende degna di interesse pare che sia il suo organo sessuale così come il sangue mestruale che ne sgorga, e ciò per una ragione molto pratica, che il Rasaratnasamucchaya spiega: Colei che mestrua nella metà scura del mese lunare è la più adatta per la fissazione del mercurionella pratica alchemica. In che modo quest’assistente giova al potere dell’alchimista? Per ventuno giorni essa deve mangiare zolfo…il suo sangue mestruale diviene così atto a fissare e calcinare il mercurio. Altre fonti istruiscono l’alchimista a porre il detto mercurio, avvolto in una pezzuola, dentro la vulva della sua compagna, allo stesso scopo; oppure a macerare dello zolfo nel sangue mestruale di una donna allo scopo di aumentare la sua potenza”.

    p.199 “I fiori di una donna misti con sperma e mangiati per un anno” vengono proposti come un elisir. Qui, i fiori in questione sono il sangue mestruale (specie quello di una vergine, di una donna che dev’essere ancora deflorata), e non dovremmo sbagliarci se qui facciamo notare che lo zolfo nella sua forma pura è conosciuto in questa tradizione, come in occidente, come fiori di zolfo. (…) Precedentemente, ho citato la pratica conosciuta come vajroli mudra, grazie a cui il praticante maschio è in grado di attingere direttamente dal fluido l’essenza di potere che scorre naturalmente nella sua compagna tantrica, la yogini. In termini tecnici, vajroli mudra è una suzione uretrale o, più prosaicamente, la tecnica della fontana penica, con cui il praticante maschio, dopo aver eiaculato nella sua compagna, riassorbe il suo proprio sperma, ora catalizzato grazie alla commistione con la di lei essenza sessuale o sangue uterino, e portato indietro nel proprio corpo. Così facendo, assorbe in sé, assieme al proprio seme raffinato, una certa quantità di quell’essenza femminile che può in seguito servire a catalizzare il processo yogico (risveglio di kundalini, ecc.) con cui il suo seme viene trasmutato in nettare. Molte fonti rilevano che la donna può fare lo stesso dell’uomo, cioè, trattiene il suo seme dentro di sé per in tal modo catalizzare le proprie trasformazioni yogiche.(…)

    E’ un dato comune in tutte queste tradizioni che la trasmissione del fluido o il nettare del cerchio tantrico, l’essenza sottile fluida che libera la consapevolezza, sia naturalmente presente nella donna, ed è precisamente per questo motivo che il praticante tantrico maschio si lascia coinvolgere in rapporti sessuali con essa. (…)
    è pertanto necessario per i maschi attingere nella donna in modo che questa inesauribile fonte di energia venga attivata in loro.(…)
    Nella pratica erotico-mistica, è originariamente nella praticante femmina che la pura sostanza (Maharasa) risiede. Questa appunto viene trasmessa al praticante maschio e restituita alla femmina in uno scambio finale effettuato da bocca a bocca… questo si svolge dalla bocca-principale (quella della yogini) alla bocca dell’adepto e viceversa. [il nostro autore precisa poi, che solo successivamente questa pratica è stata considerata da un punto di vista esclusivamente simbolico e interiore].

    p.202 “Il frutto di questa unione, l’assunzione della mistura di fluidi maschili e femminili nello yogi… [determina la formazione] di un corpo di diamante [o corpo di gloria]. E’ un corpo in possesso di tutti i pote yogici, compresa la capacità di trasmutare i metalli comuni in oro con l’impiego dei propri escrementi, saliva ecc.

