Cari amici, anche questa domenica una poesia ci conduce in quello spazio emozionale dove ri-conoscerci. Oggi Carlo Betocchi (1899-1986) ci canta di una ricchezza inestinguibile, potente e scardinante:
Non ho più che lo stento d’una vita
che sta passando, e perduto il suo fiore
mette spine e non foglie, e a malapena
respira. Eppure, senza acredine.
C’è quell’amore nascosto, in me,
quanto più miserevole pudico,
quel sentore di terra, che resiste,
come nei campi spogli: una ricchezza
creata, non mia, inestinguibile.
Nemmeno più coltivabile, forse, ma vera
esistenza; così come pare sperduta
nel cosmo, con la sua gravità, le sue leggi,
il suo magnetismo morente, che lo Spirito
non dimentica, anzi numera.
Non guardatemi, che son vecchio,
ma nel mio mutismo pietroso ascoltate
come gorgheggia, com’è fiero l’amore.
Presenterò questa lirica, insieme ad altre, nella mia trasmissione “Inconscio e Magia – Psiche” in onda questa notte su Rai 2 verso le 2:20 circa. Lasciate fluire l’emozione… Buona domenica a tutti voi!
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buon pomeriggio prof.La Porta, stamattina accendendo la tv intorno alle ore 05:00, nella sua trasmissione “inconscio, magia e psiche” , avete letto più volte una poesia bellissima. Sul momento l’avevo imparata a memoria, ma riaddormentandomi l’ho scordata se fosse cosi gentile da inviarmela al su sritto indirizzo.Le sarò molto grato e prometto di registrare le sue trasmissioni notturne, al prossimo “risveglio”.Con gratitudine Giordano
La terra nell’universo: l’uomo che è parte del ciclico divenire della natura…
Quest’uomo, che ha vissuto intensamente molte stagioni, esiste, ha un’ Anima in Sè e la sua Anima è parte, numero, dell’Anima che muove l’intero universo: ad Amore, che…” move il sole e l’altre stelle”, tende quest’Anima ‘che di Amore è fatta: che di Amore conserva in sè la memoria!
Gabriele,
sei proprio rapito dall’emozione eterna…dall’attimo eterno…
Ho fatto il training autogeno sull’uso del “TU”.
Ciao!
Risponderò con questo mio scritto- a proposito, hai ricevuto il mio libro Segni di vita, vero? 😉
I Vecchi
No, non sono tutti uguali i vecchi,come pensano loro: uguali e inutili, ormai prossimi alla fine.
Ognuno di loro è un frutto, un frutto in inverno: e da come si manifesta si può provare a rievocarne la trascorsa primavera, e confrontare il sapore fresco e ancora acerbo di allora con quello più stagionato e deciso, di ora.
Hanno tutti paura della morte, i vecchi, e tremano sempre, perché pensano che di loro non resterà nulla – nulla dei sogni e delle speranza, nulla delle illusioni e delusioni che per tutta la vita li hanno accompagnati fedelmente. Bisogna comprenderli, allora, comprendere che non desiderano altro che di essere accolti e contenuti, e che temono più di ogni cosa proprio questo inopportuno desiderio – essi sentono già, forte e intenso, il richiamo della terra, ma non vogliono scomparire nel suo abbraccio soffice, non ancora.
Bisogna allora avvolgerli in un abbraccio totale, un abbraccio che contiene e lascia liberi, proprio come quello della terra; e poi, si dev’essere terra, terra morbida e dolce accanto e tutt’intorno a loro, perché sentano che in quell’abbraccio che li attende non scompariranno, ma si trasformeranno soltanto.
Bisogna assaggiarli come si fa con la frutta secca, con la piena consapevolezza di tutta la ricchezza che possono offrire; e poi gustarli fino in fondo, perché in ogni modo, qualunque sia stata la loro giovinezza, essi sono sapienti, cioè hanno un sapore unico e delicato, un sapore speciale che rinvigorisce le membra e fortifica il cuore e la mente.
