Gabriele La Porta Questo Blog è l'unico ufficialmente riconosciuto dal Prof. Gabriele La Porta, filosofo, conduttore radiotelevisivo, già direttore di Rai 2 e RaiNotte.
Ognuno di noi ha almeno una storia segreta da raccontare, un episodio straordinario che lo ha indotto a riflettere sulla vita e sul destino. Questo libro raccoglie alcune di queste vicende: sogni premonitori, defunti che suggeriscono comportamenti e azioni decisive, coincidenze inspiegabili che mutano il corso di una vita. Ciò che accomuna queste storie è l’elemento miracoloso, soprannaturale, il palesarsi di una soluzione positiva in situazioni che sembrano senza via d’uscita. Quale significato dobbiamo attribuire alle cosiddette coincidenze?
Con disegni di Donatella Scatena
Troppe volte Bruno sembra vivere ineluttabilmente con la scardinante dedica dell’Oscuro "ai vaganti di notte, ai maghi, ai posseduti da Dioniso, alle menadi, agli iniziati" (Eraclito 14, A 59, trad. Giorgio Colli). Un empito dionisiaco avviluppante il Dio in una danza a spirale che sfonda secoli inutilmente pesanti solo per gli umani. Perché la forza del Nolano è racchiusa in un perenne vaticinio donativo. Circolarità senza fine, Sphairos consustanziale con Afrodite iperuranica. Per questo è contemporaneo di Hermes, il donatore agli umani, e quindi con Spalle Larghe (Platone), Porfirio e Giamblico lo scrutatore degli Egizi e poi a Giuliano l’Apostata e "all’altro" Giuliano il Kremmerz degli anni nostri...
"Il bello è scoprire che tutto ciò che non abbiamo fatto in tempo ad imparare non è affatto perduto" - il Tempo
"Dedicato ai nostalgici di Sophia, ai profeti dell'incontro tra la magia di Hermes e l'analisi del profondo di Jung. Contro lo strapotere dello scientismo e l'abuso della tecnica" - Libero
Teneri lanci di luce dell’alba
come petali di un segreto giardino,
sfiorano i lineamenti docili del tuo viso
ed è come se l’occhio di una Fenice,schiudendosi
sorridesse benevolo e beffardo,,,
per l’immenso dono che ci lascia scorgere.
Amici cari,
vi propongo uno dei più celebri dipinti di Leonardo. Credo che meriti di essere guardato con la giusta “dimensione degli occhi” (a proposito di Rumi).
Aspetto le vostre considerazioni.
Buona giornata!
Leonardo da Vinci, “Vergine delle Rocce”, 1483-1486
Ritratto di Fëdor Dostoevskij. Opera di Vassilij Perov (Galleria Tret’jakov, Mosca), 1872
Dostoevskij sulla Bellezza:
“Sebbene Pul’cherja Alèksandrovna avesse già quarantarè anni, il suo viso mostrava ancora le tracce della bellezza di un tempo; inoltre, pareva molto più giovane della sua età; comequasi tutte le donne che conservano fino alla vecchiaia la limpidezza dello spirito, la freschezza delle impressioni e un’onesta e pura fiamma nel cuore. Noteremo, fra parentesi, che conservare tutto ciò è l’unico mezzo per non perdere la propria bellezza nemmeno nella vecchiaia”
Il nostro caro Rossano ci porta queste parole dell’immenso Rumi. Che cosa ci dicono? Attendo le vostre riflessioni. Buona domenica:
Vedendo un fuscello di paglia galleggiare su una pozza di urina d’asino, la zanzara alzò la testa e disse a se stessa: «È tanto tempo che sogno l’oceano e un vascello. Eccoli!». Quella pozza le sembrava profonda e senza limiti perché il suo universo ha la dimensione dei suoi occhi: simili occhi non vedono che simili oceani. Improvvisamente il vento spostò leggermente quel fuscello. La zanzara esclamò: «Che grande comandante sono!» – Gialal ad-Din Rumi
Vieni tu dal cielo profondo o sorgi dall’abisso, Beltà? Il tuo sguardo, infernale e divino, versa, mischiandoli, beneficio e delitto: per questo ti si può comparare al vino.