    p.312 Dal quarto al quattordicesimo secolo le fonti tantriche, il Tantraloka di Abhinavagupta, il Kularnava Tantra, il Saradatilaka e il Goraksa Samhita – descrivono un’iniziazione conosciuta come vedhamayi diksa, “iniziazione sotto forma di penetrazione”. Si tratta della penetrazione, da parte della shakty del guru, del corpo sottile dell’iniziando. Abhinavagupta afferma che l’iniziazione per penetrazione è di sei tipi, uno dei quali è chiamato binduvedha (penetrazione di “potenza virile” ma anche di una “goccia”, bindu di sperma)…. L’iniziazione nella setta degli Aghori Shaiva avviene quando il guro pone una goccia del suo sperma sulla lingua dell’iniziato. Infine, in un passo peraltro ispirato dal Kaulajnananirnaya di Matsyendranath il Tantraloka prescrive il passaggio bocca-a-bocca dei fluidi sessuali per l’ottenimento dei poteri. Alla luce di questi dati, possiamo concludere che lo yogurt che Gorakh “rovescia” e offre sputando nella bocca del principe Prithivinarayan, lo sputo trasmutatorio che cade vicino al re Vikramaditya e sul piede di Bappa Rawal, la posizione sessuale invertita che la giovane danzatrice Dombi assume per sedurre il re Chakravarman – possono tutti quanti essere letti come tanti racconti appena velati dell’iniziazione per penetrazione, mediante la quale un guru cerca di trasformare il discepolo in un essere realizzato, immettendo in lui il suo sperma sublimato.

    p.320 La più alta forma di trasmutazione, shabda vedha, avviene quando l’alchimista provetto, tenendo una pillola di mercurio in bocca, la proietta sui metalli base. Altrove il Siddha yoghi alchimista è in grado di adoperare le proprie secrezioni corporee per “penetrare” e trasmutare i metalli base in oro. (…) questa penetrazione dei chakra – chiamata chakra bedhana o chakra vedhana – è anche una specie di penetrazione sessuale, sebbene condotta con le polarità sessuali invertite, dato che è una kundalini femmina quella che si sveglia, potenzia, innalza e financo scaglia fino in cima alla volta cranica, cavità che è la sede del maschio passivo Shiva.

    p.321 Quando il guru entra nel corpo del suo discepolo sotto forma di una goccia di saliva, di sperma o come suono, è sempre lui che penetra per primo i sei chakra del discepolo, prima di uscire dalla bocca di quest’ultimo e rientrare nella propria bocca.

    AVREMMO POTUTO CONTINUARE IN MODO PIU’ ESAURIENTE LA SEQUELA DI CITAZIONI DAL LIBRO DEL WHITE. CI BASTA AVERE RIPORTATO QUESTI PASSI INEQUIVOCABILI; IL LETTORE INTERESSATO POTRA’, SE LO VUOLE, PROSEGUIRE STUDIANDO ATTENTAMENTE IL TESTO DELL’AUTORE AMERICANO. A NOI E’ BASTATO PRODURRE UNA PROVA CHE QUANTO RIPORTATO NE “LO SPUTO DELLA LUNA” E’ IL RETAGGIO DI UN INSEGNAMENTO CHE SI E’ PERPETUATO OCCULTAMENTE SIA IN ORIENTE CHE IN OCCIDENTE, COME DIMOSTRANO ANCORA I RIFERIMENTI DEL TESTO CHE SEGUE: [1]

    Sangue sacro, fluido, che non coagula, in perfetta sintonia con le leggi del cosmo, appare e scompare per poi mostrarsi di nuovo, in un eterno ripetersi. Rituale magico, misterico, associato all’armoniosa accordatura lunare, prodigio biologico dal profondo aroma mistico e ciononostante bistrattato, negato, screditato, demonizzato, escluso per quanto possibile da ogni memoria spirituale.

    Nulla come il Menarca, il Vistatore Rosso, il Cardinale, la strada rossa, il tempo dei fiori come dicono gli Indiani, o la ciliegia colma di sherry degli Americani ha subito quel processo, per sua natura parziale, chiamato rivisitazione storica, con tanta violenza e determinazione. In India menarca (visitatore misterioso dal nome greco-antico) è l’Anno dei meloni che si aprono oppure larossa Dakini, ma spesso viene definito con termini più timidi e dimessi come le cose, le noiose, la pioggia o espressioni umoristiche e maliziose come la comunista, la zia rossa della riva rossa, il Mar Rosso va in giro o l’uscita da Roma [2].

    E’ una vecchia storia lunga quanto il mondo e forse anche di più! Sacer mensis, letteralmente “mestruazione sacra”, è probabilmente l’origine della parola sacramento [3], il che porta immediatamente alla memoria, di tutti coloro che hanno ricevuto un’educazione cattolica, suoni di campanelle, odore di incenso, rituali offuscati dal fumo delle candele votive, litanie più o meno comprensibili, pizzi, merletti e ori a cornice di ostie e vino consacrati.

