Nell’Interiorità di Anima — “Compassione”

Compassione (1)

“In primo luogo v’è un gran bisogno di parlare della compassione, che nel medico deve essere innata. Dove non c’è amore non c’è arte.” Medico e medicina “null’altro sono che grazia concessa da Dio ai bisognosi”. L’arte si ottiene “per opera dell’amore”. “Così il medico dev’essere dotato di compassione e amore non minori di quelli che Dio nutre nei confronti dell’uomo.” La compassione è un “precettore dei medici. Io sotto il Signore, il Signore sotto di me. Io sotto di Lui all’infuori del mio ufficio, ed Egli sotto di me all’infuori del Suo ufficio”. Dunque ciascuno è subordinato all’ufficio dell’altro, e in tale amore l’uno è subordinato all’altro.

Paracelso, citato in Carl Gustav Jung, Paracelso come medico, in Studi dell’alchimia, Bollati Boringhieri, 1988, pag. 141

  

Compassione (2)

La chiave per giungere al Graal è la compassione, soffrire con, sentire la sofferenza altrui come se fosse la propria. Colui che scopre la forza propulsiva della compassione ha trovato il Graal.

Joseph Campbell, Riflessioni sull’arte di vivere, Guanda, 1998, pag. 38

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18 Risposte

  1. Caro Gabriele,
    per una volta, non Le darò del Lei, perché ti scrivo con le lacrime agli occhi, per parlarti di me e di coloro che amo e per i quali nulla ho potuto fare, se non cercare di dare sollievo alla loro sofferenza.
    Ti parlerò con il cuore in mano, come si fa con un vero amico.
    Se dovessi dirti quale siano le uniche certezze che ritengo di avere, dopo tutto quello che ho passato, ti direi senza esitazione che è il fatto di essere viva in questo preciso momento e il sentimento di gioia che provo nel vedere scorrere la vita in coloro che amo…e tutt’intorno a noi. Il resto potrebbe essere solo un’illusione.
    Io amo la vita e credo nella sua sacralità. Non credo nella morte, invece. Ho visto corpi senza vita ed in loro non ho riconosciuto la persona che, appunto, conoscevo: un momento prima la persona è lì, poi, una luce si spegne, improvvisamente, e la luce e la persona non ci sono più…sparite, volatilizzate nel nulla. Tutto qui.
    Questo vissuto mi lascia in bilico tra il dolore della perdita e la sensazione che l’essere e il non essere altro non siano che un divenire.

    Mia zia, la persona che con la nonna ha rappresentato la mia famiglia di origine, si è ammalata gravemente di una malattia talmente brutta ed aggressiva da contendersi il primato della sofferenza con la spaventosa lebbra. Parliamo della SLA.
    Io, forza della natura, spirito indomito, non ho potuto fare nulla per la zia, se non starle accanto…finché lei me lo ha permesso, perché la malattia cambia tante cose sai? C’è qualcosa d’insopportabile, a lungo andare, nella malattia, non so che dirti…è una sensazione di rifiuto che si prova dentro. E’ un simbolo forte e radicato la malattia e quando resta per troppo tempo in primo piano diventa invasivo.
    Quando in una famiglia entra la malattia vera, quella che non lascia speranza, il tempo si ferma e comincia il conto alla rovescia, mentre fuori tutto è apparentemente immutato, la lotta alla sopravvivenza continua.
    Così, essermi sorbita la sentenza brutale, buttata lì da un assistente del primario a fine turno in una corsia d’ospedale, ho visto, giorno dopo giorno, la zia essere svilita nella sue capacità, risucchiata, come se una strana forza, autonoma, da dentro, piano piano, la ritraesse dal mondo…togliendole, a tal fine, tutto. Tutto, Gabriele, capisci? Tutto quello che ci permette di farci muovere, di essere noi il nostro tempo. E a volte mi chiedo: Ma come fa la zia a rapportarsi ala sua giornata?
    La zia non parla più, la zia non mangia più, la zia non respira più, la zia non si muove più, non, non, non…solo tubi. Ed io non posso neanche pensarla troppo, altrimenti, dopo, non ce la faccio con le ragazze. Loro sono spugne, sai Gabriele? e assorbono tutto il peggio di me…e quando non ce la faccio ad esser forte e mi lascio andare, poi, vedo la mia sofferenza sulla loro pelle…ed io non sopporto, proprio, di vedere soffrire le persone…io non sopporto di vedere soffrire mia zia e non è che non abbia la forza necessaria per starle accanto, anzi.
    La malattia non mi fa paura Gabriele, a me fa orrore la sofferenza, capisci?