Riunisci nel tuo occhio il tramonto e l’aurora, diffondi profumi come una sera di tempesta; i tuoi baci sono un filtro, la tua bocca un’anfora, che rendono audace il fanciullo, l’eroe vile.
Sorgi dal nero abisso o discendi dagli astri? Il Destino incantato segue le tue gonne come un cane: tu semini a casaccio la gioia e i disastri, hai imperio su tutto, non rispondi di nulla.
Cammini sopra i morti, Beltà, e ti ridi di essi, fra i tuoi gioielli l’Orrore non è il meno affascinante e il Delitto, che sta fra i tuoi gingilli più cari, sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.
La farfalla abbagliata vola verso di te, o candela, e crepita, fiammeggia e dice: “Benediciamo questa fiaccola!” L’innamorato palpitante chinato sulla bella sembra un morente che accarezzi la propria tomba.
Venga tu dal cielo o dall’inferno, che importa, o Beltà, mostro enorme, pauroso, ingenuo; se il tuo occhio, e sorriso, se il tuo piede, aprono per me la porta d’un Infinito adorato che non ho conosciuto?
Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena, che importa se tu – fata dagli occhi vellutati, profumo, luce, mia unica regina – fai l’universo meno orribile e questi istanti meno gravi?
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“La bellezza” (Emily Dickinson)
La bellezza non ha causa: esiste.
Inseguila e sparisce.
Non inseguirla e rimane.
Sai afferrare le crespe
del prato, quando il vento
vi avvolge le sue dita?
Iddio provvederà
perché non ti riesca.
“Bellezza e Verità” (Emily Dickinson)
Ero morta per la Bellezza, ma da poco
Ero stata accomodata nel sepolcro
Quando uno che era morto per la verità fu deposto
Nella stanza accanto.
Dolcemente, mi chiese, Come è mancata lei?
“Per la bellezza”, risposi.
“Ed io per la verità, le due sono una:
Siamo fratelli”, disse.
Così, come conoscenti che si incontrano di notte
Parlammo da una stanza all’altra
Fino a che il muschio raggiunse le nostre labbra
E coprì i nostri nomi.
Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie
amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.
La bellezza è quella visione d’insieme: è camminare per le strade del mondo ma non essere di questo mondo: è l’intima scoperta di se stessi nell’Altro, giusto alla fine dell’inizio del viaggio di ritorno; è l’incontro sognante:
“…La bellezza è l’eternità che si contempla allo specchio
e noi siamo l’eternità e lo specchio.”
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“La bellezza non è un bisogno ma un’estasi, non è una bocca assetata né una mano vuota protesa in avanti ma piuttosto ha un cuore infuocato e un’anima incantata” : La bellezza è l’anima dell’amato…
…”Allo specchio, che è l’anima dell’amato, non apparirà il volto dell’amante, ma il simulacro del Dio che lo possiede e lo costituisce: il suo volto e quello dell’amato ne saranno illuminati, come per un lampo venuto d’altrove, da un altro mondo, oltreumano. Amante e amato saranno così ricongiunti, non l’uno nell’altro, ma ciascuno nel suo luogo d’origine, verso il quale li ha incamminati la nostalgia.” (Francesco Donfrancesco)
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La bellezza è l’attimo in cui “usciamo da noi rientrando per noi”, che non si coglie, nè si misura nel tempo e nello spazio: fra “te” e “me”, “tra un battito d’ali e un ruggito di leoni”, due punti, due solitudini… Contemporaneamente Noi siamo. Presente. Corpo, mente e anima in UNO!!!
Ciao Gabriele, qualche anno fa ho scritto questa poesia sulla bellezza ispirandomi ad un dipinto su Afrodite, presente sotto. Il concetto di bellezza in questi anni in me si era ampliato perché mi interessai ai dipinti dei preraffaelliti, in cui la donna era il soggetto predominante e anche all’estetica del bello e sublime in filosofia, soprattutto leggendo Schiller.
Afrodite
Il vento leggero dell’estate
rinvigorisce le onde del mare
che fluttuando navigano
verso l’orizzonte tra cielo e mare
e di lì al sorgere del sole
nasce Afrodite, dea della bellezza
e dell’amore passionale e sublime,
semicirdondata da piccoli angeli,
riflette sul mare e nel cielo
il suo eterno splendore
spruzzata da rugiada di mare
che sembra una miriade di stelle
scese giù dal cielo della notte.