    Il mistero della trasformazione del sangue è il valore centrale di alcune religioni. Nella religione patriarcale cristiana, il portatore di questo sangue è Gesù, il suo sangue è maschile e scorre con la morte: Il “sangue del Nuovo Testamento” (Matteo 26:28) “ci purifica da tutti i peccati” (I Lettera di Giovanni 1:7), attraverso il sangue di Gesù otteniamo “redenzione” (Lettera agli Efesini 1:7) e il suo sangue è la “vera bevanda”(Giovanni 6:55). Ora al di là del gusto per i dogmi ed il piacere più o meno privato che ne può seguire, che il sangue di un uomo ucciso dagli uomini debba garantire vita eterna è concetto privo di ogni concretezza, un’idea astratta dell’immortalità non verificabile da nessuno e può essere inteso solo simbolicamente come mistero della trasformazione. Molto più probabile è che prima della demonizzazione del sangue femminile e la santificazione di quello maschile fosse il sangue mestruale ad essere considerato sacro, sangue che scorre senza ferite, senza uccisori e senza uccisi, ma che col suo ciclo rende possibile e garantisce la vita eterna su questa terra. Sangue concretamente sperimentabile e verificabile da ogni donna nella quale biologicamente è insito e soprattutto reale il mistero della trasformazione.

    Il fatto che una tale verità abbia subito nel corso del tempo una deviazione così drastica da umiliare il sacro flusso con montagne di assorbenti, timidi e a forma di tappo o anatomici per gettarsi col paracadute o santificati con tanto di ali, spiega la difficoltà nel restituire al Menarca il posto che gli spetta, intraprendendo un viaggio a ritroso lungo la storia dell’evoluzione tra miti, patriarchi e multinazionali farmaceutiche. La teoria dei quanti mostra che nelle reazioni l’osservatore e l’osservato si condizionano reciprocamente e costituiscono un’unità e che quindi lo scienziato (o il ricercatore) oggettivo in realtà agisce come partecipante soggettivo. E’ chiaro che ciò non vale solo per le nuove acquisizioni, ma anche e soprattutto per quello che riteniamo già acquisito.

    Nella Cabala il significato reale e spirituale del sangue appare incarnato nella Sephira Daat. Daath è la Conoscenza, ma la conoscenza fondata non su conclusioni logiche bensì su esperienze sensibili, corporee e ciò che è corporeo è il fondamento di ogni esperienza spirituale.

    In ebraico sangue si dice DAM. La sillaba primordiale DA e DAM, che indica l’esperienza fisica del sangue propria della donna, abbraccia il rivelarsi, il diventare visibile del sacro e lo sperimentarlo. DA significa il ”sangue”, la percezione materiale e l’esperienza spirituale di esso e la sua potenza creativa. Da qui si sono sviluppate nei miti le dee Danae, Dafne, Danu, Diana, Delia, Dalila, Damgalnunna e i figli amanti che vengono dal loro sangue DA, come Daniel, Damuzi e Damocle.

    Nel tantrismo, una forma di culto in cui da sempre sono accolte pienamente corporeità e sessualità, sono presenti nel Rito Grande due elementi: Sukra e Rakta. RAKTA è il sangue mestruale. La sacerdotessa, che nell’unione deve assolutamente mestruare perché le sue energie lunari possano fluire, incarna proprio la forza del RAKTA. Nei Tantra, SHAKTI è la dea saggia che sa della mestruazione e della sua spiritualità. Quando mestrua, si chiama la rossa DAKINI e rappresenta l’energia materiale e al tempo stesso spirituale del sangue. La DAKINI tantrica corrisponde, in quanto dea cosmica del sangue, alla dea ebraica RUAH, lo Spirito Femmina il cui nome significherebbe la forza del rosso e che personifica quella saggezza del corpo e dello spirito di cui nell’Antico Testameno si dice che “giocava” fin dall’inizio del mondo. Nella storia dell’umanità la percezione del sangue che scorre e poi da solo smette e poi scorre di nuovo deve essere stata un’enorme spinta alla coscienza. Tutti i riti iniziatici ruotano intorno al sangue. Il sangue è tabù, nel vero senso della parola ovvero santificato, numinoso, mana. In Polinesia e fra i Sioux la parola TABU’

    Prendiamo fiato per un momento, io per prima, e trastulliamoci con un po’di numeri. Esiste un peso critico sotto il quale la donna non può avere biologicamente il Menarca, circa 42 chili. Una donna durante la sua vita avrà le mestruazioni per una media di 450 volte generando, più o meno, 40 litri di sangue sacro, sangue che non coagula.

