Angelo Tonelli, un grande uomo del quale mi onoro d’esserne amico

Vi consiglio anche quest’altra sua pubblicazione: Eraclito – Dell’Origine

 

L’ARTISTA ALLO SPECCHIO

L’ARTISTA ALLO SPECCHIO
L’AUTORITRATTO COME ESPRESSIONE DELLE  PROPRIE MASCHERE

Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano
le opere d’arte per guardare la propria anima.
I meccanismi psichici che si manifestano nelle
dinamiche dell’autoritratto, partendo dal contrastante
rapporto che abbiamo con la nostra immagine
e la percezione che gli altri hanno di noi, diventano,
quindi, la messa in scena di queste risultanti.
Elaborare un’immagine, un volto o una forma che
siano espressione della nostra identità non è però
un’impresa semplice e una tela può rappresentare
un apparentemente confine o gabbia nell’esprimere
la sconfinata percezione di se stessi che, proprio
di lineare, confinabile e ‘regolare nelle forme’, sembra
non avere nulla.
Il senso di identità, infatti, non può prescindere
anche dalla materializzazione della percezione interiore
che è ben più complessa dello schema corporeo,
suppur ne funga da inevitabile contenitore
o ‘specchio’. L’autoritratto, collegando i modelli
percettivi e analitici degli elementi interni ed esterni
è, per l’artista, un mezzo per interrogarsi, scandagliarsi
e celebrarsi. E’ l’espressione creativa della
necessità di dare sostanza e visibilità alla pluralità
delle proprie maschere ma anche un manifesto
psicologico con il quale dare un corpo e una rappresentazione
alle proprie ansie, insicurezze, lacerazioni,
debolezze, consapevolezze, ricchezze e speranze.
Speranze, spesso, di ancorarsi alla Storia, dando
a se stessi un senso di immortalità, rappresentando
quel doppio che sopravviverà e resterà eterno.
La storia è così costellata da autoritratti. Da ripetuti
e costanti tentativi di immortalità. Una suggestiva
raccolta di opere di piccolo o grande formato eseguite
con qualsiasi tecnica e materiale, digital, pittura,
fotografia, scultura e collage ma anche passando
dalla scrittura alla poesia. Dalla irriconoscibile
maschera primitiva di Basquiat ai dipinti in età classica
raccontati da Plutarco, fino alle ‘trasfigurazioni’
della Kahlo che, proprio su questa sua complessa
produzione, ebbe a sottolineare:
“dal momento che i miei soggetti sono
sempre stati le mie sensazioni, i miei stati
mentali e le reazioni profonde che la vita
è andata producendo in me, ho di frequente
oggettivato tutto questo in immagini
di me stessa, che erano la cosa più sincera
e reale che io potessi fare per esprimere ciò
che sentivo dentro e fuori di me”.
Un ‘dentro’ e un ‘fuori’, quindi, che richiedono
la forza di guardarsi compiutamente abbracciando
ogni aspetto di se stessi. Spesso anche in modo
ossessivo come in Van Gogh che nella sua immagine
esprimerà universalmente l’umano conflitto interiore
fra quel che si è, si vorrebbe essere e si appare agli
altri. In un gioco di rimandi, attese e aspettative, nel
quale le distanze o divergenze osservative, confluiscono
sempre nelle personali debolezze, fragilità
e fierezze. Perché, in fondo, vediamo quel che siamo.
(tratto dalla rivista Nove)

http://www.bookrepublic.it/book/9788867555680-nove/

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Amicizia


Non c’è medicina più forte

O più efficace o più eccellente

Per le nostre ferite

In tutte le cose terrene

Che avere chi soffra con noi

In ogni sventura

E goda nei successi.

L’amicizia rende dunque

La prosperità più splendida

E l’avversità più leggera

Dividendola un po’ ciascuno.

In ogni azione, in ogni ricerca

Nella certezza, nel dubbio

In ogni evenienza

In ogni disavventura

In segreto e in pubblico

In ogni decisione

In casa e fuori

Dovunque l’amicizia è gradita

L’amico è necessario

Il suo favore è utile.

Amicizia

(…) Lo splendore dell’Amicizia è l’ispirazione spirituale quando scopriamo che qualcuno crede in noi ed è disposto a fidarsi di noi.  (R.W. Emerson)

IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava.

