L’anima in viaggio con Tolkien, Collodi e Miyazaki

Dr. Massimo Lanzaro (Psichiatra, Psicoterapeuta)

Attraverso i secoli (con le successive rielaborazioni) le fiabe trasmettono significati nascosti e palesi, comunicandoli in modo tale da raggiungere la mente “ineducata” del bambino e quella “sofisticata” dell’adulto. In effetti vari autori, da Marie Louise Von Franz a Bruno Bettelheim, hanno mostrato come le fiabe popolari parlino il “linguaggio inconscio” di problem comuni a tutti gli uomini, con I conflitti, le crisi e le trasformazioni tipiche dello sviluppo dell’individuo e della collettività, al di là dell’intento narrativo contingente.Di solito le favole mostrano le tappe del processo di maturazione della personalità: I modelli di comportamento fondamentali della psyche e le situazioni tipiche della vita si presentano nelle fiabe “allo stato puro”, non contaminate dalla storia personale e dai contenuti dell’inconscio personale. In tal senso una fiaba è come un sogno, senza le varianti peculiari e le complicazioni che emergono dall’inconscio personale nell’attività onirica.Il fatto che tali narrazioni si tramandinocontribuisce a corroborare l’idea di una universalità di significato dei motivi archetipici. I vari personaggi infatti non devono essere intesi come ego, come persone, bensì simboli di strutture archetipiche (l’eroe che è in ognuno di noi, il vecchio saggio etc.): le fiabe non sono racconti delle esperienze personali, bensì prodotti delle comunità e della loro psiche collettiva e profonda.Le immagini di una fiaba, come quelle di un sogno, contengono spesso molti messaggi, che non si esauriscono in un’unica chiave di lettura e che a volte lo stesso autore potrebbe coscientemente aver ignorato. Jung affermava che studiare le fiabe è un buon modo per studiare l’anatomia comparata dell’inconscio collettivo, ovvero di quelli che si pensa siano gli strati più profondi e arcaici della psiche. In tal senso alcuni sostengono anche che il materiale delle fiabe sia compensatorio alle idee e ai valori del conscio collettivo nel momento storico in cui la fiaba è stata prodotta. Può pertanto offrire un nuovo punto di vista su problemi che magari la cultura dominante non sa come affrontare.C’è un filo rosso che lega II mio vicino Totoro (Tonari no Totoro, 1988) e Lacittà incantata (Sen To Chihiro No Kamikakushi, 2002), tanto che si potrebbe considerare i due film complementari. Ma ci sono elementi, “costanti naturali” che troviamo in narrazioni tanto datate (Pinocchio ad esempio) quanto recenti (Il Signore degli Anelli).Le storie si aprono infatti con un trasferimento (il tema del viaggio, della crescita, del percosrso verso l’individuazione). Tutte queste narrazioni sono la storia di un “viaggio” in senso letterale e metaforico.Nel Signore degli anelli la meta del viaggio è la distruzione dell’anello con le sue valenze simboliche. Ne II mio vicino Totoro, Mei e Sutsuki lasciano la città per la campagna. In La città incantata, assistiamo ad un analogo spostamento: dallo spazio urbano a quello rurale. Dal kosmos razionale della Cultura al kaos irrazionale della Natura. Le tangenze continuano: in entrambi i casi, il portale tra il mondo “reale” e quello “fantastico” è rappresentato da un tunnel. In entrambi i film, la dimensione soprannaturale è onirica (inconscia), quasi fosse frutto dell’immaginazione della piccola protagonista (Chihiro qui, che non a caso, si chiede più volte «Sto forsesognando?»). Totoro e La città incantata raccontano la medesima storia: in momenti di grande stress psicologico (la malattia della madre nel primo, la sparizione dei genitori nel secondo, due metafore del crescere), le piccole protagoniste se la cavano da sole, acquistando, nel contempo, una nuova capacità di guardare e comprendere il mondo. Il tema della percezione è centrale. Il doppio ruolo di bambina e donna, consente a Chihiro, Mei e Sutsuki di cogliere ciò che gli adulti – che hanno ormai smarrito la purezza e l’innocenza – non sono più in grado di vedere. La percezione infantile ha dunque un’efficacia epistemologica che trascende quella degli adulti. Il fantastico coesiste con la ratio, ma solo i più innocenti e vulnerabili, i “puer”, sono in grado di comprenderlo.Se II vicino Totoro