    All’inizio dell’evoluzione umana diciamo che era il flusso di sangue, la cui importanza si dispiegava in un ricco simbolismo: Il filorosso guida Arianna attraverso il “labirinto”. Con una corda rossa Rahab si leggittima come dea salvatrice e come rappresentante della cultura matriarcale (Giosuè 2:18-21). Nella loro processione da Atene a Eleusi i mystai, gli iniziati, si legano un filo purpureo intorno al piede sinistro. Era, nella veste di Ebe (Eva=vita), porge agli dei il vino rosso sovrannaturale.Il dio nordico Thor ottiene l’illuminazione e la vita eterna dal fiume riempito di sangue. L’idromele rosso dei re celtici ed il tappeto rosso rappresentano ancora oggi un simbolo di potere e viene disteso davanti ai re. Lilith fugge per vivere da sola, dopo aver lasciato Adamo, nel marRosso.Il fiume Stige, che si avvolge sette volte all’interno della terra per ritornare in superficie nei pressi della città Clitor, è il fiume sul quale gli dei dell’Olimpo fanno i loro giuramenti, come li fanno sul sangue delle loro madri.
    E poi ancora: la dea indiana dPal-Idan-Iha-mo cavalca sul suo mulo rossastro su un oceano di sangue e Rabie Hainuewele, la dea-luna di Ceram, fa scendere i bambini sulla terra attaccati ad una collana di coralli rossi.In una fiaba balcanica l’eroe deve trovare un capello rosso come il sangue. Quando lo spezzerà vi troverà scritte al suo interno “molte cose importanti, tutto quello che era accaduto e quando si era verificato, a partire dalla creazione del mondo” affinché “vengano rivelati i segreti finora rimasti nascosti”.

    Durante il mestruo le donne hanno spesso sogni profondi, importanti e un rapporto molto naturale con la trascendenza interiore: del resto, anche l’oracolo di Delfi veniva annunciato una volta al mese, no? Inoltre, cosa assai interessante è che una donna che non vive il proprio sangue come una cosa peccaminosa ed è quindi attiva sessualmente durante la mestruazione, può conoscere in questa fase una soddisfazione assai superiore e raggiungere dimensioni della sessualità diverse e più profonde nonché la capacità, grazie alla sua clitoride più che mai sensibilissima, più e più orgasmi.

    Proviene dall’india il mito che narra come l’essenza della dea si condensi, diventi sangue, formi un grumo di fango e poi una crosta dura, l’essenza consolidata diventa materia e cosi nasce il cosmo. Gli indiani del Sudamerica dicono che l’intera umanità fu creata all’inizio dal sangue della luna. La grande vasaia Mammetun o Aruru spalmava bambole di argilla con sangue mestruale. Anche Adamo, il primo uomo biblico, fu fatto di ADAMA, che non significa “terra rossa” o “ocra rossa”, ma argilla mescolata a sangue. Perfino Allah faceva gli uomini col sangue fluido e prima dell’Islam c’era appunto la dea della ceazione Al-Lat. Della dea Kalì indiana, chiamata Kalì-Maya, si dice: invitò gli dei a bagnarsi nel flutto sanguinoso del suo utero e a berne, e gli dei in santa comunione bevvero dalla fonte della vita, si bagnarono in essa e si sollevarono benedetti al cielo”.

    I miti indiani chiamano questo sacro flusso SOMA e con questa parola designano l’oceano di sangue della dea Kalì. La fonte del SOMA fu la luna e da1 SOMA nacquero tutti gli dei. SOMA era il segreto della Dea Madre e veniva inteso come la parte attiva della “anima del mondo”. SOMVARA è il nome che indica il lunedì, il giorno della Luna. Alcuni miti raccontano che la dea Lakshmi diede da bere una bevanda di SOMA al marito Indra per farlo diventare re. Di questa bevanda l’uomo rimase “incinto”.

