Celebrerò la Notte madre degli dei e degli uomini,
la Notte, origine di tutto, che diremo anche Kypris.
Ascolta, o dea beata, che nell’ombra risplendi con
scintillio di stelle
e della quiete ti compiaci e dei placidi sonni profondi,
o gioioso piacere, o madre dei sogni, che di
vegliar ti diletti,
tu fai cessare gli affanni e porti la dolce fine dei mali,
tu doni il sonno, o amica di tutti, che nella notte
conduci i tuoi brillanti cavalli;
o incompiuta, che sei terrena e pur anche celeste
e danzando di nuovo ritorni alle tue aeree sedi,
tu mandi sotterra la luce e riprendi a fuggire
nell’Ade, ché la terribile Necessità tutto governa.
Ora, o Notte beata e felice, da tutti bramata,
o generosa, che delle nostre preghiere il suono
supplice ascolti,
benevola vieni e i notturni allontana.
Da “Inni Orfici”
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LA NOTTE
T’amo notte adorata,
che il muschio sulle tegole carezzi,
che pace doni, ed anche il tuo ristoro,
ai rondoni che cheti se ne stanno
negli anfratti dei muri
sonnecchiando.
La luna, con i suoi raggi tremolanti
pigramente s’adagia
e lieve sfiora,
col suo pallore una panchina stanca;
poi lieve s’intrufola e carezza,
tra i cartoni e gli stracci colorati,
un vecchio vagabondo
che russa goffo e s’agita sbruffando
sognando vigne e vini spumeggianti.
T’amo notte silente,
rotta a tratti dal rapido battito dell’ali
e dal singhiozzo stridulo e stridente
dei pipistrelli in volo
che frusciano per l’aria risvegliando
ansie represse e antiche tenerezze.
T’amo notte cangiante
che sfumi il bianco e il nero
per le piazze,
che all’acqua d’una fonte dai colore
e pennelli di luce
i vecchi quartieri addormentati
e le rotaie silenti dei tranvai.
T’amo pia notte,
amo la cappa folta
della tua ombra,
che fuliggine regala ed il mistero,
che risveglia nel petto rimembranze
ed agita tremori antichi e mai riposti.
E mentre filtra dal bosco
un lieve lucignolo che ondeggia
tra i rami radi delle acacie spoglie,
quella pace ritrovo
ch’era spersa
su una spiaggia battuta dai marosi,
che con affanno invano io ricercai
per strade brulle, per sentieri impervi,
e che paziente invece se ne stava
cullata tra i rami dei castagni:
ché la felicità perduta
poi ritrovi
nelle piccole cose del creato
e nel silenzio della sua natura
che la serenità e la pace ti regala.
Santoro Salvatore Armando
(Boccheggiano 12/12/2004 15.34)
NOTTE AD INSTANBUL
Mi perdo per le tue strade
dove filtra lieve la differenza
tra occidente ed oriente!
Roma è alle porte
e Napoli è sorella.
Usi e costumi antichi
incrociano gli sguardi
nelle vetrine invitanti
di mercanzie che il musulmano disdegna.
Io volteggio
nei vicoli del centro storico
di questa metropoli
che la storia ha segnato.
M’aggiro in cerca d’un signore
che l’animo ha rubato
ad una insegnante
che m’adula
e menzognera mi parla d’affetto.
Un amore che non conosce
perché non ricambiato e impossibile.
Ora la notte scende
e oscura le vetrine
che hanno spento i lumi
e cela le ingannevoli
offerte di sentimenti
che non sono stati colti
e giacciono invenduti.
Santoro Salvatore Armando
(Boccheggiano 12/10/2007 10.35)