era “Alice nel Paese delle Meraviglie,” allora La città incantata è «Alice attraverso lo specchio». Come nelle opere di Carroll, la piccola protagonista finisce catapultata in un mondo magico e assurdo, esilarante e terrificante, in cui il nonsenso e il grottesco rappresentano la normalità (di nuovo, verosimilmente l’inconscio). E come nell’opera di Carroll, anche qui il linguaggio gioca un ruolo fondamentale. La perdita del nome (identità), o meglio, la sua trasformazione in numero, conduce all’alienazione, in senso hegeliano e marxista assieme, ma è anche un punto di partenza.Marxista, perché Miyazaki da sempre usa il cartone animato per muovere una critica almodello capitalistico. In La città incantata, Yubaba dirige con il pugno di ferro una sorta di centro estetico per gli spiriti che popolano il mondo. L’arpia trasforma gli esseri umani in schiavi (Chihiro e Haku). In questa rilettura nipponica della dialettica servo-padrone. Come non ricordare invece Sauron e la sua volontà di sottomettere tutti i popoli liberi, e verosimilmente lo stesso intento polemico di Tolkien contro gli usi/abusi della società contemporanea.I dipendenti del centro termale idolatrano il Dio Ricchezza (l’oro prodotto dalle mani del fantasma “Senza Faccia”) sono destinati allo scacco. Allo stesso tempo, per Miyazaki, l’unico modo di uscire dall’impasse è lavorare. Come in Kiki servizio di consegne (Majo no Takkyubin, 1988), anche qui la giovane protagonista deve guadagnarsi il diritto a esistere. Kiki, la tredicenne apprendista fattucchiera, lavora come fattorina di una panetteria per pagarsi l’affitto. Chihiro, dopo aver perso genitori, nome e ogni ricchezza materiale, supera il momento di difficoltà diventando una “donna delle pulizie”. Ma chi la dura, la vince. Chihiro e Kiki conquistano l’emancipazione grazie al sudore della loro fronte. Il processo di palingenesi dell’eroe di Collodi e di quelli di Tolkien procede di pari passo. Chihiro esce profondamente trasformata dall’esperienza con Yubaba. Prima di entrare nel tunnel è una bambina. Dopo esserne uscita, è una donna. Pinocchio da burattino diventerà un uomo.Il bacio accennato, ma alla fine mancato, tra Chihiro e Haku rimanda ad un’etica/estetica asessuata. Come nel “Signore degli anelli” la storia d’amore tra Arven e Aragorn è almeno inizialmente confinata ai margini della storia.Ne La città incantata, la metamorfosi dei genitori, avidi e ingordi, costringe Chihiro a lavorare per sopravvivere. Le figure genitoriali introiettate saranno al termine del processo di maturazione riconosciute come “persone” e non più come elementi superegoici.La preoccupazione ambientalista, altra costante di Miyazaki, appare qui stemperata dall’esigenza poetica. Nei mondi animati dell’autore nipponico, la natura si manifesta come una forza autonoma e dichiaratamente non-umana, se non esplicitamente anti-umana. Come non ricordare a riguardo, in parallelo, la ribellione degli alberi ne “Le due torri?”.Il mondo contemporaneo o post- industriale rappresenta infatti anche per Tolkien la nemesi della Natura. E’ noto che, per Miyazaki, i processi di modernizzazione hanno portato alla progressiva distruzione dell’equilibrio primordiale e all’alienazione dell’uomo con l’ambiente naturale. In La città incantata, l’accusa di Miyazaki si incarna in Okutaresama, il “Mostro Puzzolente”, lo Spirito di un Fiume. La creatura, un ammasso di fango maleodorante, vomita i rifiuti che gli esseri umani gli hanno rovesciato dentro, dai frigoriferi alle biciclette. Oltre a inquinare, gli esseri umani “puzzano,”: al passaggio di Chihiro, gli spiriti si tappano letteralmente il naso. Una seconda figura interessante è quella di Koanashi, detto “Senza Volto,” un mostro incappucciato che ricorda il Macchia Nera disneyano6. Il demone, in origine buono e generoso, diventa vorace e mostruosamente avido nel momento in cui comincia a consumare in modo disordinato, bulimico, inghiottendo tutto ciò che gli capita a tiro. Produce una ricchezza effimera. L’oro diventa fango. Il messaggio è chiaro: la cupidigia, umana o soprannaturale, porta inevitabilmente al collasso del sistema. E l’oro di cui è forgiato l’Unico Anello di Tolkien non ha analogamente nulla di nobile: serve a soggiogare gli uomini..

