Carissimi, una modesta riflessione sul Rispetto.
Vedete, se guardiamo nella nostra epoca troviamo un’incredibile tendenza, sempre più accentuata con il passare degli anni: la mancanza di educazione che si è trasformata in assenza, pressochè totale, di Rispetto.
Da sempre non rispettiamo la natura e gli animali.
E che dire dei bambini e delle donne? Degli Ammalati? Degli Anziani? Dei Diversamente Abili? E ancora, scendendo sempre più nella protervia, cosa argomentare sull’intolleranza verso chi ha la pelle di “un’altra” pgmentazione?
E degli Umili? Dei Profughi?
E ancora, sempre più sprofondando in una sorta di delirio di esclusione, cosa sostenere innanzi al dileggio sistematico verso gli esclusi dal lavoro? E il sarcasmo verso chi “non ce la fa”?
A ben guardare questa nostra “civiltà” non tollera la Poesia. Sì, ci sono parole di corcostanza, ma l’Archetipo della Poesia è rinnegato.
Infatti tutto questo ha un solo nome: Abiura d’Amore.
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Che bello questo post ed il suo titolo e l’immagine della discesa nella protervia… Qui siamo a Roma, dove nessuno sembra ricordare cosa sia l’educazione ed il rispetto…ma che ne sa di quello che ho dovuto mandar giù questa estate in provincia di Como…
Le riporterò solo una frase che mi ha impietrito:
“Conosco un negro che è un bravo ragazzo, per carità, è un essere umano pure lui, ma se ne tornasse al paese suo! Ma cosa ci vengono a fare questi qui… che non ne abbiamo per noi!”
Te capi’?
Un bacione.
Volevo solo aggiungere che la più grande ignoranza e la più grande mancanza di rispetto è quella verso se stessi.
“Siamo ignoranti di noi stessi, innanzitutto.”
ciao Gabriele, io qualche anno fa scissi un breve saggio sulla tolleranza, in cui specificavo che la vera tolleranza o intolleranza non è quella che tutti credono come il colore della pelle, la razza, la religione,la politica, ecc. L’intolleranza esiste nelle più piccole cose alle più grandi. Le intolleranze più piccole è banali sono quelle che fanno più male. Prorpio nei giorni scorsi dissi a mia sorella sul fatto del male che fanno le persone verso gli altri, perché loro credono di essere immortali e di certo non capiteranno a loro, dimenticando di essere mortali e inclini al deterioramento e prima o poi le cose brutte e le intolleranze colpiranno anche loro, invece poi alla fine danno la colpa sempre a Dio.
Io ho innato dentro me l’abitudine nell’insegnare la buona educazione, il rispetto, ma queste cose non si possono insegnare. Quando avevo 20 anni avevo in testa di diventare filosofa e insegnare nelle università, per insegnare ai giovani a ragionare bene e cambiare il mondo nel bene, ma neanche questo si può fare poiché è complicato far cambiare la mentalità.
Ancora oggi osservando gli essere umani sono convinta dell’impossibilità che la mente possa cambiare evitanto il pericolo di non farsi trascinare in quei meccanismi costruiti dagli altri che poi ti portano ad essere uguale a loro, ….ciò che manca oggi è proprio l’amore.
Hai ragione anche sul fatto della poesia, sia dal punto di vista letterale che del sentire e percepire.
Se gli uomini e donne ci mettessero un pò di “poesia” nella vita e dentro di loro, crescerebbe in loro quella sensibilità che gli farebbero capire cosa sia l’amore e il rispetto. Spesso sento e vedo cose che dicono e fanno la gente nella quotidianità che li fanno sembrare inumani.
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Descrivo una storiella breve fatta di intolleranze e non rispetto della gente. Però è una storia vera successa dove vivo.
Un anno fa un signore anziano bastonò un gattino e gli spezzò le gambe posteriori, il gattino rimase agonizzate su un marciapiede per due giorni e le persone che passavano lo tastavano col piede per vedere se era vivo, anche se c’era chi gli dava da mangiare, il gattino morì. Lo stesso anziano un anno dopo cadde a terra spezzandosi la gamba o anche altre ossa, lui e la moglie chiesero aiuto nel palazzo ma nessuno li aiutò rifiutanto anche di aprire la porta, ma poi dopo altre persone se ne accorsero e lo soccorsero, alcune delle persone che Rifiutarono l’aiuto mi raccontarono il fatto e mi mimarono quando per uscire dal palazzo dovettero scavalcare l’anziano sulla barella che era posta a terra, odiavano quella persona. L’anziano morì dopo 25 giorni con la stessa cosa che aveva fatto al gatto. Queste persone negli anni passati mi dicevano sempre che se quegli anziani chiedevano aiuto per qualche problema dovevamo far finta di niente!!!
Negli stessi giorni dell’incidente all’anziano, morì il mio cane per una malattia alla gamba posteriore.
Queste persone che rifiutarono l’aiuto all’anziano per molti anni dicevano sempre quando doveva morire il cane, se moriva se dovevamo prendere un altro , erano ei menagrami, ecc.
alla fine queste persone mentre parlavano del loro bel comportamento verso l’anziano contenti di quello che era successo all’anziano, gli dispiaceva della morte del cane anche se per molto tempo ne menzionavano la sua morte!