    Così, oltre a vivere la stravolgente esperienza onirica della convivenza con due persone autistiche, perché vedi è un po’ come se io vivessi “nell’incoscio”, mi tocca anche vedere soffrire una donna bella ed intelligente in maniera devastante…e proprio non lo vorrei.
    Vedi Gabriele, io sono veramente credente, ma credente credente. Scrivevo a tal riguardo tempo fa: “Ciascuno di noi è parte dell’Universo e in ciascuno di noi è custodita la sua memoria”. Affermazione eticamente corretta, perché può essere condivisibile, anche per un ateo, d’altronde io non potrei affermare nulla che in qualche modo non sia condivisibile, la mia etica non me lo permetterebbe, anche se devo ammettere che fenomeni, apparentemente, irrazionali e non cercati affollano le mie giornate. Per dirla a modo tuo: Coincidenze Miracolose.
    Tuttavia, nonostante io creda che la vita non finisca quì, sono convinta che l’esperienza che noi viviamo quì debba trovare un senso spirituale nel nostro essere materia: carne, e la carne soffre le pene dell’inferno, a volte, su questa terra.
    Quindi, credo che noi non dobbiamo avere un stramaledetta coscienza preconfezionata, studiata a tavolino per darci la sensazione di avere la coscienza a posto e, come si dice, d’uscire puliti dalle situazioni. Noi dobbiamo fare di tutto per fare bene alla nostra carne e non dobbiamo compiere scelte ipocrite e incuranti della sofferenza altrui solo perché qualcuno ci ha detto e ha scritto che così facendo ci salveremo l’anima. Basta! Noi non dobbiamo vivere questa vita in funzione di salvarci l’anima, questo va detto, è giusto dirlo. Noi, tutti tutti, dobbiamo vivere questa vita facendo del bene alla materia: salvandola…anche lasciandola morire se questo significa porre fine alle sofferenze, imposte, laddove, invece, la natura, la materia, la carne, avrebbe già fatto il suo corso e posto fine allo strazio e alla lacereazione delle anime coinvolte.
    Io sono persuasa che noi siamo innanzi tutto anime…ma non solo anime.

    Io ho smesso da un bel pezzo di avere troppe aspettative nei confronti dell’umanità in genere e, infatti, non ci credo a queste persone tanto buone che si preoocupano tanto del bene degli altri e, quindi, fanno delle scelte per amore dell’altro: l’essere umano, nella maggior parte dei casi, compie la scelta che lo sottrae il più possibile alla sua sofferenza, anche quando questo significa infliggerla ad un altro. Magari inconsapevolmente, “tiè”, proprio per non essere spietata. Magari la psiche aggiusta e convince per preservare, questo è possibile e magari poi, ci predispone, in taluni casi, ad espiare insieme alla vittima: tutto pur di salvaguardare il nostro amor proprio, la nostra pelle…per non farci avere lo scrupolo di coscienza.
    Insomma: tutto pur di non soffrire…noi