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33 Risposte

  1. ….Questa …me la voglio gustare….mi accendo una sigaretta….e leggo
    con calma……….molta calma…………….

  2. Letta e riletta…………posto un brano ..più per le immagini che per il testo………ma anche qui una bambina diventa donna…………………
    in un mondo che rifiuta perchè “vede” e “sente” quel che è,
    ma Sa che non dovrebbe esser così………….riconosce
    e cresce in allerta……….ma Ri-conosce sempre…………………………
    e questa è crescita e Cammino..ed evoluzione.

    Guen Stefani What You Waiting For…..

  3. […] LA CITTA’ INCANTATA di H. Miyazaki […]

  4. venti anni fà ,ero a nocera inferiore ,in provincia di salerno ,dove c’ era una radio privata che si chiamava Radio Erta , fui invitato nei loro studi e ascoltai una intervista a una donna che senza conoscere l’inconscio ha citato i personaggi di questo link
    che coincidenza che è la mia vita !
    il viandante
    rosario naddeo

  5. Da vedere e rivedere: far raffreddare la cassetta e poi vederlo per l’ennesima volta. Il dubbio resta: produce più energia la risata o un urlo di terrore?
    Un pezzetto:

  6. raccontare e leggere fiabe a i bambini , quanado mangiano, se non hanno molto appetito, prima di dormire raccontare quando è possibile..
    è appagante.
    devo dire grazie a mia madre xè :
    in una casina piccina picciò, con li tetto piccino piccino picciò , i muri piccini piccini picciò, e avanti all’nfinito….

  7. Un buongiorno, un ringraziamento ed un affettuoso saluto a Alessandra, Valeria e Rosario.

  8. Ciao Alessandra per piacer non accendere la sigaretta un bacio. 🙂

  9. Per chi fosse interessato e uscito di recente Ni No Kuni un nuovo videogame per Ps3 realizzato dallo Studio Ghibli di maestro Miyazaki.

  10. “Meglio conosciuto per film come La città incantata (2001), Il castello errante di Howl (2004) e la Principessa Mononoke (1997), Miyazaki può essere definito “l’animatore degli animatori”, una sorta di semidio anche per i suoi colleghi. In Occidente la sua fama è pari a quella di illustri registi di Hollywood e per lui, più di ogni altra cosa, parla il premio Oscar per il miglior film d’animazione ottenuto con La città incantata. Ma in Giappone la sua notorietà e la popolarità dei suoi lavori hanno qualcosa di impressionante: per capirlo basta pensare agli incassi record ottenuti da Ponyo al box office giapponese, un qualcosa come 164 milioni dollari.

    Il successo finanziario è sicuramente un aspetto importante, ma la sua fama, ovviamente, va ben oltre. I suoi dieci lungometraggi hanno l’incredibile capacità di rivolgersi tanto a un pubblico adulto quanto ai bambini. Visivamente splendidi, sono in grado di unire sapientemente miti provenienti dal Giappone, o da altri luoghi, con forti dosi di introspezione psicologica. Lasciando nello spettatore un sensazione che perdura nel tempo.

    Il suo ultimo lungometraggio, Ponyo sulla scogliera, è un buon esempio. Ispirato in parte alla Sirenetta di Hans Christian Andersen, questo film narra la storia di Sosuke, un bimbo di cinque anni, che vive in cima a una scogliera affacciata su Inland Sea. Una mattina, giocando sulla spiaggia rocciosa sotto casa, trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa incastrata in un barattolo di marmellata. Sosuke la salva e la mette in un secchio di plastica verde e tra i due si crea un rapporto di reciproco affetto, ma il padre di Ponyo, Fujimoto – una volta umano e ora stregone che abita i fondali marini – la obbliga a tornare con lui nelle profondità dell’oceano. Tuttavia Ponyo, determinata a diventare una bimba per tornare da Sosuke, tenta la fuga.

    Proprio in occasione della presentazione del film durante la Mostra di Venezia, il maestro Miyazaki ha rilasciato un’intervista al giornale britannico Telegraph, pubblicata ora in occasione del lancio del film nelle sale del Regno Unito.

    Sicuramente il maestro nipponico è una persona di poche parole, la cui elegante figura trasmette l’idea di un uomo geniale. Capelli d’argento, barba rifinita e grandi occhiali rettangolari. Un vestiario impeccabile: un’elegante giacca di flanella grigia, una camicia a collo aperto e un astuccio d’argento in cui riporre le sigarette.

    Miyazaki ha quasi un’ossessione per l’utilizzo della matita per disegnare i suoi personaggi e gli sfondi animati: “Attualmente la computer grafica è molto utilizzata”, ha osservato, “ma forse anche in modo eccessivo. Penso che l’animazione abbia bisogno della matita, ha bisogno del disegno fatto con le mani dell’uomo”.