Con lei rinasce la natura che la circonda
dal profondo mare alle vette montuose
che toccano il cielo,
dalla luna pallida e femminile
al sole maschile fulgido e splendente.
L’eterna bellezza vitale esplode
in tutta la sua passionale e volluttuosa
carnalità.
L’oggi è nel cuore dell’uomo come una conchiglia in fondo al mare. Domani, nella marea della risurrezione, le conchiglie, gettate sulla sabbia, si apriranno e moriranno. Verrà, così, alla luce la perla
Buona giornata a Lei prof.,
a Melusina, che giornalmente ci delizia, con le sue proposte e a tutti gli altri amici.
Ecco di seguito due piccoli contributi.
Da “Le più belle scritture della vita” di Marc Levy:
Le rughe della vecchiaia fanno le più belle scritture della vita,
quelle nelle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni.
“Da un viaggio chiamato vita” di Banana Yoshimoto:
La vita è fatta di piccole felicità insignificanti, simili a minuscoli fiori. Non è fatta di grandi cose, come lo studio, l’amore, i matrimoni, i funerali.
Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente o a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percettibile, che l’anima respira e grazie a quella vive.
—
IL BELLO DELLA VITA
Provare emozioni
è il bello della vita.
Anche quando sono
tanti gli anni
già trascorsi,
provare emozioni
è come vivere
da giovani.
Nulla si è spento,
tutto si rivede
in una luce diversa
ma sempre viva,
sempre con sussulti
al cuore,
sempre con sorrisi,
guardando i figli,
i nipotini che crescono
e che sono la continuità
della nostra vita.
I capelli bianchi,
le rughe, anche
gli acciacchi
sono segni da
accogliere con gioia
perchè ci sei,
perchè ancora
sei capace di
provare emozioni.
Sulla bellezza ho scritto quasi nulla. Ma nel mio archivio ho trovato questa e contribuisco, forse marginalmente, al dibattito su questo argomento che, tuttavia, ha sempre ispirato milioni di artisti.
IL BELLO E IL BRUTTO
Sforzati di guardare
la gente
con i falsi messaggi
che i mass-media diffondono.
Visi ricostruiti
e corpi modellati
dai ferri degli estetisti.
Guarda oltre la maschera
dei modelli imposti.
Corpi informi
e con intelligenze vive;
occhi sgraziati
ma che sanno guardare
con intensità il mondo
per trasmettere immagini
di bellezza e d’amore
e non languidi sguardi
che si esauriscono
nell’agonia di una sera.
Il bello, il brutto,
il grasso, il magro.
Stereotipi imposti
da falsi profeti
che hanno impoverito
e offuscato
la coscienza del mondo.
Oggi Melusina ci porta le emozioni che sgorgano dalle parole di Gibran:
“La bellezza”
La bellezza cammina fra di noi
come una giovane madre
quasi intimidita dalla propria gloria.
La bellezza è una forza che incute paura
come la tempesta scuote
al di sotto e al di sopra di noi
la terra e il cielo.
La bellezza è fatta di delicati sussurri
parla dentro al nostro spirito
la sua voce cede ai nostri silenzi
come una fievole luce che trema
per paura dell’ombra.
La bellezza grida tra le montagne
tra un battito d’ali e un ruggito di leoni.
La bellezza sorge da oriente con l’alba
si sporge sulla terra dalle finestre del tramonto
arriva sulle colline con la primavera
danza con le foglie d’autunno
e con un soffio di neve tra i capelli.
La bellezza non è un bisogno
ma un’estasi,
non è una bocca assetata
né una mano vuota protesa in avanti
ma piuttosto ha un cuore infuocato
e un’anima incantata.
Non è la linfa della corteccia rugosa
né un’ala attaccata a un artiglio.
La bellezza è un giardino sempre in fiore
e una schiera d’angeli sempre in volo.
La bellezza è la vita quando la vita si rivela.
La bellezza è l’eternità che si contempla allo specchio
e noi siamo l’eternità e lo specchio.