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Queste sue riflessioni caro prof. mi toccano nel profondo. Ha proposto uno spaccato di questa nostra arida e vuota società, o per lo meno della gran parte delle persone che la compone.
Nel quotidiano ho congrui esempi di tutto questo e io stessa, secondo alcuni miei affini, per aver fatto dell’essere e NON dell’apparire la mia bandiera di vita sono considerata una “diversa”, alcune volte pensano anche che sia un pò “folle”.
Purtroppo molte delle persone che mi/ci circondano hanno fatto del carrierismo, del potere e della realizzazione del proprio ego la loro primaria ed esclusiva ragione di vita. Questo rende queste persone aride e vuote.
Spesso molti parlano dell’amore, ma sono pochi secondo me quelli che hanno compreso quanto l’amore influenzi il nostro quotidiano e quanto possa influire sulle nostre scelte di vita. Penso che il ruolo primario di ogni essere umano sia quello di amare, offrire amore a tutti indistintamente: tutti abbiamo bisogno di amare e tutti abbiamo bisogno di essere amati. Chi non crede nell’amore e nella sua forza forse potrà avere anche un congruo conto in banca ed un posto al vertice di una qualche azienda, ma certamente sarà una persona priva di sentimenti, di sogni e non sarà mai in grado di assaporare le piccole gioie della vita; in altre parole, pur potendo acquistare il mondo intero non potrà mai ottenere quell’unica cosa che non si acquista e non si vende: l’amore e, conseguentemente la vera felicità!
Io, come recita una lirica sufi a me molto cara,
“Credo nella religione dell’amore ovunque si dirigano i suoi destrieri,
poiché l’amore è la mia religione e la mia fede”.
Tutti gli essere umani sono uguali e se la vita ha riservato ad alcuni un destino più difficile o con maggiori sofferenze, oppure una pigmentazione diversa ecc. non dobbiamo fare in alcun modo di queste persone degli esclusi o dei “diversi”: queste persone sono esseri umani come tutti gli altri, con un cuore che palpita, soffre o si rallegra. Anzi proprio le loro maggiori sofferenze umane e materiali devono spingere chi sta meglio ad offrire loro maggiore sostegno, conforto e soprattutto più amore!
La forza dell’amore è l’unica forza in grado di riportare la luce nelle tenebre delle sofferenze umane e illuminare un cuore afflitto e privo di speranza.
L’amore è anche speranza, l’amore è soprattutto vita! Un abbraccio a tutti Bea.
Proprio così Carissimo Prof. Gabriele,
UNA VERA E PROPRIA OMISSIONE D’AMORE SU TUTTI I FRONTI che prima o poi porterà a una TRASFORMAZIONE che come tutte le trasformazioni di sicuro non sarà indolore. Ma abbiamo anche una bilanciante forza interiore IL NOSTRO PASSATO. la nostra ciclica storia che si ripete con sfaccettature diverse, ma sempre con le stesse forze, con i stessi germi positivi e negativi. CONOSCENDO LA NOSTRA STORIA CONOSCEREMO IL NOSTRO FUTURO per quella legge divina che conduce all’evoluzione di tutte le cose.
.
a proposito di rispEtto (specie di se stessi )..
SADO MASO (finale alchemico )
Corda tesa, estrema mente.
sangue, urina, egual misura.
frusta, mal, umiliazione.
carne pronta , dilatata, si comprime..prende forma.
mistress, master, switch, transgender,
ogni maschera in teatro, tetra scava fino in fondo.
bestia fiera mangia il pasto,
mercimonio delle menti.
rapimento, submissione,
sensi d’altri lascia vuoti.
cuoio, pelle,odori morti
graveolanti come micce.
piangi, vomita il dolore,
smetti pure di cercarti,
il tuo nume hai già sepolto,
il tuo genio risvegliato.
Caro Prof,chi ha sperimentato nella vita il sentimento dell’esclusione sa il significato di quello che dici. Ho avuto bisogno di rivolgermi ad un “medico del profondo” perchè ero depressa.Nessuno ama i depressi perchè sono in fuga dalla vita..nessuno sa che chi soffre di questo ha invece la grande opportunità di scendere nell’abisso, di conoscere le ombre e di amarle..ma chi va dall’analista è “matto” e basta, è debole, è uno che da solo non ce la fa..non importa:ho conosciuto i miei demoni e mi sento privilegiata perchè solo se vai all’inferno ti incontri davvero.
Raffaele sono d’accordo con te
n.r.
cara marina , per anni ho subito quello che hai sentito a Como,tu sai le mie “nobili” origini? Quanta fatica mi è costata la mia integrazione . IL rispetto il senso civico
nemmeno al supermercato te lo vendono non si usa più e fuori moda.Come vedi la ratio è alla frutta , poveri loro io sto qui in anima e spero di poter contribuire al bene insieme a voi,siamo tutti sul sentiero di francesco, in ufficio non volano parole ma bensi i p.c., come vedi hanno perso pure la parola cosa pretendi da questo mondo?
In questo periedo mi viene ripetuta la parola che devo fare una vita “normale”,ma la “normalità” quale?
E tu mi ci vedi “normale”? No se devo essere “normale” cioè non rispettare il prossimo ,tenere sopresse le mie passioni, essere insensibile al mondo in cui vivo significa avere l’anima piatta equivale a non vivere.