    Presso il famoso Studio Ghibli di Tokyo, da lui fondato, Miyazaki può contare su di uno staff composto da 140 persone, di cui 80 direttamente coinvolti nella produzione, tutte persone che sono perlopiù più giovani di lui; tuttavia nessuno è mai stato tentato dalla computer grafica, ha detto con fermezza: “Coloro che non usano matite semplicemente non dovrebbero appartenere al nostro studio. E così da noi le usano tutti! ”

    Uno degli aspetti peculiari dei film di Miyazaki è il particolar rilievo dato ai personaggi femminili. In La città incantata, una bambina di 10 anni viene trasportata da un luna park abbandonato a un mondo colorato di spiriti. Ne Il castello errante di Howl, una ragazza viene trasformata in una vecchina da una strega gelosa. E così non fa eccezione Ponyo, con la calma e sapiente voce della madre di Sosuke, Lisa.

    “Per creare i personaggi femminili uso come punto di riferimento le donne che lavorano nel mio studio”, ha detto Miyazaki. “La metà del personale è costituito da donne e credo di aver fin troppi esempi da cui attingere.
    Tutti i modelli di cui ho bisogno sono intorno a me, ma loro non si rendono conto di far parte integrante dei miei film, questo perché io uso la loro ‘essenza’, non il loro fisico o le loro facce. Per l’aspetto esteriore preferisco invece usare volti più facili da disegnare”.

    Parlando della sua incredibile sensibilità nella percezione della psiche femminile, Miyazaki è estremamente modesto, tanto da respingere le lodi per la sua padronanza dell’elemento psicologico, in particolare per le sue acute intuizioni della psiche dei bambini, il loro atteggiamento verso la paura e la perdita, e il loro riconoscimento del concetto di mortalità.

    “Non ho mai studiato psicologia”, ha insistito. “Ho capito queste cose solo grazie alla lettura e all’osservazione della gente comune, soprattutto dei bambini”.

    Miyazaki è consapevole della sua notorietà tra gli animatori, e li considera come fossero suoi amici. Lasseter (co-fondatore della Pixar) dice di lui: “Avete presente quando, durante un film, vi dicono: ‘Wow, non ho mai visto una cosa simile’? Beh, con i suoi film è ciò che avviene durante ogni sequenza”.

    Proprio per questo Miyazaki ama invitare gli altri animatori presso lo Studio Ghibli. Lasseter ha avuto questa possibilità, come anche Nick Park, creatore di Wallace & Gromit, che proprio lì ha potuto vedere in anteprima Ponyo. In una sorta di scambio culturale, Miyazaki ha poi visitato gli studi Aardman di Bristol, incontrando tutto il personale, evento descritto da Park come una sorta di visita reale. “Miyazaki ha un’incredibile immaginazione, un’innocenza tutta sua”, ha detto Park. “Ha veramente la capacità di comprendere il modo di pensare dei bambini”.

    Ma, in realtà, Miyazaki non ha solo quest’immagine benigna da anziano statista, e così, quando parla della vita moderna, lascia trasparire la sua indignazione per molti aspetti della società giapponese, in particolare lamentandosi dell’inquinamento delle risorse naturali. (in Ponyo, ad esempio, il barattolo di marmellata che intrappola il piccolo pesce è uno dei tanti detriti che galleggiano in mare).

    “Vorrei che il mondo cambiasse”, ha detto. “Per esempio, la popolazione di Tokyo dovrebbe essere pari al 10% di quella attuale. Mi farebbe piacere veder tornare il mondo a uno stato selvaggio. Ma, come per il tema dei rifiuti e l’inquinamento trattato in Ponyo, è troppo noioso e scontato lanciare solo un messaggio. È meglio rimboccarsi le maniche e raccogliere tutta la spazzatura, piuttosto che limitarsi alle sole lamentele. Vicino casa mia, in riva al fiume, c’è una piccola zona e ogni mattina dedico un po’ del mio tempo a ripulirla. Si potrebbe dire che sia il mio passatempo”.

    Sicuramente in futuro ci saranno altri film, ma la sua ambizione, per ora, è di “insegnare e formare una nuova generazione di animatori che utilizzano ancora una matita per disegnare”. Neanche i suoi figli sono esenti dai suoi desideri; diciotto mesi fa è nato il suo primo nipote, di nome Mao, e Miyazaki riferisce: “La prima cosa che gli ho detto è stata: ‘Prendi la matita!'”

    (Intervista trovata in rete)

  11. “Miyazaki ha quasi un’ossessione per l’utilizzo della matita per disegnare i suoi personaggi e gli sfondi animati: “Attualmente la computer grafica è molto utilizzata”, ha osservato, “ma forse anche in modo eccessivo. Penso che l’animazione abbia bisogno della matita, ha bisogno del disegno fatto con le mani dell’uomo”.