    Rispetto, profondamente, chi si fa portavoce della sofferenza altrui. E’ così difficile parlare di morte in questa società materialistica dove le retoriche ed i discorsi sul nostro essere anima si tirano fuori quando fa comodo…
    Riguardo ai medici, poi, ti dirò Gabriele che, oramai, dopo tanti anni a contatto con loro, anche io ragiono un po’ come un dottore…sono troppo dentro alle situazione, quindi non so….
    Tuttavia, ti dico che non solo i medici ma tutti coloro che si misurano con la sofferenza, quindi, con il sociale dovrebbero essere preparati oltre che professionalmente, soprattutto umanamente…e credimi, ce ne sono veramente pochi di questi professionisti umani.
    Ho finito.
    Marina Morelli

    Grazie Professore.
    Marinariannachiara…maria

  2. Ciao Gabriele.
    Sulla citazione della compassione, in riferimento al medico, questa differenza e la concezione che il rapporto che ci deve essere tra medico e malato, mi arrivò attraverso conincidenze inaspettate, anche se molti anni prima avevo vissuto io personalmente esperienze sui malati.
    Le coincidenze accaddero quando un pò di anni fa, al lavoro, una persona si comportò male con me, non per colpa mia ma tra loro colleghi non si parlavano perché si detestavano a vicenda, cui lasciai quel lavoro così precario che non valeva la pena di vevere quell’atmosfera di ghiaccio, ecc. Ma con quella persona dopo, mi comportai come se non era successo niente. In quei giorni andai ad una gita organizzata per Napoli, in cui c’era anche questa persona, a Napoli capitò che per caso, entrai in una chiesa (dove non era previsto che il gruppo la visitasse), nella chiesa vidi una statua di un uomo con un camice, pensando era un medico, non sapendo chi era, chiesi a un uomo il nome del santo, ed era S.Giuseppe Moscati, io non sapevo nemmeno chi era, feci una preghiera a questo santo . Il giorno dopo feci una ricerca su questo santo e scoprii che era un medico laico che era stato molto compassionevole con i malati. Una settimana dopo la persona, mi fermò e mi chiese scusa del suo atteggiamento nei miei confronti, così ebbi le scuse pubblicamente.
    Tutta la storia mi portò a capire attraverso la compassione del medico, come dovrebbero essere le persone, essere e avere un’anima e mente pura,
    libera da tutti quei preconcetti,ottusità e atteggiamenti troppo personali e freddi. Così credo si può capire e vivere la compassione.

  3. Sulla compassione 2 ,citata, di Campbell.

    Mi riporta a pensare a una questione cui non mi piace parlare o pensarci, poiché la compassione ai tempi di oggi viene considerata in diversi modi e certe volte in modo negativo, attraverso la TV.
    Per esempio Molto tempo fa vivevo la compassione e la vivevo in modo profondo, invece da un pò di tempo, da quando la società è cambiata, non provo o non vedo facilmente la compassione, poiché secondo le mie esperienze la compassione non avviene quando la moda, la TV, gli altri come e quando avere compassione e in certi casi far vedere a tutti che proviamo compassione o se si fa volontariato. Poiché secondo me la vera compassione è personale, nasce dal cuore, ingenuamente, senza secondi fini e chi ha compassione non se ne accorgerebbe neanche di viverla, poiché la compassione aiuta e migliora la propria interiorità e a chi si offre l’aiuto, al sofferente.
    La mia prima esperienza con la compassione mi traumatizzo in un certo senso, pensando che l’inconscio l’ha portata nella sua profondità.
    E la citazione al santo Graal, mi fa sorridere un pò, perché la mia prima esperienza con la compassione, avvenne in un periodo in cui visto la mia giovane età non conoscevo cosa era la sofferenza, la morte, ecc.
    Avvenne quando assistevo mia madre in ospedale (io avevo 15 anni), in cui allora non vedevo nessuna compassione nelle persone, perché molti parenti non volevano occuparsi dei propri malati e nemmeno i miei parenti per mia madre, molti malati erano soli, allora ogni settimana morivano i malati. Io mi occupavo di mia madre e di altri malati o di chi me lo chiedeva. ad un cero punto, quei parenti che visitavano i malati, passavano davanti alla stanza di mia madre dove c’ero anch’io per vedermi, e mi additavano e dicevano a gran voce che ero quella stavo sempre vicino a mia madre, io mi imbarazzavo, e una volta esclamai “Che vengono a vedere un santo!”. Per me era tutto normale, la cosa che non capivo era invece, il perché gli altri non volevano occuparsi dei propri famigliari, se era naturale, daltronde anche i miei famigliari non si erano occupati di mia madre. Quel periodo anche se più brutto per me, è stata la prima e unica volta in cui in un ospedale i medici, suore e tutto il personale era buono e accogliente.
    Ho descritto questo episodio (ed è la prima volta), per far capire la differenza tra la compassione inconsapevole e la compassione voluta come accade per esempio alla TV. Per questo nell’età matura ho un pò di difficoltà nel provare compassione, certe volte avviene quando certe eventi risvegliano quei ricordi o elementi nascosti nel mio inconscio.