Come vedi ……andiamo avanti
io non scappo ma fuggo dalle logiche della ratio,pre-concetti,processi alle intenzioni, casse di risonanza tutte cose che seppeliscono le idee e siccome che l’unica cosa certa è afrodite io corro da lei
regina dell’anima….mi accompagni?
il viandante
Cara Beatrice a chi lo dici,l’avidta,il successo ,l’ego, quanti danni hanno fatto e quanti ne farannno calpestando l’amore.
Io non ti nascondo che ero un arrivista preso dalla carrirera dal potere e chi più ne ha ne mette.Poi si è aperta “LA PORTA” DELLA MIA ANIMA ED ECCOMI QUA ,E COME HO PROMESSO A MARINA FINO ALL’ULTIMO ATTO DELLA MIA VITA FARO’ ANIMA.IO NON HO RICEVUTO UNA EDUCAZIONE DI ANIMA MA SOLO IL BOMBARDAMENTO DI FALSI MODELLI FACCIO ANIMA PERCHE’ VOGLIO CHE ALTRE PERSONE NON FACCIANO I MIEI STESSI PECCATI
QUINDI…..
IL VIANDANTE
Beatrice, Nella, chi come noi…
C’ero anch’io, lì! Vi assicuro che, se si sopravvive all’inferno in noi, si diventa più forti-mai-più-sulle-nuvole-ma-nel-cuore-sì, mai in gara, ma sempre al fianco di chi ha voglia di farcela… “Rabbiosamente” dolci.
<>
Professore, sono riuscita a finire la STORIA…
…”Al “grido di battaglia” della nonna, Caterina scattò in piedi sul letto. Le girava la testa, aveva fame. E aveva paura. Poteva sentire quello che diceva la nonna ai suoi genitori; il tono della sua voce era così adirato e alto che riecheggiava per tutta la casa. Caterina, barcollando, raggiunse le scale e tutti smisero di parlare, quando la videro. Tata Giovannino si alzò per andarle incontro e si fermò a pochi passi da lei. La osservò. Prima o poi sarebbe successo, ma non ancora: la sua bambina non poteva essere cresciuta così in fretta e senza che se ne accorgesse. No, senza il permesso del suo “Tatuccio”, Caterina non poteva essersi innamorata. Invece <> aveva preso da solo il volo, ma vagava come un’anima in pena alla ricerca di un approdo sicuro.
In una candida camicia di cotone che la ricopriva fino alle caviglie, scalza, i capelli corvini che le ricadevano spettinati dalle spalle fino ai fianchi e il viso pallido, Caterina sembrava proprio un fantasma. Il suo sguardo languido incrociò quello del padre e provò vergogna sebbene lui non avesse alcuna intenzione di rimproverarla. Con lei non era mai riuscito a dimostrarsi severo e autoritario, come un padre doveva essere soprattutto con una figlia femmina, perchè imparasse già da bambina che l’uomo è il suo padrone; invece, contro tutte le regole educative dell’epoca, lui aveva preso in braccio Caterina, aveva giocato con lei, l’aveva coccolata, l’aveva nutrita di affetto e di fiducia. Era la sua “debolezza” e il suo “orgoglio”. La guardava ora, attendendo che si confidasse con lui come aveva sempre fatto, che gli raccontasse ogni minimo particolare, il perchè fosse malinconica, che cosa le fosse accaduto di così devastante per ridursi in quello stato.
Nonna Pina stava per dire qualcosa, con il proposito di interrompere quel lungo silenzio tra padre e figlia, ma Mamma Tina la tirò per un braccio nell’altra stanza, pregandola di tacere, almeno per una volta. L’anziana donna, alquanto risentita, preferì uscire di casa per non dover sopportare la vista di quell’inutile e mieloso quadretto familiare.
Si era ripromessa che avrebbe dato una svolta alla storia che sembrava essersi fermata a causa dell’imprevedibile comportamento di Michelino. Quel ragazzo non poteva disobbedire alle comprovate norme di convivenza civile e aspettarsi che il fato gli consegnasse la sua Caterina senza richiedergli un conveniente riscatto! La nonna allora credette di fare anche l’interesse del ragazzo quando decise di coinvolgere quella impicciona di Commare Nzina.
– Sienti, cummare, ca la Caterina mia e lu Michelinu…- Le proponeva una bella storia da raccontare, in cambio nonna Pina chiedeva alla donna di accompagnarla dalla famiglia di Michelino. Trovò la scusa che il genero era impegnato a rimproverare Caterina, in quel momento, e avrebbe impiegato del tempo a ricordarle tutti i suoi doveri di figlia, perciò mandava un’ambasciata da recapitare personalmente ai genitori del ragazzo.
La commare non si fece pregare e non chiese altro, fece per alzarsi dal telaio e, nella fretta, inciampò nella gallina che si era appollaiata vicino ai suoi piedi.
La caddhina! – esclamò stupita nonna Pina alla vista dell’animale. La commare alzò le spalle: -Turnau! – Concluse rapida; quando e come la gallina avesse fatto ritorno glielo avrebbe raccontato un’altra volta, prese sottobraccio la nonna e chiuse alle sue spalle la porta di casa. Le donne si incamminarono verso la piazza del mercato, dove avrebbero incontrato commare Uccia, la mamma di Michelino, che vendeva merletti e dalla quale la commare Nzina si riforniva di cotoni.