Ringrazio la nostra carissima Valeria-Luo D.A. che ci permette di ri-ascoltare Socrate:
[…] Socrate: – Ora, la mia arte di ostetrico, in tutto il rimanente rassomiglia a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo, che opera su gli uomini e non su le donne, e provvede alle anime partorienti e non ai corpi. E la piú grande capacità sua è ch’io riesco, per essa, a discernere [c] sicuramente se fantasma e menzogna partorisce l’anima del giovane, oppure se cosa vitale e reale. Poiché questo ho di comune con le levatrici, che anch’io sono sterile … di sapienza; e il biasimo che già tanti mi hanno fatto, che interrogo sí gli altri, ma non manifesto mai io stesso su nessuna questione il mio pensiero, ignorante come sono, è verissimo biasimo. E la ragione è appunto questa, che il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma mi vietò di generare. Io sono dunque, in me, tutt’altro che sapiente, né [d] da me è venuta fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo; quelli invece che amano stare con me, se pur da principio appariscano, alcuni di loro, del tutto ignoranti, tutti quanti poi, seguitando a frequentare la mia compagnia, ne ricavano, purché il dio glielo permetta, straordinario profitto: come veggono essi medesimi e gli altri. Ed è chiaro che da me non hanno imparato nulla, bensí proprio e solo da se stessi molte cose e belle hanno trovato e generato; ma d’averli aiutati a generare, questo sí, il merito spetta al dio e a me. […]
finalmente a Roma ed in Italia sarà possibile ammirare la più grande rassegna su Johannes Vermeer, considerato uno dei massimi esponenti della pittura olandese del XVII secolo. Dal 27 settembre 2012 al 20 gennaio 2013, avremo l’opportunità, negli spazi delle Scuderie del Quirinale, di godere di “Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese”. Aspettando la mostra, vi lascio penetrare in uno dei dipinti più famosi del Maestro (forse uno di quelli previsti):
Continua il nostro percorso danzante, con questi contributi di Anna Ferrara, che ringrazio, per mezzo dei quali andiamo alla scoperta, ballando, delle nostre preziose tradizioni. Alla fine, leggete l’importante invito della nostra amica:
Cara Valeria, grazie per questo interessante articolo (vedi).
Una bella iniziativa quella di approfondire le origini ed il significato delle antiche danze popolari delle nostre regioni.
E adesso godiamoci questo video della Pizzica di Lecce:
La Tarantella napoletana:
Funiculì:
“Tarantella di Rossini”:
Cari Jeppo, Lugi, Map, Melusina, Paolo, Raf, S. A. Santoro, Viki e tutti gli altri amici e lettori, perché non proponete le danze popolari della vostra regione o quella che sentite a voi più affine?
Ferragosto, tutto fermo, tutto tace,
per fortuna, un po’ di pace;
e il traffico s’è acquattato,
e sulle spiagge se n’è andato;
[…..]
e voglia di inseguire l’estate, rimarrà;
con un aereo starci dietro, e trovarla, per il mondo
, tra palmi, cocco, e un amaca intorno;
dove il sole è sempre uguale,
ma in quei posti, costa un capitale,
e ci si penserà a Natale,
o magari piuttosto si continuerà a
sognare, in modo sempre uguale;
sino alla prossima estate, che dovrà arrivare.
(filastrocca scanzonata di Ferragosto trovata su internet da Melusina)
Henri Matisse, “Armonia in rosso”, 1908
Carissimi amici,
vi auguro un gustoso Ferragosto 2012! Questo è il quarto che “trascorriamo” insieme in questo nostro “angolo segreto”…
Ora, immaginiamo di imbandire la nostra “tavola” ideale: voi, cosa portereste? Il vino lo porto io!
Attendo le vostre “delizie”…
Oggi Melusina/Antoine de Saint-Exupéry “addomestica” i nostri cuori:
“CHE COSA VUOL DIRE ADDOMESTICARE ?”
(…)
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami”
“Creare dei legami?”
“Certo”, disse la volpe.
“Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.
(…)
La volpe tacque e guardò a lungo il Piccolo Principe:
“PER FAVORE… ADDOMESTICAMI”, DISSE.
————————————————
(Anche la rosa è stata addomesticata)
“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice:
NON SI VEDE BENE CHE COL CUORE. L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI”.
