Filed under: Amicizia, Amore, Anima ed eredità psichica, Bene, Cinema, Emozione, Immaginazione, Pensieri Liberi, Poesia, Psiche | Tagged: Amore, bosco, caverna, diversità, idee, Individuazione, L'attimo fuggente, Poesia, voce | 19 Comments »
Diventa ciò che sei
Filed under: Anima ed eredità psichica, Psiche, Sophia | Tagged: Carl Gustav Jung, diversità, Felicità, Follia, Freud, indifferenziato, Individuazione, Psiche, ragione, regole, Sigmund Freud, Umberto Galimberti | 17 Comments »
Bonsai
Andrea, uno di “noi”, mi scrive parlandomi del suo romanzo iniziatico “Bonsai”. Il libro è scaricabile gratuitamente da questo link:
http://www.feedbooks.com/userbook/12705
e vorrei, quindi, che più persone possibili potessero accedervi. Il tema trattato mi sembra di grande interesse. E mi piacerebbe anche sapere cosa ne pensate…
P.s. A causa dei Misteri Tecnologici il link funziona a rate. A volte il server funziona perfettamente, mentre altre non dà la disponibilità di scaricare.
BUONA LETTURA
Da molto tempo desideravo scrivere un’opera che parlasse di buddhismo. Ma non mi interessava raccontare la vita di Siddharta. Esistono moltissime opere che parlano di questo, in un solo istante me ne vengono in mente almeno una decina. E al contrario di ciò che si pensa in occidente Siddharta non era il Buddha, ma soltanto un Buddha. Buddha significa colui che è consapevole, e la buddhità è uno stato di coscienza. Non un attributo della persona, come siamo soliti credere noi occidentali che siamo abituati a legare ed identificare la santità e la divinità all’individuo senza considerare che ciò che rende santo o divino l’individuo è lo stato di consapevolezza che è stato in grado di raggiungere.
Consapevolezza
Consapevolezza è il termine chiave. La conquista della consapevolezza è proprio il tema centrale di Bonsai, ciò che mi ha spinto a realizzare l’opera. E tra tutte le discipline, più o meno accessibili, il Buddhismo Zen ed il Sufismo sono a mio parere quelle che riescono a determinare con più semplicità stati di consapevolezza.
In maniera differente, certo.
Perché lo zen, paradossalmente, porta alla consapevolezza attraverso l’inconsapevolezza, la ripetizione meccanica di alcuni rituali.
Scriviamo meglio.
Lo zen porta alla consapevolezza attraverso la ripetizione, spesso all’origine meccanica ed inconsapevole, di determinati riti come il tiro con l’arco, la preparazione del tè, la realizzazione di composizioni floreali, la cura dei bonsai… (o attraverso haiku, racconti ed indovinelli che mostrano come il linguaggio umano ed il pensiero logico non siano adeguati a comprendere la natura paradossale della realtà).
Mentre in alcune scuole di sufismo si parte sin dall’inizio con delle spiegazioni teoriche sul significato di esercizi e rituali. Perché nulla va fatto per fede, tutto deve essere fatto in coscienza: tutto deve essere compreso.
E poiché oltre a desiderare di scrivere di zen e consapevolezza, desideravo da molto tempo scrivere di sufismo, in particolare dei Fedeli d’Amore e del legame esistente tra Dante e Ruzbehan de Shiraz, ho realizzato un racconto in cui queste filosofie (distanti solo in apparenza) si intrecciassero.
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Le figure dell’inconscio
Anche le figure dell’inconscio sono “prive di informazione” e hanno bisogno dell’uomo o del contatto della coscienza per raggiungere la “conoscenza”
Carl Gustav Jung
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Inno alla gioia – Buona domenica
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Reminiscenza
Il nostro apprendere non è che un ricordare
Platone
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trame perdute
Rievocando un pianto di fondo possiamo evocare il bambino nella patologia: è come se un pianto di fondo desse voce diretta al contenuto abbandonato… E il pianto dice quanto un individuo sia incapace di soddisfare da solo i propri bisogni, incapace di aiutarsi, di restare solo… Sappiamo bene che certe cose non le impariamo mai, non riusciamo ad evitarle, ci ricadiamo, ci faranno piangere ogni volta. Questi luoghi inaccessibili nei quali siamo sempre esposti e timorosi, dove non possiamo apprendere, amare, sottracci traformando, rinnovando o accettando, sono i deserti, le caverne dove il bambino abbandonato gioce nascosto… Restano il complesso e le lacune; ciò che si diversifica sono le nostre connessioni con questi luoghi e le nostre riflessioni attraverso di essi.