Mentre la commare Nzina si attardava a salutare la signora Uccia, la nonna dava loro le spalle e si guardava intorno distratta dai pensieri e preoccupata di incontrare i suoi nipoti di ritorno dal lavoro. Quando la commare Nzina la presentò alla commare Uccia, nonna Pina non se ne accorse nemmeno. Nzina le diede un pizzicotto sul braccio per ricondurla alla realtà e lei con una smorfia di dolore entrò nella conversazione dicendo: – Belli sti cuttoni! A quantu li vindi? – La commare Nzina le si avvicinò all’orecchio e le ricordò che non erano là per acquistare del cotone, che doveva sbrigarsi a parlare perchè mancavano pochi minuti a mezzogiorno, quando la commare Uccia avrebbe smontato la bancarella.
Allora la nonna Pina – Cummare Uccia! – esclamò, tenendo fisso lo sguardo su quei merletti e tutto d’un fiato, aggiunse: – Lu Michelinu tou vulia face l’amore cu la Caterina mia…-
Senza darle del <> o intercalare un <> e neppure un <>, la nonna trascinò la commare Uccia fino al cuore della questione, ufficializzando in tutta fretta, in quel luogo, a quell’ora, non proprio secondo le usanze ma davanti ad una testimone, il legame tra Michelino, Caterina e le rispettive famiglie.
Alla commare Uccia, emozionata, si velarono gli occhi di lacrime e non ebbe molto da aggiungere se non un: <>
Le ore passarono all’insegna dello stupore, coperto dal ritmico battere degli zoccoli dei cavalli sui ciottoli infuocati a mezzogiorno; il rumore assordante di pentole ed il gentile crepitìo della legna nel camino tornato in vita.
Nonna Pina invitò la figlia a prendere la palla di pasta lievitata, messa da parte il giorno prima, per il pane del giorno dopo; nell’ acqua mamma Tina sciolse il sale e lo porse alla madre che, dopo aver fatto un giro intorno al tavolo, e aver scelto la postazione, fece il segno della croce sulla farina e diede il via alla danza: quella sera la vita meritava un dono pasquale, una saporita puddica, dal magico cuore di frutti d’oro della terra!
Dal vicolo inghiottito dalle ombre della sera, Caterina sentì leggera salire una melodia che la sollevò dal letto e la portò fino alla finestra.
– Me rescerrai la coppula susu lu iettu tou, Carmela azzate e dammela, Carmela azzate e dammela… –
Carmelina riconobbe il suo Michelino, sorvegliato dal coro dei fratelli, tutti seriosi, a gambe larghe e le braccia conserte.
Doveva rispondere all’amore, Caterina; affacciarsi alla finestra e accennare con la testa un sì, per riconoscere Michelino come colui che le aveva posto il suo cappello sul cuore. Oppure…
Nonna Pina, che ascoltava le note della serenata scivolare senza interrompersi, strinse forte gli occhi ed i pugni appiccicosi di pasta per imprimenre al suo pensiero una volontà, imporgli di andare da Caterina a dirle di uscire sul balcone: – Beddrha fija, vola! –
Quella sera stessa Caterina e Michelino volarono insieme!
COSA FA L’AMORE!
bACI
Professore, non si ricopiano le parole scritte tra virgolette. Riscrivo.
V CAPITOLO
Al “grido di battaglia” della nonna, Caterina scattò in piedi sul letto. Le girava la testa, aveva fame. E aveva paura. Poteva sentire quello che diceva la nonna ai suoi genitori; il tono della sua voce era così adirato e alto che riecheggiava per tutta la casa. Caterina, barcollando, raggiunse le scale e tutti smisero di parlare, quando la videro. Tata Giovannino si alzò per andarle incontro e si fermò a pochi passi da lei. La osservò. Prima o poi sarebbe successo, ma non ancora: la sua bambina non poteva essere cresciuta così in fretta e senza che se ne accorgesse. No, senza il permesso del suo “Tatuccio”, Caterina non poteva essersi innamorata. Invece “ l’aciddhuzzu “ aveva preso da solo il volo, ma vagava come un’anima in pena alla ricerca di un approdo sicuro.
In una candida camicia di cotone che la ricopriva fino alle caviglie, scalza, i capelli corvini che le ricadevano spettinati dalle spalle fino ai fianchi e il viso pallido, Caterina sembrava proprio un fantasma. Il suo sguardo languido incrociò quello del padre e provò vergogna sebbene lui non avesse alcuna intenzione di rimproverarla. Con lei non era mai riuscito a dimostrarsi severo e autoritario, come un padre doveva essere soprattutto con una figlia femmina, perchè imparasse già da bambina che l’uomo è il suo padrone; invece, contro tutte le regole educative dell’epoca, lui aveva preso in braccio Caterina, aveva giocato con lei, l’aveva coccolata, l’aveva nutrita di affetto e di fiducia. Era la sua debolezza” e il suo orgoglio. La guardava ora, attendendo che si confidasse con lui come aveva sempre fatto, che gli raccontasse ogni minimo particolare, il perchè fosse malinconica, che cosa le fosse accaduto di così devastante per ridursi in quello stato.