“L’ESSENZIALE È INVISIBILE AGLI OCCHI”,
ripetè il Piccolo Principe, per ricordarselo.
“È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.
“È il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il Piccolo Principe per ricordarselo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…”
”
Io sono responsabile della mia rosa…” ripetè il Piccolo Principe per ricordarselo.
…Giuseppe69 lo immagino come il nostro menestrello/cantastorie… perché, quando lo leggo, è come se percepissi, sempre, una musica sottile di armonie perdute… ecco, per voi/noi tutti, il suo contributo:
Soffio dei venti sei tu o, Danza
Infermiera e Cura del malato
Negazione delle strutture
Libertà dalle catene
Traghetto dell’Estasi
Estasi Del Portale Divino.
Pacificazione dell’estasi
Flauto di Dio, Morte della
Morte, vita, che alla Vita induci
Soffio, di perenne luce,
Buio di luce, luce di buio
Il tutto a te conduci, spirale
Di grazie, dalla Grazia generata
In te ci si perda gioiosamente
Ritrovati!
Ed ecco la riflessione/contributo della nostra cara Valeria-Luo D.A.:
“Psiche è il soggetto e la conoscenza psicologica è lo specchio che talora leva davanti al proprio volto, e dove si riflette per cogliere una propria espressione…”
(Francesco Donfrancesco)
…ma, come dice Shakespeare, spesso “all’arte dell’occhio manca la miglior grazia: ritrae quello che vede, ma non conosce il cuore.”
Valeria-Luo D.A. ci immerge nei ritmi e nelle immagini del Salento, portandoci nella magnifica città di Lecce attraverso questo contributo da leggere con attenzione:
Custodisco questa pagina del Quotidiano dal 7 marzo… (oggi scopro che è leggibile on-line, che fortuna incollabile! Si ringrazia perciò: http://www.info-salento.it/Testo-notizia.asp?Progr=7481&Filtro=Cultura&page=1 , che non è l’unico sito a riportare l’articolo del professore De Giorgi. Non riesco a trovare, invece, alcun sito che condivida la stessa foto dell’altorilievo in questione pubblicata da il Quotidiano.)
“La città di Lecce è direttamente coinvolta nella cultura del tarantismo e della tarantella arcaica chiamata pizzica, nonostante di solito si immagini il contrario. Ho analizzato per la prima volta nel mio libro “La pizzica, la taranta e il vino: il pensiero armonico” (Congedo), gli elementi di pizzica e di tarantismo presenti in un altorilievo del palazzo Giaconìa di Lecce. L’altorilievo è una graziosa opera in pietra leccese attribuita all’architetto e scultore Gabriele Riccardi, databile al 1550 o a qualche anno dopo. L’opera, secondo Michele Paone e Andrea Cappello è “Il duello di Davide e Golia”, il combattimento biblico del Libro I di Samuele che decide la battaglia tra Israeliti e Filistei, ossia tra il “popolo del Signore” e i suoi nemici. Il gigante Golia rappresenta il male che viene sconfitto da Davide, in una sorta di rituale tragico.
Un’attenta osservazione ci porta ad un’entusiasmante scoperta: quest’opera leccese (del 1550 circa, come già detto) è la prima raffigurazione conosciuta di pizzica terapeutica, e quindi di tarantella in generale. Il Riccardi descrive la sconfitta di Golia celebrata da un grande rito femminile a base di suonatrici e danzatrici di pizzica. Sei donne con le tipiche gonne lunghe a pieghe del Cinquecento suonano e danzano. Non può trattarsi di altro che della pizzica, una cultura tradizionale in primo luogo femminile.
Le due donne più vicine a Golia suonano il tamburello in modo oppositopolare, secondo posture e tecniche tradizionali, la prima, a sinistra, con il cerchio di legno rivolto verso l’osservatore, la seconda, a destra, con il lato della pelle in evidenza. Emerge il valore sacro dell’antico modo duale e aioretico (a culla) di suonare il tamburello. Ci sono forti rimandi alla tradizione come, per esempio, la consuetudine di sollevare e abbassare ritmicamente il tamburello (ogni ricaduta corrisponde al battere pari del pollice sulla pelle), come accade durante la festa di San Rocco a Torrepaduli. Oppure di spostarlo a destra e a sinistra entro un angolo di circa 90 gradi. Lo scopo inconscio è quello di esprimere la congiunzione degli opposti. Nella tradizione popolare alto e basso, destra e sinistra si accompagnano al ritmo simultaneamente pari e dispari della percussione, detto biritmìa simbolica.