Essi non sanno nulla di questo, e così tendono a chiudersi completamente in se stessi, facendosi tutti piccini, secchi e induriti, legnosi: come i vecchi-mandorla, racchiusi in un guscio spesso durissimo che scoraggia. Non bisogna desistere, allora, ma al contrario insistere finché quel guscio si spezza, e dentro, avvolta in una sottile guaina anch’essa marrone e secca, non compare una piccola mandorla allungata, bianca e tenera come quando era giovane, ma più dolce o più amara – secondo il tipo – perché più concentrata. Una mandorla che spesso si appiattisce contro un’altra in tutto uguale a lei, tanto che sembrano due metà riunite: ed è quello il momento in cui si scopre il motivo per cui questi vecchi si tengono sovente così lontani e in disparte nel loro durissimo guscio. Essi conservano un segreto tenero tenero nel profondo del cuore, e lo rivelano solo a chi dimostra di comprenderlo.
Temono sempre di perdere un pezzo essenziale di se stessi, e per questo appaiono avari e spesso anche pieni di amarezza; eppure è proprio con loro, con questi vecchi-mandorla, che si possono preparare i dolci più squisiti. Basta solo donar loro, con molta pazienza, un po’ di zucchero o di miele, e sbriciolarne amorevolmente la resistenza atavica fino a farne una morbida pasta. Anche da giovani, del resto, resistevano, avvolti in un guscio verde che allegava i denti: ma che freschezza liberavano se invece lo si sapeva evitare!
Anche i vecchi-noce sono ben chiusi in se stessi e induriti, ma il loro guscio non si spezza come quello dei vecchi-mandorla. Spesso si spacca perfettamente a metà, specialmente quando a tavola ci sono bambini. I vecchi-noce, infatti, amano giocare: essi sanno che ai bambini piace costruire delle rudimentali barchette con il loro guscio che galleggia sull’acqua – basta solo una pallina di argilla per sostenere uno stecchino a mo’ di albero e nascono meravigliose avventure.
I vecchi-noce sono dei nonni magnifici, che custodiscono dentro di loro tantissime storie da raccontare davanti al camino: per questo hanno proprio la forma di un cervello umano – ne conoscono talmente tante! Essi sanno come nutrire gli altri, perché sono buoni, forti e ricchi, e nelle fredde giornate invernali riescono a ritemprare chiunque.
E che dire dei vecchi-castagna, paludati in un riccio spinoso che impaurisce come la barba di un orco, e che invece poi, dentro, sono morbidi morbidi e farinosi, quei vecchi in realtà inermi e indifesi e persino timorosi da cui è nato il detto, appunto, “prendere in castagna”?
Quelli sono cari e sempre presenti, e scaldano il cuore come le caldarroste le mani.
Non tutti i vecchi, però, si chiudono e s’induriscono: ci sono quelli, al contrario, che col tempo si ammorbidiscono e addolciscono oltre ogni dire: come i vecchi-dattero, che in gioventù si vestivano di un bell’arancio e vivevano a grappoli, e da lontano sembravano indossare la tunica color zafferano dei monaci buddisti.
I vecchi-dattero si concentrano rigorosamente intorno al loro nucleo centrale e si avvolgono di sole finché, improvvisamente, non realizzano che il sole che li riscalda e il seme che hanno nel cuore sono proprio la stessa cosa. Allora la dolcezza li assale, dall’interno e dall’esterno insieme, ed è così grande e irresistibile che loro, pian piano, svaniscono, e rimane soltanto lei – lei tutt’attorno al Seme-Sole.
I vecchi-dattero sono fatti di dolcezza e compassione, e si offrono in sacrificio e nutrono gli altri.
Chiunque li incontri li riconosce subito, anche a distanza, perché sembra che esistano solo per far dono di sé.