Nonna Pina stava per dire qualcosa, con il proposito di interrompere quel lungo silenzio tra padre e figlia, ma Mamma Tina la tirò per un braccio nell’altra stanza, pregandola di tacere, almeno per una volta. L’anziana donna, alquanto risentita, preferì uscire di casa per non dover sopportare la vista di quell’inutile e mieloso quadretto familiare.
Si era ripromessa che avrebbe dato una svolta alla storia che sembrava essersi fermata a causa dell’imprevedibile comportamento di Michelino. Quel ragazzo non poteva disobbedire alle comprovate norme di convivenza civile e aspettarsi che il fato gli consegnasse la sua Caterina senza richiedergli un conveniente riscatto! La nonna allora credette di fare anche l’interesse del ragazzo quando decise di coinvolgere quella impicciona di Commare Nzina.
– Sienti, cummare, ca la Caterina mia e lu Michelinu…- Le proponeva una bella storia da raccontare, in cambio nonna Pina chiedeva alla donna di accompagnarla dalla famiglia di Michelino. Trovò la scusa che il genero era impegnato a rimproverare Caterina, in quel momento, e avrebbe impiegato del tempo a ricordarle tutti i suoi doveri di figlia, perciò mandava un’ambasciata da recapitare personalmente ai genitori del ragazzo.
La commare non si fece pregare e non chiese altro, fece per alzarsi dal telaio e, nella fretta, inciampò nella gallina che si era appollaiata vicino ai suoi piedi.
La caddhina! – esclamò stupita nonna Pina alla vista dell’animale. La commare alzò le spalle: -Turnau! – Concluse rapida; quando e come la gallina avesse fatto ritorno glielo avrebbe raccontato un’altra volta, prese sottobraccio la nonna e chiuse alle sue spalle la porta di casa. Le donne si incamminarono verso la piazza del mercato, dove avrebbero incontrato commare Uccia, la mamma di Michelino, che vendeva merletti e dalla quale la commare Nzina si riforniva di cotoni.
Mentre la commare Nzina si attardava a salutare la signora Uccia, la nonna dava loro le spalle e si guardava intorno distratta dai pensieri e preoccupata di incontrare i suoi nipoti di ritorno dal lavoro. Quando la commare Nzina la presentò alla commare Uccia, nonna Pina non se ne accorse nemmeno. Nzina le diede un pizzicotto sul braccio per ricondurla alla realtà e lei con una smorfia di dolore entrò nella conversazione dicendo: – Belli sti cuttoni! A quantu li vindi? – La commare Nzina le si avvicinò all’orecchio e le ricordò che non erano là per acquistare del cotone, che doveva sbrigarsi a parlare perchè mancavano pochi minuti a mezzogiorno, quando la commare Uccia avrebbe smontato la bancarella.
Allora la nonna Pina – Cummare Uccia! – esclamò, tenendo fisso lo sguardo su quei merletti e tutto d’un fiato, aggiunse: – Lu Michelinu tou vulia face l’amore cu la Caterina mia…-
Senza darle del “signuria” o intercalare un “buon giorno” e neppure un “ te pozzu dire?”, la nonna trascinò la commare Uccia fino al cuore della questione, ufficializzando in tutta fretta, in quel luogo, a quell’ora, non proprio secondo le usanze ma davanti ad una testimone, il legame tra Michelino, Caterina e le rispettive famiglie.
Alla commare Uccia, emozionata, si velarono gli occhi di lacrime e non ebbe molto da aggiungere se non un “Evviva Diu!”
Le ore passarono all’insegna dello stupore, coperto dal ritmico battere degli zoccoli dei cavalli sui ciottoli infuocati a mezzogiorno; il rumore assordante di pentole ed il gentile crepitìo della legna nel camino tornato in vita.
Nonna Pina invitò la figlia a prendere la palla di pasta lievitata, messa da parte il giorno prima, per il pane del giorno dopo; nell’ acqua mamma Tina sciolse il sale e lo porse alla madre che, dopo aver fatto un giro intorno al tavolo, e aver scelto la postazione, fece il segno della croce sulla farina e diede il via alla danza: quella sera la vita meritava un dono pasquale, una saporita puddica, dal magico cuore di frutti d’oro della terra!
Dal vicolo inghiottito dalle ombre della sera, Caterina sentì leggera salire una melodia che la sollevò dal letto e la portò fino alla finestra.
– Me rescerrai la coppula susu lu iettu tou, Carmela azzate e dammela, Carmela azzate e dammela… –
Carmelina riconobbe il suo Michelino, sorvegliato dal coro dei fratelli, tutti seriosi, a gambe larghe e le braccia conserte.
Doveva rispondere all’amore, Caterina; affacciarsi alla finestra e accennare con la testa un sì, per riconoscere Michelino come colui che le aveva posto il suo cappello sul cuore. Oppure…
Nonna Pina, che ascoltava le note della serenata scivolare senza interrompersi, strinse forte gli occhi e i pugni appiccicosi di pasta per imprimenre al suo pensiero una volontà e imporgli di andare da Caterina a dirle di uscire sul balcone: – Beddrha fija, vola! –
Quella sera stessa Caterina e Michelino volarono insieme!
Ciao Serena
scusa se mi inserisco nella conversazione tra te e il prof., ma volevo dirti una cosa.
Non puoi neppure immaginare quanto le tue parole mi tocchino. So perfettamente quali stati d’animo hai provato e cosa significhi l’indifferenza, per usare un eufemismo, di quanti si limitano a dare del “folle” ad una persona depressa.