Siamo in presenza di ciò che chiamo il pensiero armonico del Mediterraneo: l’armonia è concepita come un intero che riunisce le due forze fondamentali del cosmo. Il tamburello, costruito con pelle di capra cioè di un animale sacrificale morto che nel suono rinasce, produce un ritmo simbolico che rappresenta l’”unità duale” dell’armonia da offrire all’infermo per guarirlo. Lo spazio è ugualmente simbolico e la riunificazione, tipica anche della danza, della destra con la sinistra e dell’alto con il basso dà forma all’antico concetto analogico di armonia. Il due viene riunificato nell’uno, e l’intero viene ricreato senza dover annullare le differenze bipolari. I tarantati, in piena corrispondenza, nel loro rito danzato uniscono scenograficamente morte e vita per ricreare nuovamente la vita. E muovono sistematicamente la testa o l’intero busto a destra e a sinistra. Con una serie di movimenti, passi e simboli sistematicamente duali, la pizzica si mostra come ritmo armonico. È un’oscillazione periodica che evoca la sacra altalena (aióresis) del dio Dioniso, un tempo il più diffuso in Magna Grecia e dintorni. La pizzica, in definitiva, incarna l’arcaico pensiero armonico del Mediterraneo.
Nella scultura del Riccardi questi contenuti sono socialmente condivisi a Lecce, altrimenti non avrebbero un così alto livello estetico e non sarebbero utilizzati in ambito religioso. L’eleganza e la simbologia dell’opera sono rafforzate dalla posizione simmetrica delle altre quattro donne impegnate nella danza. Le due più vicine alle suonatrici danzano con il braccio piegato sul fianco, in un atteggiamento tipico della più ortodossa pizzica terapeutica e della tarantella italiana. Dai volti delle donne traspare allegria e soddisfazione. La bellezza e la capacità di infondere gioia della pizzica vengono utilizzate in un senso terapeutico analogo a quello tipico del tarantismo. La sconfitta del negativo rappresentato da Golia è, infatti, opera di Davide che, in piena coerenza, è anche uno iatromusico. Negli episodi biblici di Samuele I, infatti, Davide guarisce il re Saul mutando ripetutamente il suo stato d’animo con la potenza incantatrice della musica (XVI, 14-23). La terapeutica pizzica del tarantismo, pertanto, appare al Riccardi la migliore coreografia possibile per celebrare simbolicamente la vittoria sul male ottenuta da Davide. L’altorilievo è forse di qualche anno antecedente alla costruzione di palazzo Giaconia e si può ipotizzare provenga da una perduta collezione di opere d’arte e reperti archeologici dell’umanista Vittorio De Prioli.”
Che tutta la terra riprenda a danzare
e la vita rifiorirà!
Fernand Divoire
-Racconto. Khalil Gibran
Per un giorno, la corte del principe invita una danzatrice
accompagnata dai suoi musicisti.
Ella fu presentata alla corte,
poi danza davanti al principe
al suono del liuto, del flauto e della chitarra.
Ella danza la danza delle stelle e quella dell’universo;
poi ella danza la danza dei fiori che vorticano nel vento.
E il principe ne rimane affascinato.
Egli la prega di avvicinarsi.
Ella si dirige allora verso il trono
e s’inchina davanti a lui.
E il principe domanda:
“Bella donna, figlia della grazia e della gioia, da dove viene la tua arte?
Come puoi tu dominare la terra a l’aria nei tuoi passi,
l’acqua e il fuoco nel tuo ritmo?”
La danzatrice s’inchina di nuovo davanti al principe e dice:
“Vostra Altezza, io non saprei rispondervi,
ma so che:
L’Anima del filosofo veglia nella sua testa.
L’anima del poeta vola nel suo cuore.
L’Anima del cantante vibra nella sua gola.
Ma l’anima della danzatrice vive in tutto il suo corpo.”