    (parte del’intervista)

  12. L’ermetismo è un linguaggio non comune ma, non impossibile al cuore, basta approdare a quel sentiero iniziatico fine unico d’ogni cammino terreno.

    Favole ermetiche

    Soma e anima non sono separati, ma rappresentano le due facce di una stessa medaglia.

    Spesso, sotto l’apparenza ingenua di un racconto destinato ai bambini si cela un insegnamento profondo, legato ad una filosofia esoterica, nascosta come quella ermetica. In questo caso la fiaba è quella ben nota di Cappuccetto Rosso.

    La meta del viaggio-pellegrinaggio della piccola Cappuccetto Rosso è la dimora della Nonna, alla quale la bimba deve portare medicine e nutrimento. Purtroppo, nella versione italiana della fiaba, la traduzione di “Grossmutter” con “Nonna”, fa perdere al termine tutta la sua forza evocativa, allontanando il lettore dalla sottile sfumatura ermetica di questa parola.

    Grossmutter (tedesco), Grandmother (inglese) o Grand-mère (francese), è in realtà la Grande Madre, la Magna Mater che rappresenta la Matrice o la Sorgente. Ecco quindi che il viaggio di Cappuccetto Rosso verso la casa della Nonna per portare medicinali e cibi, diventa il cammino iniziatico della Coscienza umana verso la propria origine divina, per condurre la Vera Medicina (che è Nutrimento eterno dello Spirito) alla Sorgente, al “cuore del labirinto”.

    Enigmaticamente, secondo la definizione data dalla fiaba, la casa della Nonna di Cappuccetto Rosso si trova sotto tre grosse querce (“Unter den drei grossen Fichbäunen”), e sopra degli alberi di nocciolo (“Untern sind die Nusshecken”). Cosa significa? Alla base della dimora della “Grande Madre”, i noccioli stanno ad indicare la paziente tenacia dell’Iniziato per conseguire la Conoscenza. «Simbolo di pazienza e di costanza nello sviluppo dell’esperienza mistica, di cui i frutti si fanno attendere. “(…) il nocciolo che fiorisce presto nei mesi oscuri e per lungo tempo lascia attendere i suoi frutti desiderati” (Hadewijch d’Anvers)» (Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, “Dictionnaire des Symboles”). Le tre querce (tre come le colonne massoniche “Forza”, “Saggezza” e “Bellezza”), sovrastanti la dimora, rappresentano invece l’Albero Sacro o Albero della Vita, il cui tronco è tripartito. E’ il ponte mistico che lega i due livelli del cosmo. La quercia, axis mundi, è l’albero del Dio supremo per molte civilta’ antiche. Cappuccetto Rosso inizia la sua avventura, la sua Opera, come Dante Alighieri nel Canto I della “Divina Commedia”, nella celebre “selva oscura” che rappresenta il Chaos, la non conoscenza e l’inconsapevolezza.

    In altre parole la “materia superflua” che adombra la vera Essenza (cf. Don Pernety, “Dizionario mito-ermetico”). Come lo stesso Dante, anche la ragazzina nata dall’immaginario dei fratelli Grimm e di Perrault porta un cappuccio scarlatto, il copricapo da cui prende il nome. Esso richiama il berretto frigio rosso che è un simbolo degli Alchimisti, in ricordo di Re Mida, colui che ottenne dagli Dei il potere di mutare ogni cosa in oro. Il Sovrano si servì del berretto frigio per coprire le orecchie d’asino spuntategli sul capo per volere di Apollo. Coprire cioe’ quelle orecchie d’asino che nel linguaggio ermetico rappresentavano la conoscenza iniziatica, ed in particolare la conoscenza dei Misteri di Iside.

    Ma i parallelismi fra Cappuccetto Rosso e Dante non finiscono qui: oltre alla selva oscura e al berretto frigio, dobbiamo notare la presenza fondamentale del Lupo nel bosco. Quello stesso Lupo (o Lupa) che induce Dante a retrocedere alle pendici del colle (cf. “Inferno” 1,49-60), è certamente un elemento basilare per la lettura ermeneutica della fiaba. Lo ritroviamo in Alchimia, è il “Vitriol”, che divora i metalli (e perciò, ben inteso, i “metalli” simbolici dello spirito umano) per rigenerarli puri. Il Lupo vorace rappresenta perciò l’introspezione e la Morte Filosofica: Cappuccetto Rosso lo incontra mentre sta cogliendo i fiori in una radura, come Proserpina prima di essere rapita e condotta nell’Ade. «Lo strappo del fiore è il momento della violazione originaria, l’apertura della via verso gli Inferi» (Giuseppe Sermonti).

