Sentieri di notte di Giovanni Agnoloni

Carissimi, vi sottopongo questo libro, di prossima uscita, che merita la vostra attenzione.
Gabriele

Sentieri di notte di Giovanni Agnoloni (Galaad Edizioni), segna l’esordio narrativo dell’autore fiorentino, già autore di saggi su J.R.R. Tolkien e traduttore. Siamo di fronte a un romanzo fantascientifico dalle tinte gialle e filosofiche, denso e carico di significati profondi.

Che energia è racchiusa nel Chakra del Castello di Cracovia? E chi è Luther, l’androide che una notte del settembre 2025 si sveglia sulle sponde del Lago di Lucerna con accanto a sé il corpo del suo creatore? Un mistero si profila su un’Europa messa sotto scacco dalla Macros, multinazionale informatica che da Berlino ha preso il potere, privando il continente di internet e dell’energia, mentre a Cracovia un’enigmatica nube bianca avanza inglobando la città. La salvezza sta nel cuore di quella nebbia, attraversata da uno studioso irlandese di teologia in cerca del suo passato, e nel viaggio verso la Polonia di Luther e del programmatore cieco Christoph Krueger. Un romanzo viscerale, figlio della poetica del Connettivismo, avanguardia italiana le cui origini affondano nel Cyberpunk americano, ma anche nel Crepuscolarismo e nel Futurismo. Una storia frutto di una lunga e seria ricerca spirituale condotta dall’autore, che mira al ritorno alla Fonte, a una fusione con la radice dell’Essere. Un viaggio viscerale tra l’Ombra e la Luce, che passa per territori sondati dalla psicologia junghiana ed esplora la topografia di due grandi capitali della storia d’Europa, Berlino e Cracovia, fino ad affacciarsi sugli inquietanti ma suggestivi scenari dell’intelligenza artificiale e della post-umanità. Sentieri di notte è anche il primo romanzo della collana “Larix”, diretta da Davide Sapienza. Dopo Nel cuore della Groenlandia di Fridtjof Nansen (2012) e prima di un’antologia inedita di scritti di Barry Lopez curata da Davide Sapienza in uscita nel 2013, quest’opera contribuisce a tracciare la visione della Collana che è dedicata all’esplorazione in senso geografico, umano e letterario.

Sentieri di notte sarà presentato ufficialmente venerdì 26 ottobre dalle ore 18,00 a Roma presso il Centro Culturale Elsa Morante (in Piazzale Elsa Morante), in occasione della NeXT-Fest, il festival del movimento connettivista, con la partecipazione di Giovanni Agnoloni e dello scrittore Francesco Verso, Premio Urania 2008.
L’opera è fin da ora prenotabile sul sito dell’editore, www.galaadedizioni.com. Dal 26 ottobre in tutte le librerie italiane.

Giovanni Agnoloni
Sentieri di notte
Galaad Edizioni – Collana Larix

Pubblicità

E DIO CREO’ L’UOMO A SUO ODIO E SOMIGLIANZA di Michele Mezzanotte

Carissimi, su consiglio dell’Amico Massimo Lanzaro, vi suggerisco questa rivista http://www.animafaarte.it/
e questa rilessione di Michele Mezzanotte

Buona lettura…

Nel corso della storia del pensiero e delle emozioni umane, l’Odio ha avuto un ruolo da attore protagonista. In questa piccola dissertazione sull’Odio apriremo la nostra visione ad un Odio
filosofico, un Odio mitico e un Odio simbolico: in sintesi un Odio Psicologico. Dio creo l’uomo a sua immagine e somiglianza, in questo caso, a suo Odio e somiglianza.
L’Odio prendeva vita attraverso Empedocle di Agrigento, Philipp Mainlander, attraverso Ulisse e i suoi viaggi, Stige e la sua sozzura. Inoltre, vedremo come ogni relazione analitica tra pazienti
e terapeuti si apre con un doppio atto d’Odio. Iniziamo leggendo di Empedocle di Agrigento del quale sono rimasti, nel corso della storia, numerosi frammenti derivanti dalle sue opere:
“Sulla natura” e “Carme lustrale”. In questi narra di spiriti i quali, a causa delle loro colpe, si incarnano nei corpi mortali: piante e animali.
Empedocle nella sua trattazione afferra i concetti di Amore e Odio e ne fa dei principi generatori e distruttori al tempo stesso.