  4. Carissimo Gabriele, la compassione o l’amore mi hanno spinto a scrivere ieri alle 18.22, poco prima della dipartita di Eluana, queste povere parole che posto:

    Canzone per Te (ad Eluana)

    Sospesa tra le nebbie e le parole, schiacciata dai corti capelli.
    Tempo che cancella la tua bellezza…
    Altri decidono di te, domani indifferenti voteranno…
    Ed andrai via forse senza rimpianti,
    fuggendo i tuoi sogni schiacciati dai corti capelli…
    Capelli ancor belli che aspettano l’estrema carezza e lo sguardo segreto ed ultimo di chi ti amo’…
    Fra le braccia di Dio non avrai più paura, quando ti accoglierà con la sua sconfinata tenerezza…
    E lì non sarai più schiava, non sentirai parole vane di voci lontane e indifferenti…
    La tua voce sarà assente, presente amata e amante tra le braccia del Suo Silenzio che solo potrà parlarti.

    Addio e Arrivederci

  5. Compassione si, e misericordia, verrebbe da dire in momentacci come questo, per tutto ciò che da immaginare in termini di emozione collettiva, dopo molte chiacchere a sproposito e di cattivo gusto, leggere queste poche righe è se non altro un minimo consolatorio: a tratti si rischia di farsi sopraffare da una attualità trasformata e falsificata dal canone televisivo.

  6. tra i due tipi di “compassione” c’è un abisso. atteniamoci al significato: avere passione insieme.

  7. cara Marina, sei davvero una creatura ricolma di doni. Mi considero un privilegiato nel poterti leggere e seguire.

  8. debbo dire, Guido, che ho la speranza (flebile) che non abbia sofferto.

  9. A proposito di medici e di compassione…
    Mio marito ,in una sera di gennaio del 2006, ha avuto delle terribili aritmie ventricolari, conseguenze di una miocardiopatia genetica. L’ho portato in ospedale con l’ambulanza, è stato sedato , curato e io sono stata BUTTATA FUORI dall’ospedale. Appena arrivata a casa (abito a 15 km ) mi è arrivata una telefonata dall’ospedale con la quale mi si comunicava di tornare lì perchè la situazione stava degenerando. A mezzanotte sono di nuovo entrata nel reparto. Alle tre di notte è arrivato il primario che è entrato nella stanza dove giaceva mio marito in coma. Dopo poco è uscito e, incamminandosi lungo il corridoio verso l’uscita, mi ha urlato, LETTERALMENTE URLATO, che eravamo alla frutta e mi ha, molto poco gentilmente, spinto verso la porta del reparto, chiudendomi fuori. Questo alle 3 di notte. Io non sapevo cosa fare, piangevo, come del resto ora che scrivo e che sto rivivendo tutto. Ero talmente inebetita che, una volta trovata l’auto,non riuscivo invece a trovare l’uscita dell’ospedale. La mattina dopo sono tornata in ospedale prestissimo, ma sono riuscita solo a sapere che non era morto. Dopo ore è uscito il primario e, di nuovo urlando, mi ha comunicato che stava arrivando l’elicottero per il trasferimento alle Scotte di Siena per un trapianto di cuore urgente.
    Mio marito è ancora qui con me; il trapianto non è stato fatto, grazie al cielo, ma ha avuto altri terribili episodi arutmici che l’hanno portato a gennaio del 2008 a subire 2 interventi di ablazione a Milano. Le ns vite si stanno normalizzando; lui è un uomo fantastico per la sua grande serenità , invece io mi devo far aiutare perchè sento fortemente la precarietà della situazione e non reggo tanto…
    Il medico che urlava senza nessuna pietà e umanità è ora indagato perchè , nel suo reparto, è morto un uomo di 40 anni e hanno trovato varie irregolarità. Io spero che lo sbattano in galera e ce lo lascino per sempre. E, sinceramente, non perchè voglio vendicarmi, ma perchè un uomo così cattivo è meglio che sparisca per non combinare altri danni sia al fisico che alla mente dei pazienti e delle loro famiglie.
    In questa persona non c’è anima….