    È proprio il Lupo-Morte Filosofica, inizialmente, che Cappuccetto Rosso incontra quando giunge alla Casa della Nonna. Ed è nelle sue viscere che dovrà “discendere” la Bambina-Coscienza per ritrovare la Nonna-Grande Madre. Come il Re alchemico che rappresenta l’oro impuro (Sé inferiore), Cappuccetto Rosso viene divorata dal Lupo che determina la sua trasformazione in Oro puro (Sé superiore o Nous) e la sua riunificazione con la Sorgente divina nel profondo. «Per purificare l’oro (re), si legavano le impurità con l’antimonio fuso. Poiché questo attirava le impurità e le inghiottiva, veniva chiamato “magnete dei
    savi”, “Lupo dei metalli”, “drago igneo” o “bagno del Re”» (D. Stolcius von Stolcenberg). Proprio per questo la Morte al Chaos e al dominio del Sé inferiore operata dall’Alchimista-Cappuccetto Rosso nelle viscere del Lupo-Vitriol, non è Morte, ma Resurrezione e Vita: per mezzo del Cacciatore, che lacera il ventre del Lupo, e che rappresenta il misterioso Fuoco Ermetico (fiamma dell’Amore divino) in cui il Lupo-Morte si dissolve. Così si compie il mistero della Prima delle Dodici Chiavi dell’Alchimia: «Prendi il Lupo grigio, il fanciullo di Saturno (…) e gettagli in pasto il corpo del Re. E quando lo avra’ inghiottito, attizza un grande fuoco e mettici dentro il Lupo in modo che bruci completamente; in tal modo il Re sarà di nuovo salvo» (Basilio Valentino). Unita alla Nonna (cioè fusa con la sua Sorgente noumenica), Cappuccetto Rosso (che reca il colore scarlatto del divino Cinabro ermetico) risorge dal sepolcro che è la pancia del Lupo saturnino. La sua Opera è compiuta.

  13. Durante la lettura mi è subito venuta in mente un’altra opera: Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno… In questo caso (oltre ad avere una stratificazione, imo, quasi senza precedenti dei livelli di significato) sono palesati moltissimi elementi archetipici della cultura giudaico-cristiana, paradossalmente forse anche in maniera più accentuata che in Tolkien, ed il percorso di formazione (inteso proprio come “bildung”) del protagonista (un ragazzino di 15 anni che pilota un robot ibrido organico-sintetico al cui interno risiede l’anima della madre), sebbene fortemente estremizzato nella modalità narrativa, evoca con grande potenza tutti i passaggi fondamentali dell’esistenza nella transizione dall’adolescenza all’età adulta. Massimo, nel caso tu voglia dare un’occhiata a quest’opera, ti consiglio vivamente la prima serie di anime (compresi gli ultimi due episodi originali), tralasciando i vari lungometraggi / reboot successivi (prodotti più che altro per motivi commerciali). Fammi sapere cosa ne pensi!

  14. …@Saluto..Lorenzo….dicendogli…che purtroppo amo fumare
    …e amo anche chi fuma…tanta è la passione………………..
    @Dr Massimo Lanzaro…a lei ….beh…va il mio interesse
    mi creda….io la leggo attentamente tutto cio
    che nel Bosco trovo di suo….tra i vari alberi
    arbusti…..e fiori……mi siedo sul prato ; )
    mi accendo una sigaretta ; )
    senza che Lorenzo mi veda ; ) ; ) ; )

    e comincia ………il Viaggio………………………………………….
    e poi leggo come sempre @Raffaele………………………………..

    no …dico……; )…..visto che son seduta
    lo leggo ora ; )

    Lorenzo…………. ; )..ok hai vinto tu ; )
    ora spengo la sigaretta per leggere Raffaele
    però poi……………..me ne accendo un altra ; )

    Tranquillo ……mica butto le cicche nel bosco!!!!

    le raccolgo ele butto via dopo ; )

    Una splendente giornata a tutti Voi Signori e Signore del Bosco

    e oggi mi va di salutare anche la redazione che si occupa del

    Bosco/blog…………mi piace immaginarvi al lavoro

    con i piedi scalzi……….e sorridenti……….e mi auguro per voi

    anche ……………innamorati !!!!!! ; )

    …………………..oh…………….mica vado via ora ??? ; )

    …………………………devo ancora leggere Raffaele : )…………..

    ………………………***** metto solo un po di stelline

    che amo………………………**********

  15. …”io son tranquilla se ci sei tu!”