Anche io in quest’ultimo anno ho avuto la mia depressione e, come dici, da alcuni miei familiari – i più purtroppo – la mia “inanità del vivere” era ridicolizzata e banalizzata. Per loro depresso significa “matto”. Il fatto poi che io avessi trovato l’aiuto giusto in due persone esperte della “psicologia dl profondo”, ai loro occhi mi ha fatto annoverare senza appello tra i “folli”.
Il viaggio compiuto nei “sotterranei dell’anima”, come direbbe il caro prof. Carotenuto, è stato per me il viaggio più difficile ma anche più importante e costruttivo che abbia mai fatto fino ad oggi per me stessa. Scendere negli abissi nella nostra anima e incontrare i nostri demoni, come hai giustamente detto anche tu, è il solo mezzo per incontrare noi stessi.
Penso che seppure tutto questo ci ha portato sofferenze interiori di rara portata, per quanto mi riguarda mi ha fatto “rinascere”. Dopo tanta sofferenza, dopo essermi posta tante domande ed aver messo in discussione tante e tante cose, pian piano sono riemersa e ad un certo punto mi sono sentita rinata.
Credo che alla fine i veri “folli” siano coloro che vivono ogni giorno senza porsi troppe domande o troppi perchè, “folli” sono coloro che si lasciano andare a pregiudizi e preconcetti, “folli” sono coloro che aprioristicamente pensano di avere sempre ragione e di essere sani di mente!
Inoltre devo ammettere che durante il mio periodo di depressione per me sono stati fondamentali anche l’amore ed il sostegno ricevuti da quei pochissimi esseri umani che vedevano in me la persona, l’amica che aveva perso la bussola della propria esistenza, solo una persona che stava soffrendo e niente di più! Il loro amore, il loro starmi vicimo, il loro incoraggiarmi a riaprirmi alla vita per me è stato fondamentale, da sola probabilmente non ne sarei uscita!
Ti lascio con una frase tratta da uno dei libri del Prof. Carotenuto:
“La sofferenza che accompagna un cammino di ricerca, può essere fecondante per la propria individuazione”.
Bacini Bea
ME capi’! (Purtroppo) Ma tu sei sempre deliziosa. Ti voglio Bene, Bimbolina.
Da questo “ignorareil se’2 che nascono moltissimi problemi.
Cara Mary, non sai come e quanto ISIDE colpisca. Magari in ritardo, ma arriva con tutta la sua furia.
Bea, ormai scrivi esclusivamente con la “Mano sinistra”, quella del cuore.
Questa è la forza di MNEMOSYNE.
EFFICACISSIMA (Angoliditorino)
Serena, per questo stiamo insieme. Per “Scendere”. In Anima.
ROSARIO,
no, non ti ci vedo normale, anche perché normale è chi il normale fa…scherzo dai…ma chi la vuole sta gente normale tra i piedi. Te l’ho già detto mi pare che io mi interesso solo alle persone che tentano di essere oneste e generose, ossia, i veri anormali, che poi sono un po’ folli (se si considera la vita come una selezione naturale.)
Ciao Nì.
…dimenticavo: non non posso accompagnarti, mi dispiace, ho preso un altro impegno.
…insomma, accompagno un altro!
.. il sarcasmo verso i più deboli è la cosa che più mi manda in bestia..Buona serata Prof
Caro Rosario
quello che hai scritto è meraviglioso.
Sei un anima bella e profonda.
Sono convinta che questo blog sia portatore di
piccoli-grandi miracoli in Anima e di tanto amore per tutti noi….
Come comprendo bene quello che scrivi circa i falsi modelli che chi ci è vicino vorebbe inculcarci come fossero verità assolute e precostutite, e farci inoltre credere che quelli sbagliati siamo noi che crediamo ancora nella poesia, nell’amore e nella potenza delle nostre Anime.
Lasciamo sempre aperta la porta della nostra Anima…..e coglieremo la parte più nascosta ma anche più sublime di noi stessi, di coloro che ci sono vicino e di quanto il nostro cammina ci riserva ogni giorno.
Un grande abbraccio, Bea
Cara Valeria
siamo sulla stessa lunghezza d’onda…..
ed è meraviglioso il tuo “rabbiosamente dolci”…
io sono con te!
Un grande grande abbraccio
Carissimo Gabriele
se oggi riesco a “scivere con la mano sinistra”, come ha detto lei, è anche merito di questo luogo magico e pieno d’amore nel quale passo dopo passo, senza paura e timori, sono riusciuta a togliere l’ingombrannte corazza con cui per anni mi sono difesa. Prof. è merito dell’amore che qui flutta e tocca miracolosamente le nostre anime dandoci il coraggio di parlare con il cuore e tenere aperta la porta dell’Anima.
Prof. un grazie particolare è per lei, che sa leggere nelle nostre anime e nei nostri cuori e ci regala sempre tanto affetto!
Le voglio bene Bea
grazie Maestro.
(Ma che bell’invito!) (Viandante)
Peccati, Rosario? UHMMM…Non direi una parola così forte. Semmai MAncanze. O meglio, Tenerezze Obliate.
Valeria, “Rabbiosamente” languidi/ teneri/ abbandonati/ amanti.
