Lo scafo consunto e verdiccio
della vecchia feluca
riposa sul lido…
sembra la vela mozzata
che sogni ancora nel sole e nel mare.
Il mare ribolle e canta…
Il mare è un sogno sonoro
sotto il sole d’aprile.
Il mare ribolle e ride
con le onde turchine e spume di latte e argento,
il mare ribolle e ride
sotto il cielo turchino.
Il mare lattescente,
il mare rutilante,
che risa azzurre ride sulle sue cetre d’argento…
Ribolle e ride il mare!…
L’aria pare che dorma incantata
nella fulgida nebbia del sole bianchiccio.
Palpita il gabbiano nell’aria assopita, e al tardo
sonnolento volare, si spicca e si perde nella foschia del sole.
era la buona voce, amata voce.
Dimmi: verrai con me a vedere l’anima?
una carezza mi raggiunse il cuore.
Sempre con te… ed avanzai nel sogno
per una lunga, spoglia galleria;
sentii sfiorarmi la sua veste pura
e il palpito soave della mano amica.
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canzone dei Tiromancino:
IMPARARE DAL VENTO
a respirare
Non mi chiamo Machado e nessuno mi conosce, ma non penso che i miei sonetti e le mie poesie sul mare siano da meno. Verrà il giorno della resa dei conti. Peccato che io non ci sarò più. Presuntuoso? Si, lo sono, ma io ne so il motivo (ed anche chi capisce più di me)!
Un abbraccio a tutti.
Armando
IL PORTO DEL SILENZIO
Il tuo silenzio mare ora lo sento,
lo sciabordio dell’onda è riposante
con la lampara vivida, oscillante,
che cigola al soffiar lento del vento.
Un rumore soffuso, quasi spento,
con movimento apatico e stancante
s’alza da qualche vela ed incostante
rimbalza con un suono stanco e lento.
Vola il pensier mio, corre sull’onde,
tanto silenzio a volte opprime il cuore
e le parole stanche e vagabonde
suonano in testa come un gran fragore
ché il bene perso ancor oggi confonde
chi culla sempre sentimento e amore.
Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 22.11.2012 – 12,52)
MARE JONIO
Questo mare
che m’allaga il cuore,
che non ha prezzo per poter toccare,
bello e pauroso alla memoria antica
con l’onda lieve
che la sponda sfiora,
con l’onda immane
che gli uomini travolge
e case e strade affonda
nel terrore.
Questo mare,
che mi suona in mente,
che la pupilla ridisegna a volte
e strozza gola e cuore,
m’addormenta.
Questo mare
ancora m’appartiene,
mi sciacqua dentro l’anima
ed all’olfatto invia
profumi antichi e odori mai scordati,
mi spezza il passo,
che ondeggia tra i sassi della riva,
che scivola impietoso sopra l’alghe.
Questo mare
m’abbraccia,
mi culla dolcemente nel ricordo
degli affetti mai dimenticati,
delle gioie che tornano spietate
a schiaffeggiare le scelte un po’ affrettate
a cui non posso più porre riparo.
Questo mare
m’aspetta e si domanda
fino a qual punto l’amore suo mi manca.
Mi parla nel silenzio delle notti,
quando la luna gli accarezza l’onde,
messaggi d’affetto e di rancore invia
per non lasciarlo in pace riposare.
Questo mare
mi circola nel sangue,
impetuoso spacca i sentimenti
e la salsedine m’attacca sopra il viso,
gli occhi mi brucia
e sulle labbra lascia
un sapore di sale
sempre uguale.
Santoro Salvatore Armando
(Boccheggiano 15/09/2006 13.17)
Nota:
I versi della prima strofa si riferiscono al maremoto (oggi lo chiamano Tzunami) che seguì al terremoto del 1908 e che interessò tutto lo stretto di Messina baciato dal Mare Jonio. E’ stata mia madre che mi ha raccontato di quell’onda immensa alta più di 10 metri che aveva travolto la povera gente che si era riversata sulla spiaggia di Reggio Calabria per sfuggire all’ira del terremoto. Ma Nettuno era in agguato e completò l’opera spazzando quei poveracci i cui corpi sono stati trovati anche sulla spiaggia di Catania al di là dello Stretto. E la memoria antica rimane nell’inconscio di quanti hanno poi ascoltato il racconto degli avvenimenti di quella sciagura (e mia madre era stata estratta indenne a due anni da sotto le macerie della sua casa).
Il sogno di Caronte: circumnavigare la stufa di Hestia…