Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato.
Giuseppe Ungaretti
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AGONIA
Non so come sarà la mia morte:
me la immagino dolorosa e straziante
mi aggrapperò alle lenzuola,
alla spalliera di ferro del mio letto
per cercare di provare a me stesso
d’essere ancora vivo.
L’ho corteggiata da sempre,
questa amica adulata,
fin dai primi sogni di adolescente,
ma nel momento che lei sarà seduta sul mio letto,
e paziente mi guarderà negli occhi,
la pregherò di aspettare, di ripassare.
Penso a tutte le mie cose ancora incomplete,
traguardo dal mio letto d’agonia
tutti i miei amici sparsi per il mondo,
ripenso alla mia chat vuota,
a coloro che mi cercheranno e si chiederanno:
“Perché ritarda? Perché non si affaccia?”.
Rivedo anche i miei parenti, i miei nipotini;
non potranno più chiedermi nulla,
capire i motivi della mia solitudine,
della mia fuga lontana
in un rifugio solitario tra i colli maremmani,
senza il loro affetto che ho sempre sognato.
Guardo fuori dalla finestra:
immagino di vedere ancora il borgo,
le vecchie ciancianti,
i tanti gatti randagi,
provo a spingere lo sguardo verso il mare:
mi appare Prata e Scarlino,
i boschi di faggi e castagni,
l’Elba luccicante sul mare,
ed in fondo le luci di Piombino.
Corro alle mie montagne,
al Bianco ed al Cervino,
alle mie passeggiate al Gran San Bernardo
con la neve che mi frizza sul viso.
Rivedo le spiagge della mia adolescenza,
il mio mare di Calabria,
le cose semplici che ho lasciato,
gli amici e gli amori mai sbocciati.
Risento il profumo del tabacco del mio Salento,
le mie campagne assolate,
le vecchie biciclette rumorose
che scivolavano sotto un sole cocente.
Rivedo qualche amore finito
che mi ha regalato delle tenerezze
dei piaceri proibiti,
che mi ha regalato la vita.
Ecco i miei tesori,
che nessuno potrà rubarmi,
che nessuno mai potrà portarmi via
perché sono sepolti nel mio cuore,
archiviati per sempre nella mia mente,
scolpite nella mia vita ormai senza ritorno
ormai senza futuro.
Salvatore Armando Santoro
(Boccheggiano 27.6.10 – 10.58)
Carisssimo Salvatore è bellissima la tua lirica 😀
purtroppo non è lo stesso per il mio essere, perchèper quanto strano possa mostrarsi al tuo bel cuore, io so quando prenderò il volo definitivamente (almeno in questa vita), come sò che non sarà un dolce volo….
Caro Salvatore, Armando,
c’è una favola che riecheggia da lontano, dall’altra sponda dell’Adriatico…
finisce con la vittoria sulla morte della vecchia che, per ingannarla, scrive sulla porta della sua casa il giorno in cui sarebbe potuta tornare a trovarla: “Domani”!!!
Se x Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
o poseidone incollerito. mai
torverai tali mostri sulla via,
se resta iltuo pensiero alto, e squiosita
è l’emozione che ti tocca il cuore
e il corpo…..
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Fa voti che ti sai lunga la via.
E siano tanti i mattini d0’estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra!) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici,
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Recati in molte città dell’Egitto
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Itaca tieni sempre nella mente
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Itaca t’ha donato il bel viaggio
(:::::::::::::::::::::::::::)
E se la trovi povera , Itaca non t’ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un’Itaca.
KAVAFIS
ciao, patrizia