James Hillman
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il perdono
Quanto scrive Beatrice, “merita” la vostra riflessione…
Ragazze e ragazzi,
è chiaro che tutto quello che abbiamo esposto fin qui ha la sua parte di verità. Tuttavia mi è venuta ora una domanda: ma in un mondo come questo, come quello in cui egoismo, carrierismo, falsi rapporti interpersonali sembrano purtroppo avere il sopravvento su valori come la vera amicizia, l’amore, la lealtà e la sincerità, che valore attribuiamo al perdono?
E quando parlo di perdono, esulo dal suo significato nel contesto religioso, ma lo estendo ad un concetto più ampio che dal personale passa all’universale.
Un grande grande bacio a tutti voi e buon wee-end!!
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ancora sulla paternità
Un giorno Jacob Freud, stava passaggiando per Freiberg. Era ben vestito e portava un berretto di pelliccia nuovo.
A sua volta, si trovò davanti un uomo. La situazione era imbarazzante: il marciapiedi, a quei tempi, era spesso uno stretto camminamento, tanto per evitare la superfiecie fangosa della strada. Jakob accennò ad un nuovo passo, ma con timidezza perché non ne faceva una questione di principio. L’invasore più veloce e, animato evidentemente da una certezza di superiorità, gli buttò il berretto nel fango, gridando: “Giù dal marciapiede, ebreo!”. Raccontando l’episodio al figlio, a questo punto si fermò. Ma il piccolo Sigmund lo incanzava perché, per lui, proprio qui veniva la parte più interessante del racconto. “E tu cosa hai fatto?” Con calma, il padre, rispsose: “Sono sceso dal marciapiede ed ho raccolto il berretto”.
… La mancanza di eroismo del padre che era stato per lui il modello assoluto, scese come un martello pesante sulla mente di Sigmund e ne decise il futuro. Ma un giorno Freud leggerà l’Eneide e capirà: suo padre si era trovato davanti alla stsesso bivio di Enea che fuggiva da Troia. Fronteggiando il nemico si deve decidere: è meglio combattere per l’onore, rischiando la morte, o pensare al futuro, alla continuità della famiglia o di un popolo?
Ma cosa si aspetta un figlio dal padre? Secondo la tradizione patriarcale, che questo episodio può riassumere, è qualcosa di diverso da quello che si attende dalla madre. In condizioni normali, ogni figlio ama la madre. E se la madre è vittima di una ingiustizia? Il figlio continuerà ad amarla, sforzandosi anche di compatirla. Ed il figlio, normalmente, ama il padre?
Certo, ma se il padre riceve una ingiustizia che cosa accade? Qui le cose si complicano perché il rapporto padre-figlio è molto più condizionato dall’ambiente. La coppia madre-figlio, soprattutto alle origini, ha una sua qualità così esclusiva da porsi quasi fuori dal mondo. Al contrario, l’immagine della coppia padre-figlio, si inserisce fin dall’inizio in un gruppo in cui si è almeno in tre. Fa già parte della società: anzi, ci si aspetta che proprio il padre insegni al figlio a essere nella società, così come la madre ha insegnato ad essere nel proprio corpo.
… Un simile figlio vuole che il padre sia forte e vincente. Se sarà vincente nel sengno del bene, della giustizia e dell’amore, meglio. Ma spesso la cosa importante è che il padre dia l’esempio del vincere ed il bene è in secondo ordine.
Ad un padre giusto, ma perdende verso il mondo, la tradizione dell’Occidente spesso ne preferisce uno ingiusto ma vincente: un paradosso ben noto a Shakespeare che costruì nel Re Lear il prototipo del padre rifiutato quando perde forza e prestigio.
… Da quando la distruttività della guerre mondiali e del Vietnam è stata associatà alla aggressività paterna, i padri non aggressivi sono in aumento…
…Il figlio si aspetta dal padre un affetto simile a quello materno ma questo non esaurisce la sua richiesta. Con me, chiede, sii giusto. Amami. Ma, con gli altri, sii prima di tutto forte, anche a costo di essere violento, anche a costo di essere ingiusto.