  16. …La trasformazione della coscienza, cioè l’evoluzione della trama, cioè del mythos…

  17. La gallina emozionale, il lupo igneo e/o di coccio, il cacciatore ostetrico e Cappuccetto Rosso…

  18. @Nicola: grazie, non conoscevo Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno e dopo aver letto il tuo bel commento sono incuriosito quantomeno. C’è stato un periodo in cui mi intrigavano i risvolti psico-sociologici di alcuni manga: la serie Fullmetal Alchemist di Hiromu Arakawa ad esempio o Death Note di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata. Ma procurerò la prima serie di anime come tu suggerisci e appena posso ti farò sapere cosa ne penso. Grazie di nuovo.

  19. e sto link è diventato una tesi di laurea
    il viandante
    bene cosi !

  20. …Death Note di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata… è lo stesso che legge mia figlia. Le chiederò il perchè la coinvolga così tanto.

  21. @Valeria: dubito che ti risponderà con argomentazioni archetipiche 🙂
    Ma è proprio quella la “forza” dei livelli stratificati di significato di alcune narrazioni.
    Però qualsiasi cosa ti risponda per favore se puoi ti chiedo di condividerla. Potremmo imparare qualcosa!

  22. @Nicola: p.s. gli elementi di contaminazione della cultura giudaico-cristiana a mio modesto avviso si trovano in maniera più evidente in CS Lewis (i.e. la crocifissione del leone ne “Le cronache di Narnia”) che in Tolkien (tra l’altro i due erano amici e colleghi ma, a mio modesto avviso, di spessore umano e culturale molto, molto differente).

  23. Visto che in questo post si parla di Anime (cartoni giapponesi) e Videogame e io sono un super appassionato, colgo l’ occasione per consigliare un vecchio grandissimoooooo videogame per PS1 XENOGEARS dove ci sono elementi del pensiero del grande F.NIETZSCHE e di FREUD.

    “Durante lo sviluppo del gioco, è rilevabile la presenza di elementi ispirati alle teorie filosofiche di Nietzsche, e a quelle psicologiche di Freud, quali l’ego, il superego e l’es.” (WIKIPEDIA)

    “Xenogears e Neon Genesis Evangelion
    Tra le due opere c’è qualche punto in comune. Entrambi furono in sviluppo nello stesso periodo, ed ambedue contengono temi fortemente intrisi di elementi religiosi giudaici. In tutti e due è presente la psicologia di Freud, anche se sfruttata diversamente. In entrambi vi è la presenza di angeli, anche se quelli di Evangelion sono lontani dalla concezione cristiana (che è invece vicina a quelli di Xenogears). In ambedue le opere si nota la presenza di un personaggio femminile giovane e dai capelli rossi; sia carattere di Rei che quello di Esmeralda (Emeralda) è simile (molto taciturno). Entrambe non sono veri esseri umani ma creazioni umane (anche se in questo sono diametralmente diverse). Infine, come già detto sopra, la compagnia che ha animato i filmati in stile anime di Xenogears è la stessa che ha animato Evangelion.” (WIKIPEDIA)

  24. Un’altro videogame che vorrei consigliare e ICO disponibile su ps3 un videogame pieno di poesia…

    “Se ci fanno divertire sono bei giochi, se ci coinvolgono e hanno una realizzazione tecnica molto curata sono bellissimi giochi, ma quando riescono a farci provare dei sentimenti, sono dei capolavori. Forse questo Ico non riesce a inserirsi appieno nella categoria “capolavoro”, ma una cosa è certa: mai come in questo gioco si può respirare quell’area poetica e quell’alone che proprio lo avvolge, quasi a renderlo una fiaba, una poesia. Ci siamo un po’ stufati di videogiochi dove bisogna ammazzare nemici, mostri o mutanti vari. Ci siamo annoiati di fare i duri, l’eroe di questo o di quel mondo. Quando al posto del classico macho dal cuore impavido si fa avanti un ragazzino per salvare la sua bella, non possiamo che fare largo e farlo passare, applaudirlo ed acclamarlo a gran voce. Giù il cappello, è arrivato Ico.”