Ci sono anche i vecchi-fico, che in gioventù erano freschissimi e splendenti e sodi, pieni di dolcezza anch’essi, e man mano che passa il tempo diventano sempre più dolci e trasudano miele e ricordi. Anche loro si cuociono al sole senza riserve, e la sensualità piena che irradiavano in gioventù si trasforma in un’offerta mistica e assoluta. Non per niente con i vecchi-fico si farciscono i dolci di Natale.
No, non sono tutti uguali i vecchi; ma se, incontrandoli in inverno, si possono leggere nelle loro rughe le gioie e le amarezze delle primavere e delle estati trascorse, anche il contrario si può fare.
Ognuno mostra già nella propria primavera, appena appena abbozzati, i segni dell’inverno che vivrà; e sempre più chiari si fanno quei segni attraverso le stagioni della vita – prima la maturità dell’estate, e poi il declino dell’autunno, finché l’inverno, con il suo rigore, non li conferma e palesa.
E’ bello, allora, accogliere i vecchi nel cuore con la dolcezza e l’amore che meritano, e farsi terra per loro e scioglierli nel proprio sangue, ereditarli e poi trasfonderli completamente nel sangue del cosmo; è bello non solo per loro, ma perché così si impara a capire per tempo che tipo di frutto anche noi siamo, e quale potrà essere un giorno il nostro modo di donarci alla terra.
Così, non serve cercare lontano, poiché ovunque, persino in un semplice dattero, è già scritto tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Ciao gabrieleSono Danilo
Ho deciso di scrivere perchè sento il bisogno impellente di comunicare…
Perche la Solitudine m’attanaglia le viscere…
mi sgorga dalla bocca sotto forma di parole tetre…
Sento la voglia di comunicare…
Giocare all’ombra di grandi Querce…
Ti posto una mia poesia che spero che tu leggerai.
E vorrei anche spedirti dei racconti
che con molta sofferenza ho partorito.
LA NOIA
Tempesta!
Mente labile
Tormento
Assoluzione
Perdono
Inquisizione!
Magenta
Crimisi
Rovinose Cadute!
Sole spoglio dai suoi petali.
Serena…
Navi alla deriva
Corpi stanchi
Intrecciati…
Occhi glaciali scaldano il mio respiro affannoso.
Voglia
Tensione
Sesso
Dolore
Odore…
Marzo Settembre
Morte apparente!
Fiale
Controllo
Malumore
Perdita
Baratto…
Anime traghettate
Lune devastate!
Sentieri cupi…
Torto
Incomprensione
Cattive abitudini!
Noia…
Ed infine…
L’Acqua fluisce
In dolci Onde dorate dal Sole
Che riflettono luminose Ombre
In riva al Mare.
La Sabbia scintilla e Freme
Dalla voglia di abbracciare il Grande Oceano
Che come una Mamma
Dal suo Seno nutre una rosea Creatura
Immutabile nel Tempo.
Comunichiamo?
Caro Giordano,
se ricordi qualche verso… magari te la invio.
A presto!
“Chi vive di ricordi s’innamora”
Dario Bellezza
(Baci baci Valeria)
Ciao a tutti, non ho fatto in tempo a trascrivere la brevissima poesia di Lo Foco, non la trovo da nessuna parte, qualcuno è così gentile da postarla qui? La vorrei dedicare 😉
Grazie Danilo, davvero!
Caro Andrea,
ecco la lirica di Michele Lo Foco:
C’è sempre un momento del giorno
che io ti dedico,
quando mi sento solo.
Allora vivo del tuo sorriso.
Da Poesie dal 1963 al 1991, Edizioni LEDE, 1992.
Versi che scaldano il cuore.
Nella mia testa i ricordi sono vivi, talmente vivi, che, mi sembra sempre ieri.
…Ma che dici mai? come fai a ricordare, impossibile, avevi solo 3 anni… li vivi attraverso il racconto… e va be’ …mi…dico sarà cosi.
…ma che dici, impossibile avevi 5 anni, sarà cosi.
Chiedo al tempo di cancellare dalla memoria anche le belle immagini se è necessario. La memoria gioca brutti scherzi, ferma il tempo.