…In famiglia, il padre, deve osservare la legge morale, nella società, invece, deve rispettare per prima cosa la legge della forza o, per essere più precisi, una sorta di legge dell’evoluzione darwiniana, dove il “bene” coincide con la maggior capacità di assicurare la sopravvivenza a sé ed ai discendenti
…Di regola, la madre, sarà valutata come madre per quello che fa con i figli: compito grande certo, ma ben chiaro e identificabile. Il padre, invece, non è padre per quello che fa con i figli ma anche per quello che fa nella società
Luigi Zoja, tratto da Il gesto di Ettore, Bollati Boringieri
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la tradizione della paternità
…Secondo l’antropologa Mead vi fu una decisione primaria, all’inizio della civiltà, quando i maschi scelsero di alimentare le femmine con i loro piccoli: i maschi animali non lo fanno. Fu un’intenzione che diventò tradizione, cioè venne trasmessa.
Se non si insiste in questa tradizione, si riscia di dimenticarla. Non si tratta infatti di un atto istintivo come quello della madre che dà il seno…
Luigi Zoja
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In bianco e nero
Gentile Professore,
credo, come le ho già detto precedentemente, di aver compreso la necessità di liberazione dell’anima insita nella poesia, perchè psicologicamente è scavarsi dentro e tanto più si va a fondo, tanto più emerge la sofferenza o la gioia ed allora non è più un raccontarsi, ma un esistere per mezzo della poesia. Le regalo questa, se non le rubo tempo. Con simpatia e grande stima.In bianco e nero
Ritorni di luce,
ingialliti di desiderio,
finalmente infiammano.
Contorni anneriti si espandono, si stirano, si striano,
si attraggono
e confondono,
in dolenti scricchiolii,
i silenzi sciolti di pellicole in bianco e nero,
di me, che muoio a poco a poco,
sotto le ceneri dei tuoi ultimi occhi neri.
E d’amore estremo brucio mille memorie, di me,
che precipito a poco a poco,
senza fardelli,
in balzi sordi di perduta grazia.
Perché ora so,
che anche se io fossi nell’ oscurità intera ,
mi accenderei ad ogni luce d’argento,
di ogni tua lacrima persa,
ad incollare i tuoi sanguinanti flagelli d’amore.
(Silvana)
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Preghiera
PREGHIERA
Dammi un confine
che non sia limbo
utero dell’Etna
dal fiato caldo
inchiodato alla roccia
dove Empedocle
seguì “vertute e canoscenza “
che non sia eco
dei profondi abissi
parvenza
che illude
anche le corolle
sibilo di vento
che distrugge
Dammi grandi ali di neve
e un ramo d’ulivo
perchè la lingua
non sa oggi
articolare parole
sciogliere enigmi
liberare profezie
strappare l’ombra
in cui viviamo
ma nella parola che sale
cantami i colori
d’azzurri fremiti
ne sentirò il silenzio
sui litorali d’ulisse
che ricerco da sempre
M.Allo
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Giuseppe e poi Beatrice
PADRI SENZA FIGLI…
Cercare, l’odore in un lembo
di sabbia marina.
Come un cane, annusare –
ricercare la tua essenza.
La tua polvere di pelle
Lasciata sui ciottoli- in questa
estate! riversarmi su di essa, come
elefante in una pozza d’acqua-fango.
Rotolarmi, come magnete, attrarre tutta la tua
polvere di pelle.
Rivestirmi, della tua, della nostra!
Addormentandomi su quei ciottoli colmi –
abbracciandoli. Fiore estirpatomi –
campo io, senza più linfa.Giuseppe Maiorana
…Vorrei dedicare a tutti una delle più belle poesie di Martha Medeiros, che a mio giudizio è in tema con la riflesisone proposta:
“Lentamente Muore”
“Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore davanti all’errore e ai sentimenti.Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità”.Con affetto, Bea
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Nascere
La nascita non è un atto, è un procedimento ininterrotto. Lo scopo della vita è di nascere pienamente ma la sua tragedia è che la maggior parte di noi muore prima di essere veramente nato. Vivere significa nascere ogni istante. La morte si produce quando si cessa di nascere. Fisiologicamente il nostro sistema cellulare è in stato di nascita continua ma, psicologicamente, la maggior parte di noi ad un certo momento cessa di vivere
Erich Fromm
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Gustave Moreau, Edipo e la Sfinge, 1864
Questa immagine rappresenta il momento della “battaglia” con l’Ombra personale.
