C’è sempre un momento significativo nel quale iniziamo ad esistere, come individui o come popoli. Non è importante quanto esso corrisponda ad un fatto reale perché, il suo ricordo, diventerà in ogni caso, mito. E’ un momento che non conta come verità fattuale ma come verità simbolica, necessaria origine della coscienza di sé
Luigi Zoja
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Da qualche parte ho letto in riferimento dell’esistenza di Dio e dell’uomo, l’ipotesi che quando muore la persona, non ha più la coscienza di esistere e con essa, non esisterebbe nemmeno Dio.
Anch’io ho pensato ha quest’ipotesi, ma non si può mai sapere poiché dopo la morte credo rimanga lo spirito o l’anima in un altra dimensione e stato, però non si può vedere se in quel contesto l’anima o quel che rimane dell’uomo abbia la coscienza di esistere come spirito o anima.
Però credo che normalmente la gente pensa che la coscienza di esistere sia sul lato fisico e materiale, quando il corpo vive e si nutre.
Secondo me avere la coscienza di esistere è quando si ha la consapevolezza interiore, dell’esistenza profonda delle parti profonde interiori in rapporto a tutto quello che è infinito, grande, alla totalità,all’eternità, ma anche alla provvisorietà, alla limitatezza,ecc.
in questi casi forse c’è il motivo e l’evolversi dei simbolismi, miti, ecc.
Anche con l’esempio della rinascita interiore, da lì inizia tutto.
Mary credo che tu abbia perfettamente ragione.Guarda io non penso che con la morte dell’uomo muoia anche Dio,penso che ,al limite,l’uomo alla morte del corpo si trasformi in Dio,o meglio ne sia assorbito..immagina che ogni uomo sia un raggio di sole..immagina la morte come se fosse una ombra..ok il raggio non illumina quel punto,ma questo non significa che non ci sia più il sole!
La coscienza di esistere,per me,è la coscienza di essere parte di quel sole..