Anna Ferrara, partendo dal dipinto di Frank Dicksee, “The Mirror”, del 1896, e dalle parole di Majakovskij,“L’arte non è uno specchio cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirlo”, ci propone una sua interessante ricerca sull’argomento in questione che trovate completa nei suoi commenti all’articolo Arte allo specchio I (vedi l’articolo). Vi propongo i primi due contributi di Anna:
DONNE ALLO SPECCHIO NELL’ARTE
IN POESIA
“Perciò odio gli specchi
che mi mostrano
la mia vera faccia.
Sola,
piombo spesso
nel nulla.
Devo avanzare il piede furtivamente
per non cadere giù nel nulla,
dalla balaustra del mondo.
Mi tocca sbatter la mano contro una porta
per richiamarmi al senso
di avere un corpo…”
Virginia Wolf (da “Le Onde”)
IN LETTERATURA
per Lewis Carrol ATTRAVERSO LO SPECCHIO E QUEL CHE ALICE VI TROVO’
Pura fronte serena di bimba,
Meraviglia degli occhi sognanti!
Fugge il tempo, e da te mi separa
La metà di una vita intera;
Ma il saluto avrò del tuo sorriso
Per la fiaba, che è dono d’amore.
Non più visto ho il tuo viso radioso,
Non più udito la bella risata:
Il pensiero tu a me non rivolgi
Nel futuro di tua gioventù –
Sufficiente sia che non trascuri
Di ascoltare la fiaba mia nuova.
Una fiaba iniziata in quei tempi
Che un gran sole splendeva d’estate –
Melodica aria nata dai remi
Che battevano il ritmo sull’acqua –
Ma pur vive ancor nella memoria
Nonostante l’invidia del tempo.
Su, ascolta! o una voce di paura,
Dagli amari presagi intessuta,
T’imporrà un giaciglio sgradito,
Malinconica bella fanciulla!
Siamo solo bambini cresciuti,
Che la sera non vanno a dormire.
Fuori il gelo, la neve che acceca,
La tremenda tempesta di vento –
Dentro calda la luce del fuoco,
E un nido di gioia: l’infanzia.
Le magiche parole sentirai;
La bufera che rugge scorderai.
E se l’ombra di un vago sospiro
Tremerà lieve lungo la storia,
Poiché sì, sono oramai svanite
“Le felici giornate d’estate” –
La tristezza mai non toccherà
La Pleasance della fiaba novella.
La nostra Melusina ci porta in un luogo stra-ordinario, la reggia dell’amore di Agostino Chigi appesa sul Tevere, come un miraggio di bellezza inattesa:
Gabriele si andiamo, eccoci arrivati, buona visita:
anche quello invisibile,
che resta celato
e poi scoperto d’improvviso
e che agisce nell oscurità
l’amore che fa vivere
celato ai più
ma il più meraviglioso quello che agisce di notte
fra le ombre degli amanti
che sorridono
e luccicano
come migliaia di stelle
in attesa
che scrutano
noi umani
per vedere quando i nostri cuori
faranno scintille
e illumineremo
tutto l’ universo!!!!
Chissa quando?!
…ma un giorno
ruberemo
il primato alle stelle
o agli dei?!
Gentili amici, oggi Melusina ci ricorda che abbiamo tutti una opportunità:
Sta sera è san Lorenzo,
tutti gli innamorati e non sono avvisati
Buona serata spero che tutti i vostri desideri si avverino!!!!!
io desidero, desidero…
curiosità:
desiderio: deriva da sidus/sideris ossia costellazione divenuta poi
singola stella…
Quindi guardate il cielo
e desiderate e sperate
c’ è una stella per ognuno di noi
nel mondo
Ad ognuno di noi
è data una possibilità,
questa notte
o le altre notti a seguire
quando osserverete le stelle
considerate
che avete un’infinita di possibilità
una per ogni stella…
-l’anima del desiderio è legata alla luce delle stelle
Seguendo i consigni di Melusina, vi dedico questi versi eterni, e vi lascio in attesa della discesa delle stelle:
Qual rugiada e qual pianto,
quai lacrime eran quelle
che sparger vidi dal notturno manto
e dal candido volto delle stelle?