Lo sguardo di Edipo fisso sulla Sfinge rappresenta il tentativo disperato dell’Io cosciente di osservare i contenuti incomprensibili dell’inconscio, simbolizzati dalla Sfinge. Il mito racconta della vittoria di Edipo che, proprio in seguito a questo successo, finirà per accoppiarsi inconsapevolmente con la madre e, quindi, procurerà a se stesso un destino di disperazione che culminerà nell’autoaccecamento. A dimostrazione del fatto che l’Io non potrà mai, da solo, vincere sull’Ombra, a meno che non venga a patti e tenga conto della sua forza immane. La Sfinge qui ha tutte le caratteristiche del femminile-lunare che solo in apparenza può essere sottomessa dal maschile. L’Ombra non va messa in vincoli e negata, bensì osservata in tutta la sua potenza ed una volta presa la consapevolezza di tale energia psichica, bisogna tentare di stabilire un contatto. Questa “impresa” è “fare anima”, nel senso in cui lo intendono James Hillman, Luigi Zoja, Francesco Donfrancesco e Carla Stroppa, ovvero la “coltivazione” di quel territorio intermedio tra conscio e inconscio.
Filed under: Anima ed eredità psichica, Arte, Mito, Ombra, Psiche | Tagged: Carla Stroppa, coltivazione, Conscio, Edipo, energia psichica, fare anima, Femminile, Francesco Donfrancesco, Gustave Moreau, Inconscio, Io, James Hillman, Luigi Zoja, madre, Maschile, Ombra, Sfinge, simboli | 96 Comments »
sono la notte in mezzo alle stelle
Sono la notte in mezzo alle stelle
lasciami sognare e sarò presente
Cambierà il mio rapporto con il tempo
cambierà il mio essere al mondo
che scorra seguendo il mio temperamento
che sono pensieri e sogni
in mutamento
Sogni d’oro a tutti Voi, cari amici
Gabriele
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senza parole
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inconscio e mito
Quanto più dell’inconscio e del mito siamo capaci di portare alla coscienza, tanto più rendiamo complessa la nostra vita.
La ragione, se sopravvalutata, ha questo in comune con l’assolutismo politico: sotto il suo dominio la vita individuale si impoverisce
Carl Gustav Jung
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la parte nascosta ed il daimon
Filed under: Anima ed eredità psichica, Psiche, Sophia | Tagged: Ananke, angoscia, Anima, ansia, Atropo, Cloto, Consapevolezza, Daimon greco, errore, fuso, il Bene, il Male, Inconscio, Lachesi, Mito, Moire, Oblio, Peccato, Platone, reicarnazione, sbaglio, scelta, tela, tormento, trama, Zeus | 10 Comments »
Giorgio Colli, Nietzsche ed il dolore
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i sintomi nella malattia ed il loro contenuto simbolico
Da Marina, citando Albert Kreinheder
“…ogni malattia è un attacco alle nostre rigidità consolidate….una forza di invasione che cerca di infrangere la nostra corazza per renderci più completi. Con i simtomi che ci colpiscono entra anche un contenuto simbolico e allora l’anima deve espandersi in modo tale da poter includere le immagini e i simboli che ci invadono….come se stessimo crescendo al di fuori dei nostri precedenti confini.” (A. Kreinheder)
(in questo momento sto soffendo di depressione come mai prima d’ora…cerco di “sentire”, ma è durissima) Marina
“Gli incontri con figure interiori, attraverso dialoghi scritti o in qualunque altra forma, sono avvenimenti reali con conseguenze molto profonde…Se riusciamo ad instaurare simili dialoghi, preferibilmente attraverso lo scrivere, con profonda devozione e concentrazione, il dono no tarderà a manifestarsi: incontreremo poteri capaci di compiere miracoli e inevitabilmente non aremo più gli stessi di prima, ma persone che hanno avuto un contatto con il potere divino e vivono per ricordarlo.” (A. Kreinheder)
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La vana fuga dagli dei
Mercurio
Il Mercurio è sovente indicato come anima (e quindi come femmininum, per esempio come foemina o virgo), anche come nostra anima, dove il “nostra” non vuol dire la “nostra” psiche, bensì indica la sostanza arcana, come in aqua nostra, Mercurius noster, corpus nostrum.