    Nei Tantra il succo dell’immortalità si chiamava SAME. I taoisti affermano che si può diventare immortali bevendo sangue mestruale. Il SAME viene detto anche “il rosso succo yin”. Per i Cinesi SAME è l’essenza della “Madre Terra”, il principio yin che dà vita a tutte le cose. Nella Cina taoista il rosso è il colore sacro e il colore della felicità. In Egitto il SOMA è il geroglifico SA, che è al tempo stesso il segno della vulva, il laccio della Yon. ll segno ankh (ANKH, vita e specchio) e l’anello-shen (SHEN, infinito) sono entrambi SA, come il segno stesso di Iside. Dipinto di rosso, questo laccio significa i genitali femminili e la “porta del cielo”e viene sempre riprdotto sui sarcofaghi perché, essendo il sangue di Iside, è segno di garanzia di rinascita.

    In greco SOMA diventa “corpo”, degenerando in un concetto limitato al visibile, ma il fiume greco Stige era il fiume rosso che, nei pressi della città di Clitor, esce dalla vagina della terra e attraversarlo significava intraprendere il viaggio nel regno dei morti. Lo stesso cammino degli Israeliti attraverso il Mar Rosso può essere inteso come un rituale di rinascita collettivo. Anche il giardino del Paradiso ha in sé l’idea del centro uterino della Terra. Nell’Elisio fioriva il papavero rosso che versava la sua acqua dalla fonte dell’eterna giovinezza, di cui si dice che trabocca una volta al mese. E’ chiaro come la morte e la rinascita simbolica fossero as-sociate alla fonte del sangue ciclico. I re celtici erano immortali perché bevevano “l’idromele rosso” dal triplice paiolo dell’immortalità che stava nell’utero della Madre Terra. Mab, la dea delle fate, somministrava questa bevanda. Nel Medioevo i re, che portavano un mantello rosso, bevevano il Claret, un vino rosso. Esso aveva la rossa forza spintuale e il potere della mestruazione, e “Claret” era effettivamente un sinonimo di “sangue”. Il suo nome significa “illuminazione”, ed esisteva il detto: “l’uomo nella luna beve il Claret”, legato alla nozione che il vino rappresenta il sangue della luna. Nel cristianesimo le uova di Pasqua dell’originaria dea celtica Eostre venivano dipinte di rosso in quanto frutti dell’utero. Eostre, Pasqua, risale alla dea sassone-germanica Ostera, il cui nome fa parte dello stesso campo semantico del greco HYSTERA, che in tedesco significa “utero”. Le uova rosse sono un simbolo di resurrezione: venivano messe sulle tombe per dar forza ai morti nel loro viaggio di rinascita. Le tracce di questa usanza si possono ritrovare fin nel paleolitico. Circa centomila anni prima della nostra era i morti venivano sepolti nelle caverne dipinte di rosso; sistemati in posizione fetale, venivano dipinti a loro volta di colore rosso o cosparsi di ocra. Per il viaggio attraverso l’aldilà ricevevano doni funerari e cibo, fra cui uova dipinte di rosso. E non è che l’inizio.

    Si potrebbero riempire libri e libri di sangue mestruale e sfido chiunque, dopo aver letto questo piccolo accenno a ciò che nell’evoluzione umana ha rappresentato e rappresenta il sangue sacro, a parlare di “cose” senza sentirsi “dialetticamente ed intellettualmente menomato”.

    Ecc….. vi lascio alle vostre giuste deduzioni/intuizioni o riluttanze sulla vera celata conoscenza dell’alchimia dell’essere così tanto decantata e forze mai capita da tanti ricercatori d’anima……. 😀

    [1] Di Sister Etrtzy De Moon Sabe da “Torazine – capsule policrome di controcultura pop”. Maggio 2000 – con il titolo originale di “Come ad Eleusi il mistero del sangue si può solo ballare” – Per gentile concessione di Venerea Incorp

    [2] [C’è anche un eufemismo francese (pare coniato dalle donne di Normandia…) di tipo militare: “Il n’y a pas moyen ce soire, monchèri: les Angais ont débarqué” alludendo al colore delle giubbe che un tempo avevano i soldati inglesi]

    [3] [In dialetto veneto è nota l’espressione popolare Sacramento! E quella ormai in disuso ma più significativa di Sacra mescola!] ha due significati: santificato o mestruato. Gli indiani Dakota usano la parola WAKAN, che significa: meraviglioso, mestruale, spirituale.