Valeria, MA che bel racconto.
Alla frase di CArotenuto, con cui ero amico, toglierei il “può”, per mettere “E'”.
Per me Carotenuto fa parte dei miei INVISIBILI…ma da tanto…
Volpone
SAREBBE TROPPO COMODO FARE IL VIAGGIO IN COMPAGNIA . MA IN ANIMA E’ DA SOLO A SOLO
QUINDI…..
LO SO’ GIA COSA DIRAI QUANDO MI VEDI ARRIVARE ALLA META ” E’ ARRIVATO QUELLA PESTE DI VIANDANTE” PORTANDOTI LA MANO ALLA FRONTE.
MA ALLA FINE SO CHE TU MI “ACCETTI”…………..
GEA-MENTE
IL VIANDANTE
Per Beatrice
l’ unica strada da percorrere è la via della speranza ,cioè il sentiero dell’amore,anche perchè la verità di dove tende la vita ,nessuno ha la risposta in tasca per donarcela
Gesù non ha detto amatemi, ma amatevi e ….. ..
.I peccati di amore portono all’amore.
Giuda ha tradito perchè si sentiva troppo amato,e si credeva che quel dono fosse una rendita vitalizia.
La gelosia ,quando noi amiamo proettiamo le nostre passioni e non riusciamo a essere sazi cerchiamo in quella persona sempre di essere amati, insomma abbiamo sete d’amore e ci accorgiamo dei nostri limiti d’amore.
L’ODIO è il mancanto raggiugimento dell’amore perfetto,quello che ogni essere cerca. come vedi i peccati fatti per l’amore portano all’amore ,ti sembrerà un paradosso ,ma nella Gensi c’è la chiave di volta.
Spero di essre stato chiario, perchè una notte ho avuto una lunga discussione con persone che erano rimasti stupide che io donavo delle cose a delle persone che non conscevo personalmente ,ma con questo concetto alla fine si sono messe pure loro a donare a chi non conoscevano.
Vedi la ratio quanti limiti ha!
Nemmeno le galline la digeriscono più ,o forse non l’hanno mai considerata, CHI STA IN QUEL CORTILE SI FA MALE DA SOLO.
TVB
IL VIANDANTE
Sei sempre tu, Marina!
Cara Marina,
hai capito?
Marina,
come? Come? Come?
Buon tutto, caro Falco!
Perfetto, Beatrice!
Cara Beatrice,
baci dolci per noi. Per tutti noi.
Cara Bea,
anche io. Ma vi prego, non ringraziatemi. Perche’ sono io che lo faccio. Che vi ringrazio!
Prof…ma non dovevo accompagnare Lei, scusi?
Ah, avevo capito male…e va beh! Non fa niente, ci vado da sola io!
Cara Agape,
ma va!
Cara Marina,
ottimo (per te)!
Se tutto va bene, lo leggerò ad alta voce…
E’ un racconto che ho scritto “contemplando” cinque carte-canzoni di Cesare Monte, antesignano dei gruppi folcloristici salentini, ma soprattutto Amante della musica popolare. Spero di riuscire ad esaudire il desiderio della figlia, che mi ha fatto ascoltare quelle canzoni.
Mi vestirò del mio daimon, per non tremare!
Sono pienamente d’accordo. Il rispetto è alla base di ogni tipo di relazione umana. Peccato che sia diventato un’utopia. Il bello è che l’Occidente si ritiene evoluto. Quante volte si sente dire che dobbiamo esportare il nostro modello di civiltà…Secondo me abbiamo ancora molto da imparare, prima di insegnare qualcosa agli altri.
Tempo fa ho riportato una rifessione nel mio blog. Si tratta di alcune parole che avevo scritto già anni prima, pensando a come sia arbitrario il concetto di “diversità”. Spesso sono proprio quelli che noi consideriamo “diversi” ad essere i più normali del mondo….
Costretti da sempre ad essere gli ultimi,
non avendo i requisiti di normalità
che l’arbitrio umano ha stabilito.
Sono vittime di una falsa ragione,
che ha come base un castello di carte
generatore di un assurdo odio razziale.
Sono i capri espiatori della storia,
dipinti come origine della devianza
derivante da chi invece li circonda.
La solitudine è la loro unica amica
perchè emarginati dai presunti “perfetti”,
che sono sulla via dell’atomizzazione.
La diversità è figlia della biologia,
parente della psicologia e della terra,
ma l’uomo non ha mai capito niente.
La ragione ha provato a combattere
ma la storia registra le sue sconfitte
perchè i veri eroi sono nel blu del cielo.
Dovremo ancora darci molto da fare,
perchè spariscano gli ingegneri di anime,
perchè il colore della pelle non sia una colpa.
A tutti coloro che hanno lottato,
a chi ha cercato di dire no al grande inganno,
a chi ha tentato di rendere il mondo diverso.
Ai diversi.
dal 1997-2009, sono dodici anni che seguo lei, i suoi illustri compagni di viaggio!!! la prima notte del 1997, che vidi la sua prima puntata anche sè, allora non era totalmente improntata sulla filosofia-psicologia,o, come lei l’ha denominata filosofia dell’interiore..etc..ecc; la mia prima espressione oltre la gioia, Fù: “CAVOLO” era pur ora che qualch’uno….proponesse trasmissioni cosi!; che trattino di filosofia, dell’anima, della sete lunga millennii..!! quindi aggiungo solo un mio modestissimo grazie, per questo treno che ci offre…viaggiando insieme,TuTTI!!!