“Duplice dunque e la nascita, duplice e la morte
delle cose mortali. La riunione di tutte le cose ne
genera e distrugge una; l’altra invece si produce e
si dissipa quando di nuovo si disgiungono.”

L’amore crea e distrugge, e anche l’odio crea e distrugge al tempo stesso. Stupenda e l’affermazione di Empedocle: “duplice dunque e la nascita, duplice e la morte delle cose mortali”. Essa ci suggerisce che ogni immagine può avere una doppia nascita e una doppia morte: una nascita d’odio e una nascita d’amore; una morte d’odio e una morte d’amore. Lui stesso all’età di sessant’anni si distrusse gettandosi all’interno del cratere dell’Etna: si suicido. L’azione dell’odio e dell’amore cosi come descritta da Empedocle di Agrigento, e anche uno dei temi fondamentali della “mitologia scientifica” contemporanea. Il famoso Big Bang non e nient’altro che l’espressione fisica della teoria di Empedocle. Da uno sfero, attraverso l’azione dell’Odio, inizia la separazione delle parti fino a che non ritorna tutto in uno sfero ad alternanze
temporali cicliche: sfero-separazione, sferoseparazione. Vediamo l’eterno agire di queste forze primigenie che uniscono e separano, creano e distruggono. Proseguiamo dunque, attraverso questo percorso scientifico-speculativo, analizzando un altro pensiero: parliamo ora di un filosofo il quale desiderava che il suo nome andasse dimenticato col passare degli anni, perciò si firmava diversamente come Philipp Mainlander. E con un atto d’Odio che Dio decise di creare il mondo, e non come facilmente pensiamo con un atto d’amore. Sentiamo le parole del filosofo:

“Noi sappiamo che, questa semplice unita, Dio,
frantumandosi nel mondo, scomparve del tutto e
tramonto; in seguito sappiamo che il mondo sorto
da Dio, proprio a causa della sua origine da una
semplice unita, si trova senza eccezioni in una
connessione dinamica e, perciò, in collegamento
sappiamo che il movimento che si riproduce
dall’attività delle singole essenze e il destino;
infine, che l’unita precosmica e esistita.
L’esistenza e il sottile filo che getta un ponte
sull’abisso fra la regione dell’immanente e quella
del trascendente, e ad esso, per prima cosa,
dobbiamo prestare attenzione.
La semplice unita esistette: su di essa non
possiamo predicare di più in nessun modo.
Di
quale genere, di quale essere fosse questa
esistenza ci e totalmente nascosto. Volendo
stabilire pero la cosa più prossima, noi dovremmo
ricorrere ancora alla negazione e affermare che
essa non ha alcuna somiglianza con un qualche
essere a noi conosciuto, poiché tutto l’essere che
noi conosciamo e essere in movimento, e un
divenire, mentre la semplice unita era priva di
movimento, nell’assoluta quiete.
Il suo essere era sovressere.”

Mainlander sostiene che Dio per creare il mondo, con tutti i viventi che lo popolano, si suicido; quindi si distrusse e attraverso questo atto d’Odio creativo, genero il mondo, destinato a proseguire
in atti di disgregazione. Un’esplosione divina, un Big Bang che creo l’universo e i suoi pianeti.