    (Tratto dalla recensione su Game Surf)

  25. Questo invece e Odin Sphere disponibile su PS2 un gioco pieno di fiaba…

  26. Questo in vece e Odin Sphere un gioco pieno di fiaba…

  27. @Massimo: d’accordissimo con te sulla questione Tolkien-Lewis. Ciò che trovo sorprendente in Anno è che, pur avendo sicuramente letto la Bibbia in età adulta, e pur appartenendo ad una civiltà così diversa dalla nostra, dimostra di aver interiorizzato determinati concetti in maniera più profonda di tanti che, come me, andavano, da bambini, quasi ogni giorno in chiesa.
    @Lorenzo: mai giocato a Xenogears, lo devo provare…

  28. E’ vero Carissimo Lorenzo

    In ogni fiaba è intercalata anche una nostra vissuta dimenticata storia, magari non solo su questo mondo… ma in altri così come anche nel mondo degli ELEMENTALI con cui spesso giochiamo a creare gli universi, ma quando siamo dall’altra parte del velo 😀

  29. Te lo consiglio caldamente Caro Nicola, e un capolavoro assoluto, il problema e che non è stato mai commercializzato in italia, si può trovare solo import.

  30. Dottor Lanzaro, a seguire le riflessioni di mia figlia su Death Note.
    Non ho avuto difficoltà ad estorcergliele… 🙂 ; ero nel suo campo, doveva aiutarmi, anche perchè ho seri problema con la guida a sinistra: se non è un problema, per me, leggere dall’ultima pagina fino alla prima, lo è, invece, leggere da sinistra a destra.
    Ecco quello che mi ha lasciato scritto su un foglio volante, che spero di trascrivere correttamente (non le andava di dettarmelo tramite spelling)… (come mamma mi sento di aggiungere soltanto che non è chiara, per lei, la differenza tra giustizia e vendetta, ma ne stiamo parlando.) :

    “Death Note è uno dei Manga che più mi ha colpito perchè, sebbene sia un genere diverso rispetto a quello che io leggo (Berserk, Claymore, L’attacco dei Giganti, Bloodlad e Wolf’s rain) è molto interessante come trama e nei dettagli dei disegni.
    Il Manga ha come protagonista Light Yagami, uno studente giapponese della regione del Kanto. E’ uno studente modello, annoiato del suo stile di vita, stanco dei criminali e della corruzione che lo circondano. Contemporaneamente, uno Shinigami (dio della morte) di nome Ryuk getta il suo quaderno nel mondo degli umani. Il destino vuole che il quaderno finisca in mano a Light.
    All’inizio, scettico riguardo all’autenticità del quaderno della morte, lo usa su due criminali per testarlo.
    Il quaderno è autentico: – …Li ho uccisi… Li ho uccisi tutti e due. Con le mie mani!… Uccidere non è una stupidaggine. Che diritto ho io di giudicare gli altri. Però,… un momento, non è forse quello che ho sempre pensato?! Il mondo fa schifo: e se la feccia crepasse sarebbe meglio per tutti. Qualcuno… qualcuno deve pur farlo anche a costo di andare fuori di testa o di rimetterci la vita… Non si può andare avanti così. Esiste qualcun altro che una volta trovato questo quaderno sarebbe capace di cancellare i parassiti dalla faccia della terra? Ma certo che no!… Ma io…Io potrei farcela. Anzi, solo io posso farcela! Ho deciso, userò il Death Note per cambiare il mondo… Per ripulire la terra, per prima cosa ho scritto i nomi dei criminali più pericolosi. Adesso non potranno nuocere più a nessuno. E poi, oltre a quelli morti per arresro cardiaco, come morte per i loro reati, poco per volta eliminerò gli immorali, e chi infastidisce il prossimo, provocando loro malattie o incidenti stradali. In questo modo sono sicuro che il mondo diventerà un posto migliore. E infine sarò in grado di creare un mondo popolato unicamente da persone che io ritengo serie e di buon cuore! E presto diventerò il padrone di un nuovo mondo…. –
    Da quel momento Light diviene Kira, il giustiziere.
    Riguardo al manga devo dire che attira non solo perchè fa sentire il lettore nella storia stessa, ma lo trascina con sussulti ad ogni imprevisto e sensazioni d’inquietudine e sgomento. I personaggi sono molto particolari e diversi tra loro, come Light, lo studente modello che vuole liberare il mondo dalla malvagità, seguito da Ryuk, lo shinigami, che fa da spettatore sgranocchiando mele. Poi c’è Misa, una ragazza che, a costo della vita, decide di aiutare Light dopo che lui uccide il malvivente che ha ucciso i suoi genitori.
    Infine vorrei parlare di Elle, un investigatore privato deciso a catturare il famigerato Kira: siede sempre curvo e mangia continuamente dolci senza mai ingrassare.”

    Un caro saluto, dalla mamma e dalla figlia.

  31. valeria valeria !
    con tantissimo affetto rimani sempre nel cuore di tutti noi
    il viandante

  32. …valeria valeria…: sono contenta che questa nuova specie di essere animato sia attecchita nel cuore di tutti voi. 🙂
    Come voi nel mio, Rosario!
    Valeria

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