  10. Paola
    il tuo episodio è quello che mi capita tutti i giorni, esercitare una professione per farne un potere,tu sul p.c. hai il cestino mettili li dentro…ginette paris..insegna.. fare il proprio lavoro con amore non ti stanchi mai e dai un ottimo contibuto al prossimo…vedi dove ci siamo cacciati…. a rincorrere il successo …messo dal positivismo maccanicismo…e poi ..questi illuminati vanno dall’ analista…carla stroppa..la luce oltre la porta… pratichiamo anima che è meglio
    ciao

  11. E’ proprio così, Paola. La sua parte razionale ed egoica ha tagliato ogni contatto con la parte di anima lucente. a questo punto il suo inconscio si è pervertito, gli fa compiere “azioni contro gli altri e per il male” di cui lui nemmeno si accorge. Adesso è un simulacro che si ingozza di potere e denari. E’ già morto (è già morto letteralmente, non simbolicamente)

  12. Per te Rosario, una crostata fumante di more e visciole.

  13. Caro Prof, come è difficile da gestire la vita! Se è difficile quando tutto va bene, nel momento della malattia diventa faticosissima se non quasi impossibile. Questi “padroni del nostro corpo” gestiscono le persone con frettolosità e a volte incompetenza (dato che quasi mai sono d’accordo tra di loro), non sono quasi mai amabili (se non quando li paghi, e a volte neppure in queste occasioni). Ieri ero veramente stanca di tutto e sono sbottata anche con mio marito, che invece non se lo merita proprio. .. Devo imparare ad essere paziente! ma lo sai che per gestire una malattia c’è bisogno che una persona dedichi a questo la maggior parte del suo tempo?
    Che stanchezza, Gabriele. Io sono una persona solare e allegra, a detta di tutti, ma certe volte mi rinchiuderei a piangere per la pena e lo stress. Anche perchè so che non finirà mai.
    Guardo il tuo viso buono e penso che tu faresti bene il medico!!
    Ciao, prof.

  14. Caro Rosario, leggerò senz’altro i libri, che così, senza parere, mi hai consigliato. Grazie per le risposte che, sempre, dai. Fai sentire coccolati! grazie e un bacio.

  15. Paola. vengo da una famiglia di medici. generazione dopo generazione!

  16. Devono essere stati medici “buoni”, con anima. E tu sei il loro frutto!
    Comunque non voglio dare l’impressione che la mia vita con mio marito sia triste e dominata dalla malattia. Quando ho scritto l’ultimo post ero un po’ depressa. Ho, nonostante tutto una vita piena, colma di interessi, di amori, di letture, di lavoro. Ora ho trovato anche IL nuovo interesse, grazie alle tue trasmissioni, ai libri da te scritti e a quelli da te consigliati, a questo blog. E chi sta meglio di me…..!
    Baci baci

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