“Dio e morto e la sua morte fu la vita del mondo”
“Ma questa semplice unita e divenuta; non e più.
Mutata la sua essenza, essa si e frantumata
completamente e totalmente verso il mondo del
molteplice. Dio e morto e la sua morte fu la vita
del mondo.” “L’esplosione fu l’azione di una semplice unita, la
sua prima ed ultima azione, la sua singola azione.
Ogni volontà del presente conserva essenza e
movimento in questa unica azione e perciò tutto si
connette reciprocamente come un ingranaggio nel mondo.”

A questo punto risulta facile collegare l’Odio empedocleo con il Suicidio di Mainlander: atti distruttivi che creano vita. L’inconscio individuale nella psicologia non e nient’altro che un ingranaggio di una più vasta macchina: l’inconscio collettivo. L’unita primaria, che possiamo chiamare nella nostra cultura Dio (inconscio collettivo), si e esibita in un enorme atto d’Odio e di separazione. Si e suicidata, usando l’espressione del filosofo tedesco. Grazie a questa azione creativa hanno preso vita gli individui e le loro singolarità, immerse sempre in un collettivo. Ha preso vita il “molteplice”. Come vedremo più tardi in questo articolo, ha preso vita un uomo dal “molteplice ingegno”. Il suicidio ci conduce alla vita, secondo Mainlander, infatti, un archetipo fondamentale che ci muove fin dalla nostra creazione e il suicidio, ovvero la morte. Mainlander vide bene: Dio si suicidò e la sua morte fu la vita del mondo. L’archetipo del Dio mainlanderiano si ripete coattivamente dall’alba dei tempi e noi siamo alla ricerca della morte: una vita per la morte; e questo è molto psicologico. Secondo Hillman, infatti, la domanda del fare anima è:

Che cosa sommuovono nella mia anima
questo evento, questa cosa, questo attimo? Cosa significano per la mia morte?”.

Il filosofo tedesco storicizzo il suo pensiero suicidandosi letteralmente e concretamente alla fine del suo scritto. Il fine della vita e la morte. Morte come suicidio e atto creativo. Una morte fisica e psicologica. Una morte trasfromativa. Ricordiamo fonti psicologiche come Freud, Sabina Spierlein e Adler che parlavano di “Morte e Thanatos” come motori fondanti della psiche. Nel setting analitico sono molti gli atti d’Odio e di Suicidio che devono entrare in scena. Nell’analisi odiamo e amiamo, ci suicidiamo e commettiamo omicidi psichici. Ogni omicidio di un personaggio psichico e un suicidio personale, perché riferito a una nostra parte d’anima. Prendiamo ad esempio i sogni in cui incontriamo personaggi morti, uccisi. Sono atti d’Odio, di distruzione appunto. Tutti quei personaggi sono nostri personaggi. Se sogno di uccidere mia madre, e l’immagine di mia madre che ho ucciso, per cui ho commesso un atto d’Odio verso me stesso, ovvero un suicidio. Questo suicidio da vita ad altri immaginari, apre nuove prospettive e trasforma. Possiamo affermare che uno dei passaggi fondamentali dell’analisi e il suicidio, la morte intesa sia da un punto di vista d’odio, sia da un punto di vista d’amore. Molti pazienti entrano in analisi perché non sanno morire. Non sanno suicidarsi: l’analisi e un processo che ci aiuta a suicidarci, a ritirare le nostre proiezioni, a uccidere il mondo amandolo e odiandolo. Cerchiamo di approfondire ancora di più il concetto d’Odio. Si riconduce Odio alla radice ad con il significato di rodere, ma anche al greco odoys, Dente, Dolore; e al latino edo, Mangiare, che darebbe il senso di rodimento interno, dolore interno. Il rodimento e il dolore interno sono sicuramente riconducibili ad una Nigredo alchemica, una nera energia fortissima, un marasma e un sommovimento di emozioni che ci agisce dall’interno del nostro stomaco e che ci percorre in tutta la sua potenza caotica ed ingestibile. Possiamo notare una curiosa somiglianza alle sensazioni di innamoramento, e da questo possiamo capire la forte vicinanza tra le due energie. Quando l’Odio si impossessa di noi ci “sentiamo esplodere”. Quindi l’Odio ci avvolge attraverso una situazione nigredica oscura, in cui iniziamo a coltivare nuove immagini e il caos ci pervade. Quando si attiva l’Odio dentro di noi, sentiamo una pulsione a dover fare qualcosa, un’energia che ci suggerisce un movimento verso qualcuno o qualcosa, un movimento molto forte come se fosse impellente: a quel punto desideriamo la distruzione, il suicidio.
Tuttavia non e un suicidio-distruzione fine a se stesso, ma finalizzato a creare nuove opportunità e possibilità. Una distruzione che libera il rodimento interno e il dolore marasmatico. Un’immagine psichica distrutta, genera altre migliaia di immagini, altri pezzi psichici che vagano e vanno ricondotti all’origine, per permettergli di vivere e di acquisire nuova energia. E un quadro generale del processo analitico di scioglimento; di scomposizione di un tutto in elementi semplici. Un desiderio di suicidio come desiderio di trasformazione.

