Dal Simposio: il mito dell’androgino

“Io credo, infatti, che di tutta questa potenza dell’Amore, gli uomini non se ne siano accorti per niente, altrimenti gli avrebbero innalzato templi grandiosi, altari, gli farebbero sacrifici magnifici e, invece, nulla di tutto questo mentre sarebbe la prima cosa da fare. Nessuno come lui, tra tutti quanti gli dei, è amico degli uomini, viene in loro aiuto, cerca di curarne i mali, la cui guarigione, forse, sarebbe la più grande felicità del genere umano. Quindi, io cercherò di svelarvi la sua potenza e voi, a vostra volta, la rivelerete agli altri. Per prima cosa, dovete rendervi conto cosa sia la natura umana e quali siano state le sue vicende; per il passato, infatti, essa non era quella che è oggi. Nel principio, tre erano i sessi dell’uomo, non due, il maschio e la femmina, come ora: ce n’era un terzo che aveva in sé i caratteri degli altri due, ma che oggi è scomparso e del quale resta soltanto il nome: l’andrògino. Esso, infatti, era un essere a sé stante che, nell’aspetto esteriore e nel nome, aveva dell’uno e dell’altro, cioè, del maschio e della femmina; (..) I sessi erano tre, perché quello maschile aveva avuto origine dal sole, quello femminile dalla terra e l’altro, con i caratteri d’ambedue, dalla luna, dato che quest’ultima partecipa del sole e della terra insieme: perciò avevano quell’aspetto e si spostavano rotolando, perché somigliavano a quei loro progenitori. Avevano una resistenza e una forza prodigiosa, nonché un’arroganza senza limiti, tanto che si misero in urto con gli dei e quel che dice Omero di Efialte e di Oto, che tentarono di scalare il cielo, va riferito a costoro.
E così Giove e gli altri dei si consigliarono sul da farsi ma non seppero risolversi: non era il caso di ucciderli, infatti, come i Giganti, e di estinguerne la specie a colpi di fulmine (il che sarebbe stato come far sparire onori e sacrifici agli dei da parte degli uomini) e del resto non era possibile continuare a sopportare oltre la loro tracotanza. A furia di pensare, Giove, finalmente, ha un’idea: ‹Ho trovato il sistema,› esclamò, ‹perché gli uomini sopravvivano ma, nello stesso tempo, divengano più deboli e la smettano con la loro prepotenza. Ecco che li taglierò, ciascuno, in due,› continuò, ‹così diventeranno più deboli, e, dato che aumenteranno di numero potranno esserci anche più utili.
(..) Fu così che gli uomini furono divisi in due, ma ecco che ciascuna metà desiderava ricongiungersi all’altra; si abbracciavano, restavano fortemente avvinti e, nel desiderio di ricongiungersi nuovamente, si lasciavano morire di fame e di accidia, non volendo far più nulla, divise com’erano, l’una dall’altra. Quando, poi, una delle due metà, moriva, quella rimasta in vita, se ne cercava un’altra e le si avvinghiava, sia che le capitasse una metà di sesso femminile (che oggi noi chiamiamo propriamente donna) che una di sesso maschile; e così, morivano. Allora Giove, impietosito, ricorse a un nuovo espediente: spostò il loro sesso sul davanti e, così facendo, rese possibile la procreazione attraverso l’unione del maschio nella femmina.
Da un tempo così remoto, dunque, è connaturato negli uomini l’amore degli uni per gli altri; esso ricongiunge la natura antica, e si sforza di fare, di due, uno, e di guarire la natura umana.”
Platone

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Silenzio…

Il silenzio è l’araldo più perfetto della gioia: sarei ben poco felice se fossi capace di dire quanto.

William Shakespeare

Il vento è un cavallo

l vento è un cavallo:
senti come corre
per il mare, per il cielo.

Vuol portarmi via: senti
come percorre il mondo
per portarmi lontano.

Nascondimi tra le tue braccia
per questa notte sola,
mentre la pioggia rompe
contro il mare e la terra
la sua bocca innumerevole.

Senti come il vento
mi chiama galoppando
per portarmi lontano.

Con la tua fronte sulla mia fronte,
con la tua bocca sulla mia bocca,
legati i nostri corpi,
all’amore che che brucia,
lascia che il vento passi
senza che possa portarmi via.

Lascia che il vento corra
coronato di spuma,
che mi chiami e mi cerchi
galoppando nell’ombra,
mentre, sommerso,
sotto i tuoi grandi occhi,
per questa notte sola
riposerò, amor mio.

 

Pablo Neruda