…ma che dici…perkè brutti scherzi….non sei contenta di fermare il tempo?…
…sono contenta di ricordare le belle gioie…i salti nella corda…20,30,giri…la palla al muro…le biglie…le gite…le risate…
…e allora?…
..in quel giorno, venni presa e adagiata sul palco come una bambola …ero vestita da viola vellutata, fortunata…intorno a me sentivo il vuoto, non volevo essere una bambola…
ma avevi solo 5 anni …non puoi ricordare…sogni, ricordi…
…sono limpidi i passi, sono vivaci i colori, sono forti le sensazioni di dolore…
Non è mio il dolore, tante anime delicate soffrivano e io bambina ero fortunata, dovevo essere felice anche per loro. La memoria fa brutti scherzi, mi fa sentire strana, mi fa vedere strana. L’eredità psichica si eredita con i geni o si attacca alla pelle come muschio da grattare solo a Natale?
Ancora domande, no stavolta sono risposte, io vedo il mio passato, sempre in carrozza sono stata e rido sempre. La memoria fa bei flash, le foto nella memoria si sfocano, resta viva l’essenza, il profumo.
….vai sempre avanti…guardati indietro…
Visito un circolo degli”anziani”, i giovani della terza età, della quarta…li vedo ballare in gruppo e ridono…li vedo cantare e volano…li sento abbracciati forti a tutto ciò che li fa fremere…le emozioni sono per loro…finalmente giocano per loro..finalmente vivono per loro…ogni attimo è giusto…ogni momento è buono…baci e abbracci per tutti quelli che li sentono fuoco…che belli ke siete…io rido con loro…sempre…io viaggio con loro…
…sono la memoria…io discuto con loro…che belli…come siamo bellii…
Limpido, cara Daniela. Se non si capisce il Neo-razzismo, saremo perduti.
Grazie al prof. La Porta per averla riportata anche qui.
Sei coinvolgente, Rita (e ritrova il giusto rapporto con MNEMOSYNE).
A presto!
4olive attorno al camino e il gioco è fatto…
4bustarelle attorno all’albero e puff, il gioco è fatto.
Eredità d’affetti mi ricorda un Grande e io…grazie…
grazie a tutti quelli che, incontrandomi mi hanno sorriso, che mi hanno consolato, che mi gocano come una bimba persa. Che belli che sono, io li ammiro nel loro accoccolamento e gioco con loro.
Grazie a tutti i passanti, grazie a tutti i presenti di oggi, di ieri e di domani. Grazie alla vita vissuta sempre all’insegna della ricerca del sorriso, grazie ai bei ricordi perché siete tanti; sempre pronti, vigili.
La memoria io srotolo, qunto è lunga, tanto è bella; i momenti brutti mi sembrano belli sfrondandoli un pò’ qua e un pò la.
Durante un intervento che, dichiarato delicato necessitava della vigile osservazione del mio corpo, esercizio bellissimo, chiedevo alla memoria di sollecitarmi una immagine. Una azione sconvolgente che mi procurasse ira, rabbia, scontento, non riuscivo a trovare, addirittura le persone dell’odio…non trovavo. Boh, dove sono i rancori, dove sono gli orgogli, dove sono…
Grazie a te, Andrea!
grazie per avermi fatto conoscere questa e molte altre magnifiche poesie
Ne sono contento, myheartisblack!
Un abbraccio!
non riesco a trovare la lirica di michele lo foco “incontriamoci li” mi e’ piaciuta molto potreste mandarmela mio indirizzo grazie tanto
Cara Adriana, questa è la lirica di Michele Lo Foco che cercavi. Un saluto!
INCONTRIAMOCI LÌ
La fine di una storia.
La storia di una fine.
Incontriamoci lì
dove le nostre menti
si incrociano comunque
e si prendono per mano.
La cornice ornerà la memoria
e la profonda sensazione
di rivederci uniti
ci darà il senso del tempo.
Michele Lo Foco, Poesie dal 1963 al 1991, Edizioni LEDE, 1992.