“Musa, quell’uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto erro, poiché ebbe a terra
Gittate d’Ilion le sacre torri… ”
Il nome Odisseo significa etimologicamente
odiare. Così disse Autolico suo nonno:
“Nel corso della mia vita mi sono messo in urto
con molti principi e chiamerò dunque mio nipote
Odisseo, che significa l’odioso, perché sarà la
vittima delle mie antiche inimicizie. Tuttavia
semmai salirà al monte Parnaso per
rimproverarmi, gli cederò parte dei miei
possedimenti e placherò la sua ira”

Autolico collega il suo mettersi in urto con molti principi con il nome Odisseo, ovvero questo suo agire lo chiama Odio. L’Odio durante la vita gli ha permesso di urtare verso un principio. La parola principio significa che vi e una causa-prima, un principio appunto, e urtandolo Autolico compie un tentativo di Odio: un’operazione di creazione di fattori multipli. Partendo da un principio quindi, lo si può sposare (amare), o lo si può metter in discussione odiandolo e generando altre piccole unita di principio. Odisseo sarà il portavoce di tutto questo grazie al suo “molteplice ingegno”. Autolico, e stato in vita un uomo che ha sempre odiato, quindi, ha sempre creato milioni di possibilità senza amarne neanche una. Odisseo, il nipote, ha la croce di queste “multiformi” suddivisioni e passera la vita viaggiandone attraverso, per cercare di tornare al principio, allo sfero primordiale: a casa sua, da sua moglie e suo figlio. Ma per farlo dovrà passare per eventi multiformi e userà il suo multiforme ingegno per affrontarli. Abbiamo visto che l’Odio a cui si riferisce Autolico può avere una duplice valenza: una in cui e Odisseo stesso ad essere protagonista e soggetto; la seconda in cui e oggetto dell’Odio. Ora chiediamoci il perché di tutto questo astio nei confronti dell’uomo dal “multiforme ingegno”. Ulisse indica nella mitologia la scomparsa dell’eroe per antonomasia, ovvero di tutte quelle figure mitologiche, come ad esempio Ercole, che vengono sostituite da un altro modo di rapportarsi alla realtà: più ermetico e più multiforme (infatti Odisseo e anche diretto discendente di Hermes). Ergo, una caduta del complesso dell’Io (ricordiamo la figura dell’eroe in James Hillman). Nuovamente possiamo osservare una distruzione di uno sfero (Io), che genera un multiforme ingegno: un “universo psichico” fatto di pianeti, dei, patologie; un suicidio dell’Io.

