Felipe, il pastore di nuvole

Portare al pascolo le nuvole non era mai stato un lavoro da poco.
Non tutti possono diventare loro pastori, nè si può riconoscere lì per lì chi è adatto e chi no. Quelli con la testa per aria non è detto che siano i più dotati.
Le nuvole sono per natura riottose, e mutevoli per forma e movimento come il vento che le spinge, ma non sono cattive. Sono selvatiche e non è facile prenderle e condurle là dove si vuole, questo sì.
Il fatto è che bisogna svegliarsi al mattino presto per cercare di imbrigliarle quando sono ancora assonnate. Ma in alto il giorno arriva prima e così di solito sono già sveglie quando in basso si sta al buio con il cappio in mano in attesa di lanciarlo al momento giusto. Se si riesce a prenderne una al volo, va domata con ben dosata fermezza. Poi si devono usare le briglie. Ci vuole un pastore per ogni nuvola e nei giorni di vento forte vanno tenute anche in due o tre per non essere trascinati via non si sa dove, come appesi a palloncini.
Una volta accalappiate però seguono mansuete e si lasciano tirare docilmente verso la prateria. Lì pascolano indisturbate e basta farle andare con delicatezza da una parte all’altra.
Felipe era stato pastore di nuvole fin da bambino come il padre e il nonno.
Suo padre lo portava con sè insegnando l’arte del lavoro e i segreti delle nubi e lui gliene era grato.
Diceva ‘Padre, da dove vengono le nuvole?’
E lui ‘Da laggiù, dietro l’orizzonte’
Oppure ‘Dove vanno dopo?’
‘Cosa vuoi che importi di dopo?’ rispondeva l’altro.
O anche ‘A che servono?’
Il padre scrollava la testa ‘Bada, tira bene le briglie, sennò ti scappa via… e ricorda: l’importante è non farsi mai bagnare dal loro pianto’
‘Perchè?’
‘Perchè è così da sempre’
Stava zitto per un po’, ma non tanto.
‘E che si fa se piange?’
‘Devi lasciarla andare subito via, libera. Però è toccato a pochissimi di noi’.
‘Perchè piangono?’ insisteva il ragazzo. Ma il padre guardava lontano senza dire nulla.
Allora a volte proseguiva ‘E se voglio toccare il loro pianto che succede?’
‘Ma che ti frulla per la testa, quante cose vuoi sapere tu? Sei un pastore e si può fare solo così’
‘Davvero?’ diceva lui fissandolo negli occhi
‘Basta ora’ troncava il padre voltandogli le spalle.
Col tempo l’anziano chiamò a sè il figlio. ‘Questa è la cavezza che ho sempre avuto, Felipe; d’ora in avanti la userai tu per me’.
Poi, come era usanza tra le loro genti, si allontanò in solitudine.
Felipe prese cavezza e briglie e fece il suo dovere a lungo.
Un giorno era seduto su una pietra, con una mano teneva alla briglia una nuvola che pascolava in un angolo remoto di prateria e lui lì a godere il profumo dei fiori selvatici e a ripensare alla sua vita.
Dall’alto la nube vagava con lo sguardo intorno, sazia del mondo già visto, piena di ogni sensazione e senza idea di cosa farne.
Si era fatta domare da un pover’uomo sperso nella grande pianura, indossava pantaloni rattoppati e una giubba scolorita. Lo guardò a lungo, ma infine lo vide; era vestito di quiete, di ricordi e di innocenza tutto, e d’improvviso pianse.
Felipe restò sorpreso perchè non gli era mai capitato. Tenne fede all’insegnamento e subito la liberò, ma la nuvola restò a piangere lì accanto.
Si allontanò e lei lo seguì da presso. Si avvicinò di un passo e lo stesso fece quella dall’alto.
Guardò intorno, non c’era nessuno. Esitò un poco ma allungò una mano nel pianto; la retrasse in fretta per osservarla attentamente. ‘E’ soltanto bagnata’ disse tra sè e la mise di nuovo dentro; quindi infilò il braccio e alla fine entrò con tutto il corpo. Era felice di lasciarsi bagnare dalle lacrime di nuvola, sembravano d’argento.
Accadde allora che lei si abbassò da lui in un abbraccio di nebbia, poi si dissolse lasciandolo zuppo e stralunato; niente però sembrava cambiato.
Tornò come sempre nell’antica casa a riposare e come sempre stava solitario, abituato ai lunghi silenzi. Ma quella sera prese ad avere caldo e freddo insieme, dovette camminare su e giù più volte per le stanze senza motivo, non servì a niente bere una tazza di brodo tiepido e sentì infine un desiderio e la voglia mai provata di dire del suo lavoro, di sè e di altro ancora.
Così fu costretto ad andare in paese per incontrare qualcuno e iniziò a raccontare e raccontare e ogni giorno veniva spinto a farlo dal bisogno e dalla necessità e non guarì mai più.
Passarono molti anni, Felipe il vecchio accudì come prima le nubi; nessuna pianse per lui.
I paesani ormai lo conoscevano e spesso lo accoglievano con un cenno di saluto. Lo lasciavano fare, per tutti era una brava persona.
La sera sedeva all’osteria davanti a un buon bicchiere di vino e si metteva a raccontare storie di nuvole e pascoli, pastori e briglie, venti e lacrime e per questo molti lo chiamavano visionario; solo alcuni, poeta.

Riccardo Tomassini

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Tutto si svela

Quando l’uomo riesce a
penetrare in se stesso,
allora tutto
si illumina e si svela.

Ostad Elahi

Il corpo

Ricorda, corpo…
Ricorda non solo quanto fosti amato, corpo,
non solo i letti sopra cui giacesti,
ma anche quei desideri che per te
brillavano negli occhi apertamente,
tremavano nella voce – resi vani
da qualche impedimento casuale.
Ora che tutto è parte del passato,
è come se ti fossi concesso
anche a quei desideri – ricorda il brillare
negli occhi volti verso te,
tremare nella voce, per te,
ricorda, corpo.

Mah

http://www.repubblica.it/persone/2013/04/07/foto/nessuno_perfetto_neanche_barbie_eccola_senza_trucco-56117704/1/?ref=HRESS-3#1

Bellissima, curata, sempre in ordine. Praticamente perfetta. Eppure anche per Barbie il fotoconfronto che la ritrae prima e dopo il trucco è impietoso. Ad immaginare la bambola di plastica senza il maquillage è stato l’artista messicano Eddi Aguirre: via il rossetto, l’ombretto, il rimmel, il blush, lo sbiancante per i denti e nessun lisciante per capelli. Vista in queste condizioni l’icona universale di bellezza non sembra la stessa. E rassicura in qualche modo tutte le donne in carne ed ossa che nessuno è perfetto, neanche lei (fonte Repubblica)

Voi che ne pensate? Ovviamente quella dell’artista è una provocazione ma il messaggio che leggo è esattamente il contrario. Ovvero, truccatevi, correggete i difetti (anche con la chirugia), altrimenti sarete lontani dalla bellezza

Inconscio

Occuparsi dei contenuti dell’inconscio forma l’uomo e determina la sua trasformazione.

Carl Gustav

L’Amore

L’amore è ciò che penetra dall’esterno; ed è una “corrente” che non appartiene a chi la possiede, ma è entrata dal di fuori attraverso gli occhi.

Platone

Ti ho conosciuto

Non ho bisogno di tempo
per saper come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
[…]
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell’equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo, sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanno conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile.

Pedro Salinas