… questo rappresenta da un lato Sé, dall’altro il processo di individuazione, e anche l’inconscio collettivo…
Carl Gustav Jung
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La luce
Soltanto chi ha bisogno degli occhi cerca la luce, poiché in sé porta le tenebre
Plotino
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L’eternità è il nostro presente
Filed under: Amore | Tagged: Amore, eternità, HIGHLANDER-WHO WANTS TO LIVE FOREVER, Immortalità, presente, Queen | 1 Comment »
L’individuazione
Nessuno può cogliere l’individuazione in modo razionale, solamente le immagini la possono esprimere
Adolf Guggenbuhl Craig
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Benessere o salvezza?
Benessere e salvezza si contraddicono. La via della salvezza non esclude necessariamente la sofferenza. Il benessere ci spinge ad essere felici ed a non tormentarci con delle domande alle quali non sappiamo dare delle risposte. Un uomo felice siede a tavola con i suoi cari e si gode il lauto pasto. Un uomo che cerca la salvezza combatte con Dio, con il diavolo e con il mondo e si confronta con la morte, anche quando tutto ciò, in quel momento, non sia assolutamente necessario
Adolf Guggenbuhl-Craig
Filed under: Anima ed eredità psichica, Psiche | Tagged: Adolf Guggenbuhl-Craig, benessere, Diavolo, Dio, domande, Felicità, morte, pasto, risposte, salvezza, sofferenza, tavola, tormenti, Uomo | 70 Comments »
Fusione totale
Nella veglia si percepiscono divisi l’io e l’universo. Nel sogno si ragiona per analogie e si forma un crepuscolo in cui soggetto e oggetto tendono a mescolarsi, ma nel sonno si perviene alla fusione totale all’eterno presente atemporale, alla realtà ultima, per cui si sperimenta l’impensabile che tuttavia si manifesta nel pensiero, l’inudibile che tuttavia si avverte nell’udibile, l’invisibile che tuttavia forma il fondo del visibile
Elémire Zolla
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IL VERO AMORE
Alessandro
IL VERO AMORE
Se io so che il mio amore
è su di te
più non mi importa,
amore mio,
se tu non m’ami.
Tu te ne vai lontana
e volgi gli occhi ad altro
entusiasta del mondo,
di te stessa,
degli infiniti orizzonti
che bramano i tuoi approdi
di domani.
Ma io non dimentico
che il mio cuore è con te,
che sia preghiera
o parola
o una poesia.
Se io sento l’amore
che riesco a farti avere,
è già amore
per me
e il cuore mio si espande
di luci immense
in splendidi riflessi.
Grazie
o mio sogno
per l’amore che tu
non hai potuto darmi
ma che hai permesso,
generosa,
che io ti dessi.
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Il giudizio dell’intelligenza
Non dobbiamo pretendere di capire il mondo solo con l’intelligenza: lo conosciamo, nella stessa misura attraverso il sentimento. Quindi, il giudizio dell’intelligenza è, nel migliore dei casi, soltanto metà della verità
Carl Gustav Jung
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Amor omnia vincit
Giorgione – La tempesta, 1506
Il lampo che squarcia il cielo sembra essere il punto focale del dipinto. E’ l’irruzione del divino nella dimensione terrera, il contatto tra Cielo e Terra. Il momento dell’avvento divino. Sulla destra c’è una donna che allatta un bambino. Ma, ad osservarla bene, ha un solo seno. E’ il Centro del suo petto. Simbolicamente, quell’unica mammella, è il centrato, l’equilibrato. A sinistra, sempre per chi osserva, c’è un uomo con una verga. Già Maurizio Calvesi lo ha identificato come l’Hermes ed il suo caduceo. Tutto il quadro è denso di significati simbolici a caratterizzazione ermetico-magica. Ma non è tutto. Perché il punto più importante è quasi nascosto. E’ sopra il tetto della costruzione, alla destra del ponte. A ben guardare, Giorgione, vi ha dipinto un uccello. E’ un Ibis, animale sacro alla Dea Iside, alla Grande Madre. La presenza della divinità egiziana muta il cuore del dipinto. L’irruzione del divino nel mondo degli umani (il lampo nel cielo) è possibile sotto la guida del pastore Hermes, dell’amore femminile (la donna che allatta). Ma, tutti e due, sono guidati dalla Dea protettrice per antonomasia, Iside, signora del perdono e dei riti magici.