Narrami o musa, dell’uomo dall’agile mente, che
tanto vago, dopo che distrusse la sacra citta di Troia

“Odisseo, uomo che distrusse la citta di Troia, e vago per vent’anni per trovare la strada di casa e riunirsi alla famiglia.” Ponendo sul teatro psichico questa storia, scopriremo un atto psichico ouroborico, un atto d’eterno ritorno. Dopo un lungo periodo di stagnamento, nel quale greci e troiani si affrontavano in campo aperto, Ulisse pone finalmente termine alla guerra attraverso una intuizione: il cavallo di Troia. Odisseo compie un atto d’Odio distruggendo Troia, creando cosi i suoi vent’anni successivi, nei quali si confronta con il suo atto d’Odio nella separazione di svariati nuclei psicologici (i suoi molteplici viaggi), nei quali affina il suo ingegno. Alla fine come in un tipico copione ouroborico di odio e amore, Ulisse riesce a tornare a casa e unirsi al suo sfero famigliare. L’Odio e una atto di grandi energie, infatti viene iniziato dal cavallo di Troia, simbolo di grande forza ed energia psichica, che da la fine ad un principio costituito (Troia), iniziando cosi diversi altri principi: Enea che fonderà Roma, o Ulisse che parte per i suoi viaggi, e le narrazione degli altri “ritorni” alla fine della guerra. A questo punto c’è un altra prospettiva mitologica da prendere in considerazione: il punto di vista di un fiume infernale che ci apre al secondo atto d’Odio presente all’inizio di un’analisi. In un tempo e in un luogo ormai lontani, c’erano cinque Fiumi immersi nelle profondità dell’Ade, fino a toccare i confini del Tartaro. Fiumi che proteggevano, bruciavano, ghiacciavano, rubavano ricordi nitidamente offuscati. Cinque nomi per cinque fiumi: Stige, Cocito, Acheronte, Flegetonte, Lete. Lete e il fiume del mito platonico di Ur, il mito della rinascita dopo la morte, della scelta del Daimon, l’angelo che seguira ognuno di noi durante il suo cammino nelle fantasie terrene. Flegetonte, o Piriflegetonte (nome più arcaico), e il fiume del mito della palude ignea e del fiume psichico che brucia parricidi e matricidi, rende inaccessibile il meandro più oscuro della psiche: il tartaro. L’ Acheronte e il fiume dalle amare acque, per punizione del divino Zeus, che segna la mitologia del passaggio tra vita e morte, tra mondo notturno e mondo diurno. Cocito e affluente dell’Acheronte, dove le anime prive di oboli (energie psichiche), erano costrette a vagare come ombre lungo le sue rive. E infine il fiume che ci interessa in questo mythos: Styx (Stige, Odio) con la sua palude, la sua sozzura e il suo odio. Stige (in greco antico Styx), ha diverse funzioni nella fantastica storia umana: innanzitutto veniva chiamato dagli Dei a testimone dei loro giuramenti inviolabili, pena un anno in coma e nove anni lontano dai simposi, senza poter gustare del divino nettare ambrosiano; inoltre le acque di questo gelido fiume erano in grado di donare l’immortalità, come capito all’eroico Achille e non solo. Stige come suggellatore di patti divini, come d’altronde accade in analisi con il patto iniziale. L’analisi dunque inizia con un doppio atto d’odio: il primo e distruttivo o suicidante, il secondo e il patto analitico tra terapeuta e paziente, nel quale si pongono i termini e le regole analitiche inviolabili e predeterminate, regole a cui non si può venir meno, pena la fine dell’analisi e non solo. Nel nostro temenos analitico e possibile e doveroso invocare la potenza creativa e distruttrice dell’Odio al fine di sommuovere energie, per esempio: le libere associazioni sono un atto d’odio, un suicidio analitico, un partire da uno sfero iniziale per abbandonarsi ad altre immagini che nascono dalla sua distruzione e analisi. Lo stesso James Hillman considera il lavoro con le immagini come un atto di Stige:

“Inoltre questo lavoro formativo
dell’immaginazione e sempre allo stesso tempo
distruttivo, deformativo. Per accedere al mondo
infero bisogna necessariamente attraversare Stige,
superare l’ostacolo della sua odiosa freddezza.
Che e inevitabile e non può essere
sentimentalizzata. Ogni gesto nel mondo notturno,
se e giusto, uccide ciò che tocca. Ci troviamo di
fronte a densità, luoghi di violenta resistenza, che
si possono penetrare con l’intuizione, un’intuizione
che sconvolge e comunica un senso di morte. Il
lavoro sui sogni e arduo da compiere per il
terapeuta e arduo da accettare per il paziente. Ed
e qualcosa che non sembra possibile fare da soli.
Forse perché non e mai possibile vedere dove si e
inconsci; ma più probabilmente perché esiste in
noi una resistenza di fondo che si oppone alla
distruzione che il lavoro onirico comporta:
l’uccisione degli attaccamenti e il disvelamento di
profondità immutabili. La regina del mondo infero
e Persefone e il suo nome significa: “portatrice di distruzione”.

L’Odio e solo un punto di partenza: apre l’analisi ai viaggi di Odisseo; apre l’analisi ai figli di Stige e la rivoluzione che condussero insieme a Zeus nei confronti del principio generatore Saturno. Conseguentemente l’Odio viene ad essere un’energia fondamentale nei processi di cambiamento e di apertura. Il Suicidio-Odio abbatte lo sfero e crea nuove individaulità dando energia vitale ai suoi figli. L’analisi si apre attraverso un doppio atto d’Odio. Il primo atto e un suicidio analitico, come abbiamo visto in precedenza: il suicidio del pronome indefinito Io. Vi sono in un’analisi atti d’Odio e atti d’Amore, tuttavia parte tutto da un suicidio.  Il paziente uccide il suo Io non-paziente, uccide il suo non-essere paziente, introducendosi nelle migliaia di immagini che lo possiedono, e viaggiando odisseicamente attraverso le sue parti e componenti: si apre al multiforme ingegno e al mondo infero. Il nostro obiettivo attraverso l’analisi e la morte, come la morte e l’obiettivo della vita. Entriamo in analisi per morire, per suicidarci. L’archetipo mainlanderiano del Dio che si suicida e crea la vita e un archetipo che vive a pieno l’analisi e le sue storie. Nel contempo bisogna tessere storie, bisogna amare i pezzi che sono venuti fuori dalla distruzione odiosa, bisogna ricomporre e filare i pezzi che si sono suicidati. Il secondo atto d’Odio e il patto analitico con cui paziente e terapeuta cominciano il viaggio psichico. Vi e, oggi, un moto d’Odio nei confronti della psicologia, un tentativo di distruzione. Guardando questo processo dall’ottica di questo articolo comprendiamo facilmente il perché: la psicologia per creare compie un tentato suicidio ai danni del mondo, attiva l’archetipo del Dio di Mainlander, ci conduce alla morte; l’analisi in un certo senso uccide, odia ed ama. Odiando attiva contemporaneamente le proiezioni di Odio verso di essa. Purtroppo pero per creare vita c’è bisogno di un iniziale suicidio, di un Odio iniziatico, un Big Bang che ci apra le porte ai viaggi odisseici e nuove galassie. Solo la psicologia può reggere un peso simile, solo lei ha la forza di fungere da capro espiatorio per i peccati degli altri. Solo lei può caricarsi del suicidio collettivo che porterà a nuova vita, alla morte e alla rigenerazione di un nuovo ciclo. E se come abbiamo detto all’inizio, Dio creo l’uomo a suo odio e somiglianza, un giorno ci alzeremo e ci guarderemo nello specchio di Dioniso: in quel momento vedendoci capiremo che tutto ciò che abbiamo odiato nella vita, siamo profondamente noi

Edipo e la Sfinge

(Gustave Moreau, Edipo e la Sfinge,1864)