  8. E cos’altro devo dire? Non tarpate le timide ali agli assorbenti, invidiata genialata, o sacrileghi intellettualoidi del sacro mestruo cerebrale!!!!!!..
    Ero a conoscenza dell’invidia del fallo, ma la sindrome ciclica da tampax indotta al fine di controllare la libido della donna e la sua riproduzione era misconosciuta. Grazie per questo po’ po’ di roba.

  9. Per quella legge delle sincronicità significative, che molto , ma molto tempo prima gli Etruschi avevano chiamato/catalogato come OSTENTA…. e che a loro volta avevano appreso da una scienza ancora e ancora più antica, il mio discorso sulla “scienza tantrica”… di riflesso/immagine richiama dall’inconscio della memoria akashica, come una normale causa/reazione conseguenziale, anche e soprattutto LE NOZZE ALCHEMICHE FRA INIZIATI DI SESTO OPPOSTO… che sono sempre state decantate e velate giustamente dalla grande santa opera che in questo nostro piano abbiamo chiamato “INNAMORAMENTO” “PASSIONE” e soprattutto “AMORE”… E’ questa la mia risposta alle belle sagge intuitive vere pubblicazioni della nostra carissima amatissima Anna…. forse sono una riminiscenza/memoria di una vita passata, forse lo sono al presente di questa vita… forse sono le mie distorte immaginazioni, ma penso che nell’intimo, ora potete ben capire quale eccelsa divina amorevole fiamma arde sempre nel suo prezioso e sempre innamorato libero ribelle intuitivo immortale cuore…. (anche se ancora…. non ne ha piena coscienza)

    Carissima Anna… mi scuso con tutto il mio cuore, e sinceramente ti inviterei a criticarmi fortemente se nel mio sentire e nel capire ti ho citata malamente come eccelso calzante esempio intuitivo… come simile saggia chiave di volta che nel tempo più propizio, è assai necessaria che deve essere ormai rivelata a tanti inconsapevoli che si credono di essere consapevoli nel “mondo dei balocchi”, dentro lo specchio affumicato della mente nella caverna di Platone…. (che di sicuro nulla hanno a che spartire con i nostri preziosi amiche/amiche e a tutti gli radiosi astanti di questa radiosa illuminante casa)

  10. Penso che qualunque desiderio consista in un’attrazione dello spirito verso la materia. Questo movimento penso sia messo in azione da una forza creatrice: la libido.
    Se al momento del desiderio ci rendiamo conto di desiderare (come terzi spogli di noi stessi) e, in più, dirottiamo questa forza verso aneliti superiori attraverso l’immaginazione cosciente, che è attivata anche da opere d’arte così come dai simboli alchemici (i quali agiscono in noi senza il tramite della logica concettuale), allora penso possiamo creare quella controspinta, quella resistenza alla pressione esercitata dalle forme del mondo e dai loro desideri, e Conosciamo (creiamo anima).

  11. Estetica (1)

    Il “mito” riporta la percezione al suo fondamento nell’aisthesis, una parola greca che evoca una rappresentazione greca del mondo, in cui la sensazione delle cose e l’intuizione dell’immagine sono un unico atto di apprendimento. Le cose si concedono con generosità all’apprendimento estetico perché il mondo è pieno di anima grazie alla presenza di Afrodite, la Dea della fantasia sensuale. “L’anima è sempre Afrodite”, dice Plotino nella sesta enneade. La certezza mitica è un’affermazione del mondo: dice sì ai sensi, e in questo modo coglie il senso del mondo.

    James Hillman, Oltre l’umanesimo, Moretti e Vitali, pag. 59

    Estetica (2)

    La percezione estetica è accompagnata da piacere. Questo piacere proviene dalla percezione della pura forma di un oggetto […]. Un oggetto rappresentato nella sua pura forma è “bello”. Questa rappresentazione è opera (o piuttosto gioco) dell’immaginazione.

