Trova straordinario, seppure nell’ordinaria realtà della sua esperienza, sentire i piedi a terra, i polmoni che si dilatano e si contraggono con l’aria che respira, sapere che muovendo un piede dopo l’altro potrà camminare dal punto dove si trova a quello cui è diretto. Come trova straordinario che certe mattine, appena alzato, mentre si china ad allacciarsi le scarpe lo pervada una felicità così intensa, così naturalmente e armoniosamente in sintonia col mondo, da farlo sentire vivo nel presente, un presente che lo circonda e lo intride, e dilaga in lui con la repentina, straripante consapevolezza di essere vivo. E la felicità che allora scopre in sé è straordinaria, lui trova quella felicità straordinaria.
Paul Auster
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Di Franz Kafka:” Si gioca ai quattro cantoni “.
“Io sono su una strada pericolosa, Milena. Lei sta salda presso un albero, giovane, bella, i Suoi occhi irraggiano il dolore del mondo.
Si gioca ai quattro cantoni, io striscio nell’ombra da un albero all’ altro, sono a mezza strada,
Lei mi chiama, mi addita i pericoli, mi vuol dar coraggio, si spaventa per il mio passo incerto, mi rammenta ( a me! ) la serieta’ del gioco – io non posso, io cado, io sono a terra.
Io non posso allo stesso tempo ascoltare le terribili voci di dentro e anche Lei, ma posso ascoltare quelle e confidarglielo,
a Lei, come a nessun altro sulla terra.
Raramente succede che Anima e Corpo si incontrino e che addirittura leghino un’alleanza che preservi il Giardino dall’inaridimento… Che insieme si parta da Sè, alla conquista di un metro di consapevolezza più in là e contemporaneamente si respiri! A volte succede e, a dispetto della natura di quel “collante”, l’essere umano ritrova la sua Unità senza perdersi in essa… e pure le chiavi di casa… 🙂 : la felicità!
Un caro saluto Prof, un caro saluto a tutti.
apro a caso per Valeria il libro su Pan di Hillman
-“Ponendo Pan come sfondo per la spontaneità, stiamo suggerendo un approccio agli eventi spontanei per mezzo della psicologia archetipica.Cerchiamo il principio che li governa, la loro dominante archetipica, per immaginarli meglio psicologicamente, e anche per comprendere maglio psicologicamente la lunga storia delle difficoltà che hanno impedito di accettare e concepire tali eventi. Pan non li spiega ma può offrire una via per ottenere nuove visioni.”-
pag. 123 Adelphi.
ciao Val….
spontaneamente cara
E senza il gatto e relativa attrezzatura perchè quella volta era solo per dirti che dei gatti amo tutto anche i compiti ingrati, perchè l’amore è così, lettiera inclusa.
E a me non importa, ma forse doveva essere sottinteso.
(Tranquilla Maap, il mio affetto per te invece è free… Word by word… 😀 Avrei copiato dal punto 5 in poi ma così la passeggiata sarà più lunga e il ballo più ricco di volteggi… )
Da “Complesso, Archetipo, Simbolo” di Jolande Jacobi, con prefazione di C.G. Jung – (Boringhieri) Capitolo V (Non apro a caso!)
“Punto 2 : Mediante una costellazione appropriata – che può essere individualmente o collettivamente condizionata – esso [l’archetipo] riceve un supplemento di energia, la sua carica cresce e la sua efficienza energetica comincia. La costellazione individuale dipende dal corrispondente stato di coscienza del singolo individuo, quella collettiva dallo stato di coscienza corrispondente di gruppi umani.
Punto 3) La carica dell’archetipo si manifesta in una specie di forza di attrazione magnetica sulla coscienza, da questa inizialmente ignorata. Essa si presenta all’inizio come un’attività emotiva indeterminata che può accrescersi fino ad una violenta agitazione della psiche.
Punto 4) Attratta dalla carica, la luce della coscienza cade sull’archetipo: questo entra nello spazio psichico vero e proprio della coscienza ed è percepito.
Punto 5) L’archetipo in sè, allorchè è toccato dalla coscienza, può divenire manifesto o sul piano “inferiore” biologico, prendendo forma ad esempio come ” espressione di pulsione” o come dinamismo pulsionale, oppure sul piano “superiore” spirituale, come immagine o idea. In quest’ultimo caso si associa ad esso una materia grezza di immagini e una configurazione di senso, da cui nasce il simbolo. La veste simbolica, in cui esso si rende visibile, varia e si trasforma a seconda delle circostanze interne ed esterne dell’uomo e dell’epoca. Dal contatto con la coscienza di una colletività e la sua problematica nascono i simboli collettivi (come per esempio il mitologema); dal contatto con una coscienza individuale e i suoi problemi, nascono i simboli individuali (come per esempio l’immagine di una strega con la fisionomia della propria madre!)…”
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…Segue: il modo in cui la coscienza “avvicina” il simbolo per contemplarlo, conservando intatta la sua numinosità, oppure come “accomoda”, cerca di integrarlo con l’Io facendolo apparire un’allegoria; il modo in cui la coscienza lo rifiuta, come espressione di un complesso nascosto, trasformandolo in Sintomo, un fattore psichico a sè…
Mamy Val…
grazie per questo meraviglioso contributo !!
Un bacione forte forteee…..