Invece di trovare un sant’uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un’attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c’era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto.

Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore.

Nel frattempo, voglio chiederti un favore, concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d’olio. Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l’olio.

Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio.

Allora, gli domandò questi, hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?’

Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d’olio che il Saggio gli aveva affidato.

Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo, disse il Saggio. Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.

Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d’arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d’arte disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto.

Ma dove sono le due gocce d’olio che ti ho affidato? domandò il Saggio.

Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate.

“Ebbene, questo è l’unico consiglio che ho da darti – concluse il più Saggio dei saggi – Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza dimenticare le due gocce d’olio nel cucchiaino.”

Quando cesserai

Quando cesserai di voler riempire la tua coppa di Felicità ed inizierai a riempire quella degli altri, scoprirai, con meraviglia, che la tua coppa sarà sempre piena. (P. Yogananda)

AMANDO I FIGLI

I figli non voi li crescete, ma essi crescono voi. Sono essi i vostri educatori, perché attendono che voi siate nel bene prima di imitarvi.

E quando dite: Daremo la vita a un figlio, sapete quale vita state dando? Non la loro, ma la vostra (…)

(…) E quando dite: I nostri Figli ci tolgono un mucchio di tempo, domandatevi se tutto quel tempo che vi viene tolto sarebbe impiegato meglio.

Nella loro infanzia ascoltate i vostri Figli, perché sui loro visi è ancora impigliato qualche frammento del sorriso con cui li hanno rivestiti gli angeli.

Nel tenerli per mano, non date loro fretta, ma camminate al loro passo, perché vogliono guarirvi dal vostro correre.

Non fate ad essi doni, ma donate voi stessi. I doni sono il vostro alibi per non regalare voi a loro.

Consegnatevi nelle loro mani, perché hanno quella saggezza che voi perdeste.

Chiamateli per nome, ed essi chiameranno il bimbo in voi, quello che da soli non riuscivate a rianimare, e lo faranno giocare nel giardino della Vita.

E nella loro adolescenza ascoltate i vostri Figli. Gran parte del muro che in quei giorni spesso vi oppongono non l’hanno costruito coi loro mattoni ma coi vostri.

Non chiedete ad essi cose che già voi non fate. Se siete saggi, vi basterà essere voi stessi.

(…) Voi siete i seminatori dei loro campi, non i raccoglitori delle loro messi. E la vostra missione consiste nel donare sempre, anche quando la lama della loro libertà vi taglierà le mani.


“Il Profeta del Vento” di Stefano Biavaschi

Genitori

(…) Il compito dei genitori è essenzialmente il privilegio (ed in verità si dovrebbe considerare un privilegio divino) di permettere ad un’ anima di entrare in contatto col mondo al fine di evolversi. (E. Bach)

Ci vuole sempre amore

Quando si smette di amare, in genere non si ha la pazienza di aspettare che finisca bene. Si cerca la strada più breve: la rottura, la sofferenza. Invece ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio, bisogna superare gli egoismi, vivere questo momento con la stessa passione, far sentire alla persona lasciata tutto il bene che c’è stato: ci vuole amore per chiudere una storia.

M.Troisi

Bellissima questa riflessione di Troisi. Bellissima….

Maturità

(…) L’Amore immaturo dice: “Ti amo perché ho bisogno di te”.
L’amore maturo dice: “Ho bisogno di te perché ti amo.

(E. Fromm)

L’amore è cieco

Si dice che l’amore è cieco. Ma lo è veramente? In realtà niente al mondo ha buona vista quanto l’amore. Cieco non è l’amore, bensì il legame, l’attaccamento. L’attaccamento è la condizione di uno che si aggrappa, che si avvinghia, nella falsa persuasione che una cosa o una persona sia indispensabile alla sua felicità.

Anthony De Mello

Amore e felicità

Amare ed essere felici non sono la stessa cosa e spesso non coincidono.
D. Enia

Pianto antico

L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
tu fior della mia pianta
percossa e inaridita,
tu dell’inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra;
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.

– Giosuè Carducci

Il passato

E’ una curiosa creatura il passato
Ed a guardarlo in viso
Si può approdare all’estasi
O alla disperazione.

Se qualcuno l’incontra disarmato,
Presto, gli grido, fuggi!
Quelle sue munizioni arrugginite
Possono ancora uccidere!

– Emily Dickinson