    Herbert Marcuse, Eros e civiltà, Einaudi, 1968, pagg. 197-198

  12. Carissimo Ettore… mi piace quello che scrivi sul desiderio vedendolo come l’attrazione che lo spirito nutre verso la materia…

    Non ci avevo mai pensato…

  13. Condivido e ringrazio Ettore per le sue stimolanti parole

  14. Ciao, Michela..

  15. La ringrazio, dott. Lanzaro.

  16. Difatti ciò che ho pubblicato qui non centra col post del blog,
    volevo semplicemente dedicare solo il primo video che ho postato
    a tutti, perchè è una canzone che mi piace e, vista l ora tarda, l ho messo sull’ ultimo post che era pubblicato sul blog, allora.
    Poi nell ascoltare quel video su youtube ne sono apparsi altri che mi piacevano e li ho pubblicati a seguire.

  17. Un filo conduttore..se proprio ci deve essere un filo conduttore
    è la dolcezza, la dolcezza nascosta che a volte riemerge inaspettata e “abbraccia” l anima.
    In questi post per l esattezza in questo caso non ci vedo nè passione nè innamoramento, almeno, secondo me, per quello che volevo esprimere in quel momento, ma soltanto una profonda dolcezza…

  18. ciao Ettore,
    non penso che tutti i desideri nascano “in un’attrazione dello spirito verso la materia” credono che alcuni semplicemente non siano di natura o tendano verso la materia, ma pochissimi e rari siano spirituali e si rivolgano al benessere interiore, senza necessariamente coinvolgere ciò che è materiale.

  19. e quest ulitmi per quanto impalpabili hanno effetti concreti, hanno beneficio sulla nostra “Anima” e quindi su noi stessi.

  20. Un saluto a tutti e cmq un 🙂 per l’interessamento a tutti

  21. giusto, Anna.
    Ma è solo una questione terminologica.

    L’attrazione verso lo spirituale è più opportuno definirlo: anelito (amore, attrazione disinteressata verso le proprie origini e verso ciò che è puro).

    Tant’è che chi desidera (attrazione di matrice egoica) lo spirituale è facilmente fuorviato, scivolando verso pratiche ..”strane” ..che nulla hanno in comune con la sacra Alchimia.

  22. 🙂

  23. mi è partita una faccina per sbaglio..

  24. Ripetevo con mia figlia e allora…

    […] “finché la misura non viene effettuata, l’oggetto quantistico rimane in uno stato che è “oggettivamente indefinito” (come non ricordare, il “proteomorfismo mercuriale e mutevole” di alcuni fenomeni naturali descritto dagli alchimisti), sebbene sia matematicamente definito: esso descrive solo una “potenzialità” dell’oggetto o del sistema fisico in esame, ovvero contiene l’informazione relativa ad una “rosa” di valori possibili, ciascuno con la sua probabilità di divenire reale ed oggettivo all’atto della misura” […]

    Secondo la meccanica quantistica:
    “Il concetto di struttura come relazione tra le parti è un termine chiave per capire la realtà. …
    Un sistema deve essere considerato nella sua globalità. Le parti che lo compongono devono essere studiate, ma si deve tener conto che mettere insieme le parti produce nuovi comportamenti.
    Infatti le proprietà di un composto chimico non sono in relazione semplice con quelle dei suoi costituenti. La sola conoscenza della formula bruta non può darci una ragionevole idea dell’attività chimica del composto.”

    ——————————-
    […] Nei “Tre rammendi” di Duchamp il “metro di lunghezza” che cade da un metro di altezza su un piano orizzontale deformandosi a suo piacimento fornisce una nuova immagine dell’unità di lunghezza, che poi altro non è che una “nuova misura” dell’immagine del mondo […]:

    è la continua trasformazione dell’energia potenziale in energia cinetica…

    “Quando la mela cade, la sua energia potenziale diminuisce man mano che la mela si avvicina al suolo, mentre l’energia cinetica aumenta. Al momento dell’impatto sul suolo, l’energia potenziale è = 0, l’energia cinetica è massima.”

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