Filed under: Alfabeto dell'interiorità, Anima ed eredità psichica, Arte, Immaginazione, La Grande Madre, Pensieri Liberi, Psiche | Tagged: allattare, avvento divino, bambino, centrato, Cielo, dipinto, donna, equilibrato, Ermetismo, Giorgione, Grande Madre, Hermes, Ibis, irruzione del divino, Iside, La tempesta, lampo, Magia, mammella, Maurizio Calvesi, riti magici | 20 Comments »
una mail per le comunicazioni
Carissimi, visto che, ultimamente, in molti mi chiedete un indirizzo dove potermi inviare dei libri o per pormi delle domande private, ho creato un indirizzo mail, ad hoc
Baci Baci
Filed under: Comunicazioni | 3 Comments »
NOTTI D’INFERNO
NOTTI D’INFERNO
Nel torbido letto della notte,
nel suo silenzio, di mille voci
che del buio,
fan musa ispiratrice,
l’anima, si contorce
come serpente
in preda al fuoco.
Ti cerco, o altra metà
per trovar pace.
Come, refrigerio di notti
infernali.
Giuseppe Maiorana
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Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima
Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.
Kahlil Gibran
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La paura dell’amore e del profondo
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L’ego razionale ha imprigionato Anima
Siete “bravissimi”
Sinceramente sto notando una prograssione verso Amor (comprensione) di tutti voi. E’ un’orchestra dove tutti cominciano a conoscere la propria parte. Si stanno armonizzando fra di loro (avete visto il concerto?). BACI BACI
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Scrivere ad un figlio/a
Il messaggio di Amalia…
Professore, mio padre è morto da più di venti anni. Non viveva con me e così ci scrivevamo delle lettere. Lui mi trattava come una donna, sebbene fossi una ragazzina. Ebbene quelle lettere sono sorprendentemente attuali per la donna che oggi sono diventata. E sì sono la sua anima che risuona ancora,ma insegna ancora.. E’ bellissimo, ora lo capisco, scriversi lettere tra genitori e figli…
Cara Amalia, condivido pienamente tanto è vero che, quando mio figlio aveva circa dieci anni, gli dedicai un romanzo. Lui era il protagonista del libro (Un’avventura nel rinascimento). “Coincidenza” vuole che, lo scorso anno dopo aver prestato la mia autovettura proprio a mio figlio, trovai un foglietto piegato in quattro. Il foglio riportava una lettera che lui aveva scritto per sua figlia. Quella lettera è ancora con me e, sperando di non violare la sua “intimità”, voglio condividerla con voi. Lo faccio con il “pretesto” di domandarvi, voi avete mai scritto qualcosa per i vostri figli?
LETTERA A MIA FIGLIA
Mia cara Laura, AMATISSIMA figlia,
il solo guardarti mi restituisce la totalità dell’esistenza.
La pienezza dell’essere al mondo.
Oggi, mentre ti scrivo, hai poco più di un anno e mezzo.
Ancora non parli. Dici poche cose. Essenziali.
Ripeti il verso di alcuni animali, i capelli sono “taghe da”, “bum me”, vuol
dire cadere.
Hai una personalità forte. Marcata. Evidenzi, già ora, determinazione e
indipendenza. Almeno così sembra.
Amore mio, ricordati sempre, nelle paure e nelle insicurezze, nelle emozioni
più intense e nelle malinconie più profonde e oscure, che cercherò con tutto me
stesso, che le tue paure siano coraggio e le incertezze miglioramento nel
domani.
Nei silenzi e negli addii, negli abbandoni e nelle attese, sarò sempre
presente.
Avvolgiti nei pensieri e nelle azioni più nobili, non misurarti nei desideri
esteriori, sii disponibile e accogliente con le persone più deboli e indifese.
In un sospiro d’amore, nell’eternità d’un bacio, in un sogno o nelle carezze
delle persone “gentili”, ricerca la pienezza d’aver vissuto.
Il resto è il vuoto che trapassa, stalla e inneggia al male.
AMATISSIMA figlia, da quando sei con me, sono felice.
Sorrido estasiato.
L’estensione del mio cuore è immensa.
Sono completo e null’altro serve al mio cuore.
Tuo papà
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