Al mattino

 

Brilla di rugiada il prato; più vivace
Già corre la sorgente desta; il faggio
inclina il capo incerto e tra le foglie
mormora e brilla; e intorno a grigie nubi

Rosse fiamme si allungano, annunciando,
Senza rumore si levano in onde;
Come flutti alla riva, le cangianti,
Alte si levano, sempre più alte.

Vieni ora, sali, e non troppo presto,
Giorno dorato, al vertice del cielo!
Perchè più aperto e confidente vola
A te il mio occhio, beato! fino a quando

Giovane nella tua bellezza guardi
E troppo splendido e orgoglioso ancora
Per me non sei; sempre vorresti andare
Lo potessi io con te, viandante dio!

Ma tu sorridi del lieto spavaldo,
Che vorrebbe eguagliarti; benedici
invece il mio mortale agire e ancora
Benigno! allieta il mio muto sentiero.

Friedrich Holderlin

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3 Risposte

  1. Caro Gabriele,
    questa è arrivata giusto in tempo a complemento della tua pagina odierna. Si vede che mi pensavi.
    E’ la mia colazione perchè mi sono svegliato da un’oretta, dopo un sonno ristoratore lungo ed interrotto. Ed era anni che non dormivo così bene. Buona giornata.
    Armando

    NOTTURNO A BOCCHEGGIANO

    Vola per questo borgo solitario,
    leggero come ali di farfalla,
    un gran silenzio che i pensieri affranca
    quiete regala alla mia mente stanca.
    Passi felpati per non far rumore,
    battenti di cotone alla mia porta,
    batacchi claudicanti non ne sento,
    né ansimar di vecchi o passi stanchi.
    Lieve la notte il sonno m’offre lieto,
    mi culla dolcemente, mi circuisce,
    m’avvolge e mi carezza con affetto
    i miei ricordi annebbia e diluisce.
    Sull’ali della notte mi trasporta,
    tutti i pensieri neri mi cancella
    le pene andate e le future ancora
    tutte mi offusca e pace mi regala.
    Per tant’ore con la nera mia compagna
    passeggio per i vicoli del borgo,
    sopra i castagni volo e mi ristoro
    come un gabbiano plano,
    scivolo lieve tra le nebbie stanche
    che affogano nel guazzo la campagna.
    Dopo accarezzo ancora il sole
    che da un pezzo scivola sui tetti,
    che gli embricini, ancora d’acqua mézzi,
    fa fumare festanti ed il calor regala.
    Apatico nel letto mi rigiro,
    al privilegio d’una pace cercata,
    d’una serenità voluta,
    ancor m’attacco
    quasi a goderne i vantaggi fino in fondo,
    come dal calice gustar gli ultimi sorsi d’un vino
    lungamente invecchiato e ben fruttato.
    Poi alle tiepide lenzuola infin rinuncio
    ed al tedio d’un giorno uggioso mi abbandono.

    Salvatore Armando Santoro
    (Boccheggiano 30.10.2012 – 13,54)

  2. VOVEVO DIRE “ININTERROTTO”.
    Mi chiedo solo del perché non rileggo prima di spedire!

  3. Caro Salvatore, grazie per la tua bella poesia. Un abbraccio.

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