Carissimo Prof. Gabriele,
quella eterna forza interiore, MNEMOSYNE doveva per forza essere trasmessa ai posteri. Cosa ne pensa il suo prezioso illuminato saggio cuore su questa antica verità? http://www.misteria.org/Nibiru%20o%20pianeta%20X%20nello%20Zodiaco%20di%20Dendera.htm
Baci, Rosario. Baci!
Bravo, Viandante!
Scusa Marina,
ma non ho capito.
Non tremerai, Valeria. No!
“Scusa Marina,
ma non ho capito.”
Rosario mi aveva chiesto di accompagnarlo da Afrodite…ma io ci volevo andare con Lei. Te Capì?
Sì pesterosario…ma tutti i pazzi capitano a me!
Bravissimo (e Buono), caro Marco!
Caro Raffarle,
che Mnemosyne e’ una DEA che adoro. Cardine della conoscenza e della vita.
A presto!
Me capi’, Marinariannachiara! (Quanto sono tardo)
Cara Volpone,
e perche’ no?
Caro Gabriele, stanotte ho trovato una poesia nel mio studio, e subito la mia mente è tornata indietro nel tempo,l’adolescenza, dove si inizia a scoprire la vita.
Il ricordo della mia prof. di francese A.Gatto,sorella del poeta Alfonso Gatto, che quando dovevo essere interrogato mi chiamava “MON AMOUR CHERI” io andavo alla cattedra sorridendo e tornavo sorridendo ……….ma sempre impreparato.
Quante biro facevamo cadere dai banchi per osservare le sue gambe,oggi nessuno dei miei vecchi compagni di scuola si ricorda ,solo io ero il monello, e tutti erano già adulti e persone perbene,ma caro Gabriele era una tempesta di biro che volavano dai nostri banchi.
Questa poesia per me è molto importante dove c’è la nostalgia del tempo passato nei banchi di scuola l’ansia per il desiderio chi scoprire ed affaciarsi alla vita era forte , ora la conservo gelosamente ,è del fratello ALFONSO GATTO
di cui voglio rendere omaggio alla mia affetuosa prof. di francese.
L’ARRIVO DELL’AMORE
Dai lunghi inverni udimmo nella pioggia
la carozza fermarsi,uscire il passo
solo,più solo, ed abbaiargli un cane.
Rimaneva il silenzio,la montagna
nevata nel presepio del salotto.
Chi,felice nel giungere,portava
la meraviglia di vedersi intorno
i bambini a toccarlo,era scampato
dal suo racconto,ne sgrondava al riso
degli occhi,uscendo dalla maglia aperta.
Era l’amore, a dirmelo trovavo
dai suoi rapidi gesti la certezza
d’aver le mani al segno delle mani
e dalla bocca la parola impressa
nelle cose,più dentro il loro nome.
Naddeo Rosario
No, non è “Tardo”, è “Toro”.
Capì?
Però, anche io a volte sono un po’ “tarda”, nel senso che devo ritornare sulle “cose”, a ritroso, rileggere, rielaborare.
In definitiva sono pur sempre “un piccolo granchio…”
Bacio.
Insomma, siamo tardi tutti e due per meccanismi diversi.
Aribacio.
Caro Marco, mi chiedevo dove fossi. Ben tornato!
A proposito dei Diversi…
Spesso sono soli perchè hanno avuto il coraggio di guardare nell’abisso… e confrontarsi con se stessi: per questo “sanno” guardare negli altri “normali” e stanare le contraddizioni su cui basano le proprie teorie. Stranamente però la verità proviene da loro e non dai Diversi. Stranamente sono infastiditi dalla spudoratezza con cui i Diversi stanano la verità dei “normali”. Stranamente i “normali” non vogliono la verità ma la libertà di continuare a nascondersi dietro un dito pensando di poter avere salva la… privacy. La loro, naturalmente. Per questo sono soli, i Diversi, e Soli intorno ai quali ruota la curiosità e la libertà di sperimentare dei “normali.
Mai nessuno di loro che si tolga le scarpe per entrare…
Non stare mai più così tanto tempo lontano da questo posto, Marco.
Caro Rosario. Caro Rosario. Caro Rosario…
Caro Gabriele. Caro Gabriele. Caro Gabriele…….
abbia pietà di me che vado sempre a zig zag
eterno affetto per tutti
Naddeo Rosario
Cara Marina,
noi siamo Veloci. Non Tardi. Veloci per Amare. Tardi nell’odio.
Baci baci
Bene,
Valeria!
Esimio professore, il suo post sul rispetto, mi ha riportato alla mente un passo del libro ” Il lupo e il filosofo” di Mark Rowlands. Riflettendo sulla teoria hobbesiana del contratto sociale, il pensatore argomenta che essa implica la mancanza di obbligo morale verso chi è più debole . E perchè? Perchè in Hobbes tutto è basato sul calcolo: cedo la mia libertà e ottengo protezione. E’ la ratio che ci porta a questo e la rinuncia all’anima. Distinti saluti
valerio
Caro Valerio,
sinceramente Hobbes mi lascia basito e non condivido nulla.
A presto!