Lo stato di liberazione si può anche chiamare di “isolatezza”, per cui si diventa del tutto autonomi ma occorre rammentare che, il conoscente, nella liberazione si fonde totalmente col conoscere e col conosciuto
Elémiere Zolla
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Caro Professore queste frasi di Elémire Zolla mi inducono a rispondere con un passaggio del mio nuovo romanzo
Sullo schermo dei numeri venivano lanciati in sequenza al ritmo della batteria. Partivano minuscoli, puntiformi, per poi crescere e finire con l’occupare lo schermo intero. Teo aveva l’impressione che quei numeri che vedeva partire come dei punti immersi nel bianco, e che vedeva crescere sproporzionatamente trasformando lo schermo da bianco in nero, oscurando ed illuminando l’intera sala, lo colpissero in pieno volto. Così si girò istintivamente, si guardò intorno e si accorse che il mondo che lo circondava era uno specchio, uno specchio che rifletteva se stesso, che gridava fortissimo la sua esistenza. Tutto, ogni cosa rimandava a lui.
“Se una cosa poteva essere vista era perché qualcuno la stava guardando. Se qualcosa poteva essere vista era perché esisteva qualcuno che la stesse guardando.”
Banale? Poteva sembrare banale ma non lo era.
Lo aveva sempre saputo a livello intellettuale. Ma adesso non solo lo sapeva, ma lo comprendeva con l’emozione, con l’intelletto, con il corpo intero, con tutto il suo essere.
Il mondo era uno specchio e lui era al tempo stesso osservatore ed osservato, oggetto e soggetto della visione.
Il mondo non era mai stato così distante eppure così vicino
La Sophia non è imprigionata, né imprigionabile. E l’Armonia Animae è più occulta rispetto ad Armonia Mundi. Quindi non limitata, quindi con più “potere”.
(Gabriele La Porta su “Sophia e Armonia”)